Diritto d’autore: pace fatta tra editori belgi e Google News. Un tweet annuncia che i siti sono tornati nei risultati di ricerca

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Intanto Google ha comprato il dominio g.co, per URL più brevi. Nuovi progetti all’orizzonte?

Belgio


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La stampa belga torna sul motore di ricerca di Google da dove mancava dal 15 luglio. Il gruppo americano aveva, infatti, deciso di farla sparire dai risultati di ricerca a seguito della condanna per ‘contraffazione’ pronunciata a maggio dalla Corte d’appello di Bruxelles. Ma pare che adesso sia stato raggiunto un compromesso.

 

Il processo era stato aperto dopo la denuncia depositata nel 2006 dall’associazione CopiePresse che raggruppa gli editori della stampa belga.

Gli editori accusavano Google di ‘rubare’ i loro articoli e reclamavano che pagasse i diritti d’autore ai membri dell’associazione per un ammontare di 25 mila euro.

Piuttosto che cedere, la compagnia aveva preferito prendere una misura molto più drastica: dal 15 luglio aveva fatto ‘sparire’ dal proprio motore di ricerca i giornali “Le Soir”, “La Libre Belgique”, “Sudpresse” e “L’Echo”.

Una decisione che aveva messo seriamente in difficoltà i giornali visto che gli utenti passano solitamente dai motori di ricerca per raggiungere i siti di informazione.

La stampa belga s’era detta penalizzata da questo provvedimento che colpiva direttamente la loro audience.

 

Parole dure quelle di Margaret Boribon, segretario generale di CopiePresse: “Google non ha agito onestamente. Questa è una vera misura di ritorsione dopo la sua condanna. Siamo furiosi”. Intanto ‘Le Soir’ ha accusato Google di violare la neutralità della rete e abusare della sua posizione dominante.

 

Il cambio di rotta è stato per segnato da un tweet pubblicato ieri da ‘Le Soir’ intorno alle 17.20: “Accordo raggiunto tra Copiepresse e Google. I contenuti dovrebbero riapparire nei risultati di ricerca tra qualche ora”.

In un comunicato, Google ha confermato che Copiepresse aveva dato l’autorizzazione a all’indicizzazione dei loro siti, senza ‘il rischio di incorrere in una nuova sanzione.

“Siamo disponibili a collaborare con Copiepresse – ha detto il portavoce di Google, Bill EchiksnCi siamo solo assicurati di non dover pagare altre multe“.

Per la Boribon s’è trattato di un atteggiamento ‘idiota e inutile’ e di grande ‘disonestà intellettuale’.

 

Google ha tempo fino a dicembre per decidere se ricorrere in Cassazione contro la decisione della Corte d’Appello.

 

Intanto il gruppo di Mountain View ha annunciato d’aver comprato il dominio g.co, il quale verrà utilizzato come strumento di redirect verso i vari servizi offerti online. La creazione di nuovi link sarà tuttavia ad uso esclusivo del team di Google. In altre parole, ha chiarito il vicepresidente Marketing della società Gary Briggs, questo significa che usando g.co l’utente può essere sicuro che verrà reindirizzato sulla pagina di un prodotto di Google.

L’acquisizione del nuovo dominio sarà, infatti, legato ai servizi appartenenti al brand Google, come ad esempio Docs, Calendar, Reader… i quali proporranno agli utenti una nuova via d’accesso caratterizzata da un URL più breve.

La compagnia americana non ha indicato quanto pagherà per questa operazione alla società internet SAS, con sede in Columbia, che gestisce i domini .co.

Secondo il sito di informazione specializzato TechCrunch, l’acquisto di un nome di dominio composto da una sola lettere e dal suffisso ‘.co’ costerebbe più di 1,5 milioni di dollari. Google potrebbe quindi avere in mente progetti grossi per giustificare un tale esborso.

Nomi di dominio così brevi possono essere utili per siti internet che aspirano a essere menzionati su Twitter dove i messaggi possono essere di massimo 140 caratteri.

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