Italia
Presentata oggi a Roma la nona edizione del Rapporto Censis/Ucsi sulla comunicazione dal titolo ‘I media personali nell’era digitale‘.
Prosegue il monitoraggio dell’evoluzione dei consumi dei media – misurati ormai nell’arco di un decennio – e l’osservazione dei cambiamenti avvenuti nelle diete mediatiche degli italiani, tracciando così le grandi linee di trasformazione del sistema dei media.
Tre approfondimenti tematici riguardano questioni di grande rilevanza e attualità. La prima è la personalizzazione dei palinsesti di intrattenimento e dei percorsi di accesso alle fonti di informazione, esito del primato del soggetto nella dimensione orizzontale dell’utilizzo dell’ampia e variegata gamma di strumenti mediatici oggi disponibili. Il secondo approfondimento riguarda il tema centrale della reputazione dei media e dell’efficacia riconosciuta dal pubblico ai professionisti dell’informazione. Il terzo focus concerne la progressiva espansione dell’habitat digitale, dove si trovano immerse quote sempre maggiori di popolazione per svolgere attività e soddisfare bisogni e desideri attraverso l’utilizzo diretto o indiretto, talvolta persino inconsapevole, di strumenti e servizi digitali.
L’utenza complessiva della televisione, si legge nel Rapporto, rimane stabile al 97,4% della popolazione italiana. Ma è avvenuto un ampio rimescolamento al suo interno. Gli spettatori della tv digitale terrestre sono aumentati di oltre 48 punti percentuali tra il 2009 e il 2011 arrivando al 76,4% della popolazione, ovviamente a scapito della tv analogica (-27,1%). La tv satellitare mantiene costante la sua quota di telespettatori (il 35,2% degli italiani). La web tv aumenta di ulteriori 2,6 punti percentuali nell’ultimo biennio, con un’utenza complessiva al 17,8%. Mentre la mobile tv rimane a livelli bassi, relegata a un pubblico saltuario e di nicchia (0,9%). Soprattutto i giovani (14-29 anni) diversificano ampiamente le possibilità attraverso le quali seguire le trasmissioni televisive. Il 95% utilizza la tv tradizionale (analogica o digitale terrestre), il 40,7% la web tv, il 39,6% la tv satellitare, il 2,8% l’Iptv, l’1,7% la mobile tv. Anche l’ascolto della radio in generale rimane stabile, sempre a livelli molto alti di utenza (otto italiani su dieci).
Si rafforza l’autoradio, con il 65,2% di utenza, incrementando nell’ultimo biennio di 1,4 punti percentuali i suoi ascoltatori. Stabile l’ascolto della radio via Internet (8,4%) o tramite il cellulare (7,8%), in lieve flessione l’uso del lettore mp3 come radio (14,8%), in molti casi soppiantato dagli smartphone.
L’uso del telefono cellulare in generale fa registrare una flessione (-5,5% tra il 2009 e il 2011), complici gli effetti della crisi. E c’è una migrazione dell’utenza dagli apparecchi basic (-8%), con funzioni limitate alle sole telefonate e all’invio e ricezione degli sms, agli smartphone (+3,3%, con un’utenza che sale complessivamente al 17,6% e al 39,5% tra i giovani). Va ricordato che questi dati non rilevano il possesso dell’apparecchio, bensì ne misurano l’utilizzo effettivo.
Si conferma il periodo di grave crisi attraversato dalla carta stampata. I quotidiani a pagamento (47,8% di utenza) perdono il 7% di lettori tra il 2009 e il 2011 (-19,2% rispetto al 2007). La free press cresce di poco (+1,8%, salendo al 37,5%). I periodici resistono, specie i settimanali (28,5% di utenza). Si tratta di media soprattutto per donne: più di una su tre legge i settimanali (il 36,4% del totale), mentre solo un uomo su cinque fa altrettanto (il 20,4%). Tengono anche i libri, con il 56,2% di utenza, ma il dato si spacca tra il 69,5% dei soggetti più istruiti che hanno letto almeno un libro nell’ultimo anno, contro il 45,4% delle persone meno scolarizzate. Gli ebook non decollano (1,7% di utenza). Stabile la lettura delle testate giornalistiche online (+0,5%, con un’utenza del 18,2%), che però non si possono più considerare le versioni esclusive del giornalismo sul web, perché i diversi portali Internet di informazione contano oggi un’utenza pari al 36,6% degli italiani.
