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Web radio: Pandora sbarca in Borsa. Controversa storia di una società che non ha mai guadagnato un dollaro

Stati Uniti


Oggi grande debutto sulla Borsa di New York per la web radio Pandora. Ennesimo sbarco sul mercato azionario dal mondo internet dopo Linkedin e Zynga mentre si attende Facebook. Sul mercato verranno poste 14,7 milioni di azioni al prezzo di 16 dollari l’una.

La società americana è stata valutata 2,6 miliardi di dollari ed esordisce con un prezzo medio di poco superiore alla standard di mercato, anche se nel 2010 ha registrato un lieve calo nel fatturato.

 

Nata nel 2000, Pandora è una radio accessibile (unicamente dagli Usa) in streaming da rete o da mobile che offre agli utenti la possibilità di creare una playlist personalizzata.

Effettuando una registrazione, il sito permette agli utenti di creare delle stazioni radio virtuali partendo dall’inserimento di un brano o di un artista che sia gradito all’utilizzatore. Il sistema sfrutta l’algoritmo creato appositamente dal Music Genome Project per cercare brani simili a quello segnalato dall’utente, e quindi riprodurre musiche che possibilmente piacciano all’ascoltatore.

 

La radio vanta 90 milioni di ascoltatori e catalizza il 50% dell’ascolto radiofonico online. Pandora, in concorrenza con servizi come Last Fm o iTunes, ha una library di 800 mila brani e 80 mila musicisti. A maggio ha allargato l’offerta anche allo spettacolo, fornendo l’accesso alle performance di 700 artisti.

Dal 2008 a oggi, gli utenti hanno scaricato 50 milioni di applicazioni per l’ascolto da cellulare.

 

Mentre le altre piattaforme di musica come Deezer o Spotify stanno puntando maggiormente sui servizi a pagamento, Pandora vive essenzialmente di pubblicità.

Nell’anno fiscale 2010-2011 (chiuso a fine gennaio), il fatturato è cresciuto dell’80% a 137,7 milioni dollari, di cui l’86% è stato generato dagli inserzionisti.

Il 2011 si presenta sotto i migliori auspici e il primo trimestre (febbraio-aprile) ha già registrato un aumento del 136% sull’anno a 51 milioni di dollari.

Per allargare la propria base utenti, la società ha chiuso degli accordi con alcune case automobilistiche, come Ford, Mercedes-Benz, General Motors, Hyundai e Toyota. Ma si tratta di contratti che non portano alcun introito finanziario.

 

Ed è proprio questa l’altra faccia della medaglia: Pandora non ha mai fatto soldi. In un decennio ha accumulato 92 milioni di dollari di perdite. I compensi versati agli aventi diritto (calcolati sulla base dei contratti, o sul fatturato o numero delle sessioni) crescono più velocemente del numero di canzoni ascoltate online.  

Nell’ultimo esercizio, Pandora ha versato 70 milioni di dollari alle case discografiche, vale a dire la metà del proprio fatturato. Un miglioramento rispetto ai due anni precedenti (59% nel 2009 e 81% nel 2008).

Due anni fa l’azienda, alleandosi coi competitor, è riuscita a ottenere la riduzione delle royalties. Ma l’accordo in corso è valido fino al 2015. Dopo restano mille dubbi sul futuro della società, come precisa il documento di introduzione che, nel capitolo ‘Rischi’, sottolinea che Pandora potrebbe non raggiungere mai profitti.

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