I cellulari che sapevano troppo: ecco come i dispositivi mobili possono tradire i nostri segreti

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Il cellulare può avvalorare un alibi o smontarlo, confermare o negare la presenza di una persona in un determinato luogo a una certa ora ed è per questo che una delle prime azioni della polizia è di sequestrare il telefonino dei sospettati di un crimine.

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Se volete mantenere un segreto, assicuratevi di…aver spento il cellulare. Dove siamo stati, con chi abbiamo parlato, da chi abbiamo dormito: i nostri inseparabili dispositivi sanno di noi cose che non confideremmo neanche ai nostri migliori amici e, anche se Apple ha negato di ‘spiare’ i suoi utenti tramite gli iPhone, è ormai un dato di fatto che forze dell’ordine e avvocati (e non solo loro come sta rivelando il ‘caso’ News of the World) non hanno scrupoli a svelare i segreti celati nei nostri smartphone.

 

In casi estremi, il cellulare può avvalorare un alibi o smontarlo, confermare o negare la presenza di una persona in un determinato luogo a una certa ora ed è per questo – ha spiegato l’analista di CCL Forensic Phil Ridley – che una delle prime azioni della polizia è di sequestrare il telefonino dei sospettati di un crimine: “Lì dentro c’è tantissima roba: foto, appunti, registrazioni, informazioni sulla posizione e sulla navigazione internet e l’elenco potrebbe ancora continuare”.

 

Se si commette un crimine non si può certo invocare la protezione della privacy: dunque il telefonino diventa una miniera di informazioni per chi cerca di sbrogliare la matassa, fornendo sia alla difesa che all’accusa prove da usare in tribunale.

 

Reperire i dati contenuti in un cellulare può essere più difficoltoso rispetto a un Pc e le forze dell’ordine dedicano ormai molta della formazione degli agenti a queste particolari operazioni. Il problema, ha spiegato Tracey Stretton, consulente legale della società  Kroll Ontrack, specializzata nel recupero dei dati, “è che si tratta di prove estremamente volatili e bisogna agire rapidamente perchè, ad esempio, se la batteria si scarica si possono perdere le informazioni contenute nella memoria flash”.

 

Le informazioni collezionate dal dispositivo, inoltre, sono solo una parte del quadro: le autorità e gli esperti legali di accusa e difesa hanno a disposizione diversi metodi per localizzare i luoghi che qualcuno ha visitato scandagliando il cellulare.

Innanzitutto le informazioni sulla posizione sono molto importanti: se un dispositivo è dotato di GPS, i dati sono molto accurati rispetto all’analisi delle celle e si può stabilire con un alto livello di precisione dove si è stati, a che ora, per quanto tempo.

La cronologia delle chiamate può quindi ricostruire le abitudini del proprietario e aggiungersi al corollario di informazioni che aiutano a ricostruire un caso. Un cellulare, spiegano ancora gli esperti, non solo può rivelare dove siamo stati, ma anche quello che stavamo facendo: la polizia può quindi capire se qualcuno che ha provocato un incidente in quel momento stava telefonando o inviando un messaggio. Tutto quello che passa attraverso la rete telefonica è infatti registrato e anche se un utente cerca di bluffare modificando l’orario e la data sul suo dispositivo, fa fede quanto memorizzato dal nostro operatore. E in tribunale è quello che conta.

 

Anche la capacità degli smartphone di navigare in rete può aiutare gli investigatori a reperire prove utili: chiunque può cancellare la cronologia di navigazione, ma sono molte le tracce utili che rimangono immagazzinate nei cookies: l’interazione del telefonino con i server di vari fornitori di servizi può inoltre fornire dati interessanti alle autorità.

I dati utili alle indagini possono poi trovarsi in posti che neanche il più esperto utente può immaginare: se si usa un iPhone, ad esempio, quando si gira lo schermo, l’immagine ruota e quello che il dispositivo fa è semplicemente fare uno screenshot dello schermo nel momento in cui si ruota. Anche se poi si ha l’accortezza di cancellare tutto, quell’immagine girata resta sempre in qualche cartella. E lo stesso vale se quell’immagine è un’email che per qualche ragione abbiamo deciso di cancellare.

 

Grazie alla fotocamera presente ormai in tutti gli smartphone, spesso è l’utente stesso che si auto incrimina: ogni foto digitale, infatti, è accompagnata dai dati di posizione e dall’ora in cui è stata scattata. Potrebbe essere la prova schiacciante che un sospettato si trovava sulla scena di un crimine. Molte persone, ha affermato Simon Steggles di Disklabs, scattano una foto per ricordarsi, ad esempio, dove hanno nascosto la droga, fornendo agli investigatori una prova schiacciante della loro colpevolezza. Senza contare tutti coloro che compiono crimini sessuali o altri reati orribili e si filmano mentre lo fanno.
Oltre alle autorità, quindi, anche altre persone potrebbero avere facile accesso al nostro dispositivo e ai suoi segreti, come insegna proprio il caso ‘News of the World’.

 

Se un nostro congiunto, infine, ci regala un cellulare, è probabile che anche la scheda o il contratto siano intestati a suo nome e che quindi possa rivolgersi a un’agenzia di investigazioni per controllarne il contenuto, anche messaggi o video cancellati.

“Un signore – ha concluso Stegges – ha voluto che controllassimo il cellulare della moglie e, dal momento che era l’intestatario del contratto abbiamo potuto farlo. Quando è tornato abbiamo dovuto dirgli quello che avevamo trovato: cioè tantissimi video in cui lei faceva sesso con diverse persone. E tutto era conservato nel cellulare”.

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