Cresce l’utenza di Internet, che nel 2011 sfonda finalmente la soglia del 50% della popolazione italiana, attestandosi per l’esattezza al 53,1% (+6,1% rispetto al 2009). Il dato complessivo si spacca tra l’87,4% dei giovani (14-29 anni) e il 15,1% degli anziani (65-80 anni), tra il 72,2% dei soggetti più istruiti e il 37,7% di quelli meno scolarizzati.
Se una metà del Paese ha compiuto il salto oltre la soglia del digital divide, che va attenuandosi, il press divide invece aumenta. E’ il nuovo divario tra quanti contemplano nelle proprie diete i media a stampa e quanti non li hanno ancora o non li hanno più. Ancora una volta è la fotografia di una società divisa in due. Da una parte, il 54,4% di italiani che si accostano ai mezzi a stampa, accompagnati o meno da altri media, diminuiti rispetto al 60,7% del 2009. Dall’altra, il 45,6% estraneo a questi media, percentuale aumentata rispetto al 39,3% di due anni fa. Che si tratti di persone che guardano solo la televisione oppure di raffinati acrobati del surfing su Internet, se leggono qualcosa lo fanno solo attraverso lo schermo. I giovani vivono abitualmente in rete (l’84,6%) e sono proprio loro, con una quota del 53,3%, ad abbandonare maggiormente la lettura di testi a stampa (nel 2009 quest’ultima percentuale si fermava al 35,8% della popolazione giovanile).
Oggi è sempre più l’utente a spostarsi all’interno dell’ampio e variegato sistema dei mezzi di comunicazione, vecchi e nuovi, per scegliere il contenuto che più gli interessa secondo le modalità e i tempi che più gli sono consoni: ognuno si costruisce una nicchia di consumi mediatici e palinsesti ‘fatti su misura’. Indipendentemente dall’uso del televisore, il 12,3% della popolazione attinge ai siti Internet delle emittenti tv per seguire i programmi prescelti, il 22,7% utilizza YouTube, il 17,5% segue programmi tv scaricati tramite il web da altre persone. Il dato relativo ai giovani che guardano i programmi su YouTube sale al 47,6% (il 20,1% lo fa abitualmente). Il 36,2% dei giovani, inoltre, segue programmi scaricati da altri (si tratta di ragazzi che si scambiano file tra di loro) e il 24,7% ricorre ai siti web delle emittenti tv. Nei programmi seguiti via Internet, musica (18,3%), sport (11,7%) e film (9,9%) sono ai vertici dell’interesse.
Nel mondo dell’informazione, la centralità dei telegiornali è ancora fuori discussione, visto che l’80,9% degli italiani li utilizza come fonte. Tra i giovani, però, il dato scende al 69,2%, avvicinandosi molto al 65,7% raggiunto dai motori di ricerca su Internet e al 61,5% di Facebook. A livello generale, al secondo posto si collocano i giornali radio (56,4%), poi i quotidiani (47,7%) e i periodici (46,5%). Dopo il televideo (45%), ci sono i motori di ricerca come Google (41,4%), i siti web di informazione (29,5%), Facebook (26,8%), i quotidiani online (21,8%). Nel caso delle tv all news (16,3% complessivamente) risultano discriminanti l’età (il dato sale al 20,1% tra gli adulti) e il titolo di studio (il 21,7% tra i diplomati e laureati). Le app per gli smartphone sono al 7,3% di utenza e Twitter al 2,5%.
Informati e competenti, ma faziosi: il ritratto dei giornalisti italiani. Dei giornalisti è diffusa una rappresentazione di scarsa indipendenza ed eccessivo legame con il potere, politico o finanziario. Nonostante l’80,9% li consideri molto o abbastanza informati, il 76,8% competenti e il 71,7% chiari nell’esposizione dei fatti, per il 67,2% sono poco indipendenti e per il 67,8% molto o abbastanza spregiudicati. Questo li rende poco affidabili agli occhi della metà della popolazione (il 49,8%). Tra i giudizi negativi spicca il dato sulle smanie di protagonismo dei professionisti dell’informazione, giudicate eccessive dal 76,3% degli italiani. In una scala che va da 1 (minimo) a 10 (massimo), televisione e carta stampata non raggiungono il punteggio della sufficienza in termini di reputazione, secondo l’opinione degli italiani: 5,74 è il voto medio di credibilità della televisione e 5,95 è il voto dato ai giornali. Maggiormente credibili radio (6,28) e Internet (6,55), percepita come un mezzo più libero e ‘disinteressato’.