Mondo
I benefici di stare su Facebook sono ormai noti a tutti: ci si può tenere in contatto con amici e parenti e condividere con loro video e foto in qualsiasi momento, e tutto gratis. Ma questo spazio, che sembra essere diventato sinonimo di ‘libertà’, proprio libero non è, essendo sempre di proprietà e controllato da un’entità societaria che ha il suo punto di vista su cosa è lecito e cosa non lo è. Questo porta inevitabilmente ad alcune considerazioni, che il sito Gigaom non esita a catalogare sotto l’etichetta della ‘censura’: una questione balzata nuovamente agli onori della cronaca in questi giorni, dopo che la pagina del critico cinematografico Roger Ebert è scomparsa dal sito in seguito ad alcuni commenti postati su Twitter in merito alla morte dell’attore di Jackass Ryan Dunn avvenuta per un incidente stradale causato, si crede, dall’alta velocità e dall’alto tasso alcolico di Dunn.
Appresa la notizia, Ebert – pressoché sconosciuto in Italia, ma una vera celebrità negli Usa – ha postato su Twitter un commento che terminava con la frase: “Amici, non permettete ai Jackasses di bere e guidare”. Immediatamente, la pagina Facebook di Ebert è stata sommersa dalle critiche dei fan di Dunn, che hanno ritenuto il suo commento offensivo anche nei confronti dei familiari dell’attore, in quanto dava per scontato che la sua morte fosse riconducibile all’ubriachezza.
Lo stesso attore, poche ore prima dell’incidente aveva postato su Twitter delle foto che lo ritraevano mentre beveva in auto ma il commento di Ebert ha scatenato le ire anche del sito di gossip Perez Hilton, che lo aveva immediatamente condannato.
Poco dopo, su Twitter – dove il critico conta 475,000 followers – Ebert ha fatto sapere che la sua pagina sul social network era stata rimossa per essere sostituita da un messaggio di errore in cui si affermava che la rimozione era dovuta alla violazione dei termini d’uso imposti da Facebook, in base ai quali vengono vietati i contenuti che esprimono odio, oscenità o minacce nei confronti di persone o gruppi.
In risposta, Ebert ha sottolineato che i suoi commenti erano del tutto inoffensivi – anche se poi si è scusato con i familiari di Dunn – e ha chiesto a Facebook: “Perchè l’hai fatta rimuovere in risposta a dei cretini anonimi? Non ci fate una bella figura”.
Facebook, dal canto suo, ha spiegato che si è trattato di un errore e ha poco dopo ripristinato la pagina di Ebert, ma Jillian York della Electronic Frontier Foundation ha sottolineato in un blog che Facebook non ha chiarito quale ‘errore’ avesse portato alla rimozione della pagina. E’ stata chiusa dopo essere stata segnalata come abusiva? York, che in passato si è occupato anche della rimozione dal sito delle pagine di alcuni dissidenti mediorientali, ha spiegato che la compagnia aveva già negato in passato di rimuovere le pagine automaticamente. C’è stato quindi un ‘errore umano’? E se così fosse, cosa farà Facebook per evitare altri di questi ‘errori’ in futuro?
Chi non ha gradito i commenti di Ebert su Twitter e ha attaccato la pagina Facebook segnalandola ripetutamente, si è comportato alla stessa stregua di quei governi repressivi che hanno cercato di far rimuovere le pagine dei presunti dissidenti accusandoli di propagare odio o anche pornografia, hanno notato in molti.
In passato, ha sottolineato il giornalista Evgeny Morozov di Foreign Policy, Facebook ha rimosso delle pagine con contenuti contro l’Islam e contro Israele, per poi ripristinarle subito dopo, ma anche pagine del tutto innocue come quelle dedicate ai benefici dell’allattamento al seno.
A questo episodio, nota quindi Gigaom, si aggiungono le preoccupazioni di un gruppo di contestatori del governo britannico, che si sono visti bloccare non solo i link al sito web organizzato in occasione di una recente protesta, ma anche i collegamenti a dei blog sul medesimo argomento. Anche in questo caso, ha spiegato Facebook, si è trattato di un ‘errore’ subito corretto, ma ancora una volta non si è ben capito di che tipo di ‘errore’ si sia trattato, nè di quali siano i criteri sulla base dei quali vengono prese simili decisioni.
Uno degli organizzatori della protesta anti-governativa ha scritto: “Facebook è uno spazio a cui sempre più spesso le persone si affidano per ricevere informazioni. La nostra vita pubblica è vissuta sempre più sulla rete e le informazioni si diffondono anche grazie a siti come Facebook che, se da un lato può essere un’arma potentissima – come si è visto in occasione di recenti eventi come le rivolte in Egitto eTunisia – dall’altro significa che una mole sempre maggiore di notizie viene filtrata da un’azienda che ha le sue regole e i suoi desideri, e non tutti sono così ovvi, con tutte le profonde implicazioni che ne conseguono”.
Nel suo messaggio di scuse, apparso sul suo blog sul Chicago Sun-Times – Ebert ha scritto di provare profondo cordoglio per la morte di Dunn e del suo amico Zachary Hartwell.
“Mi dispiace se il mio tweet è stato considerato crudele. Non intendevo esserlo. Volevo essere vero, ma volevo dire esattamente quello che ho scritto: una persona che guida dopo aver bevuto è un idiota”. E come dargli torto?