Contenuti online: cresce la polemica contro Netflix dopo il rialzo dei prezzi. Mentre gli USA si chiedono se Spotify reggerà la concorrenza

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Da un sondaggio realizzato da PCMag è emerso che il 55% degli utenti lascerà Netflix per rivolgersi a piattaforme alternative.

Stati Uniti


Netflix

Lo streaming è ormai diventato un punto fermo del consumo digitale. Gli americani appassionati di musica hanno accolto con gran piacere l’arrivo della piattaforma europea Spotify mentre gli utenti di Netflix hanno manifestato sui social network tutta la loro disapprovazione per la decisione del gruppo di aumentare il costo dell’abbonamento.

Nei giorni scorsi, infatti, Netflix ha rialzato del 60% il prezzo per la sottoscrizione al servizio streaming e di noleggio dei DVD. Dopo poco su Facebook e Twitter impazzava la polemica.

Nessuna sorpresa per gli analisti che, come ha commentato CNet, si aspettavano che tutto questo sarebbe successo, perché Netflix non aveva altre vie per poter finanziare l’allargamento della propria library, carente di contenuti in alcuni settori specifici.

Su internet, il blog Slate’s Brow Beat ha pubblicato una lista di piattaforme di streaming alternative e PCMag ha fatto un sondaggio tra i suoi lettori dal quale è emerso che una vasta maggioranza (55% o 2.530 persone) ha dichiarato che presto lascerà Netflix.

Un mercato molto caldo, quello dei servizi streaming, come sottolineano anche gli ultimi dati forniti da comScore sulla crescita dei video online negli Stati Uniti.

A giugno, 178 milioni di utenti americani ha guardato contenuti online per una media di 16,8 ore per spettatore.

Riguardo a Spotify, che è approdato negli Usa giovedì scorso, DigitalTrends s’è chiesto se sarà in grado di competere con piattaforme che offrono servizi simili, come Pandora o Grooveshark.

L’alta diffusione dei servizi streaming presuppone, tuttavia, che l’accesso a banda larga sia ampiamente disponibile. Cosa che non può essere data per scontata. Ma non solo. Altro problema è il rischio di congestione della rete per l’alto flusso di dati in circolazione.

A un uomo di Seattle, Andre Vrignaud, è stata bloccata la connessione internet per aver violato il limite di consumo imposto dall’operatore per due mesi di fila.

Intanto gli Internet Service Providers hanno siglato un importante accordo con i principali produttori di contenuti digitali, film, musica e TV per la tutela di materiale audio e video protetto dal diritto d’autore. (Leggi Articolo Key4biz)

Ogni anno il furto di contenuti costa all’economia americana più di 370 mila posti di lavoro, 16 miliardi di dollari di mancati guadagni e 3 miliardi di entrate fiscali allo stato e alle amministrazioni locali.

Fino a oggi gli Isp inoltravano agli abbonati, solitamente su posta elettronica, le notifiche ricevute dagli aventi diritto su probabili atti di pirateria. Una procedura che però non ha prodotto best practices per tutelare il materiale protetto da copyright e promuovere l’accesso legale ai contenuti online.

In base al nuovo accordo, gli utenti che accederanno a servizi illegali per il download di materiale protetto dalle normative sul diritto d’autore, saranno allertati direttamente dai provider internet mediante degli avvisi informativi (Copyright Alerts) che evidenzieranno l’azione illecita che si sta compiendo.

Nel frattempo però continuano a circolare le voci sulla possibilità che gli operatori tlc stabiliscano dei nuovi prezzi questa volta sulla base del consumo di banda.

Abituati a offerte illimitate, però, gli americani potrebbero avere grosse difficoltà a pensare in termini di byte quando si collegheranno da casa.

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