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La televisione è morta, viva la televisione. Il futuro è Next Gen TV? Se ne discuterà Roma il 6 luglio

Italia


Continua il declino della televisione così come l’abbiamo sino ad ora conosciuta.
E’ un declino di idee, di linguaggio, di relazione con il pubblico, ma innanzitutto di modelli.
Per decenni abbiamo assistito al confronto competitivo tra la televisione di servizio pubblico, finanziata con il canone (e solo in Italia, per rimanere ai paesi più importanti, da un mix di canone e pubblicità) e la tv commerciale, finanziata con la pubblicità.
Per decenni ci hanno detto che la prima era un servizio al pubblico, mentre la seconda era un servizio all’inserzionista pubblicitario. E con questo sono state giustificate una serie di azioni del servizio pubblico che avevano ben poco di servizio e di pubblico.
Poi è arrivata la pay-tv, fortemente connotata come un servizio, più o meno personalizzato, al telespettatore disposto a pagare per essa.
Le carte si sono rimescolate e al disorientamento d’identità dei tradizionali modelli si è aggiunto il nuovo ecosistema della comunicazione elettronica fondato su internet.
Un modello che ha generato nuovi modelli di comunicazione, inediti paradigmi di relazioni con il pubblico, forte connotazione con i social network e contenuti generati direttamente dagli utenti in quantità sino a quel momento imprevedibili e inimmaginabili.
Oggi tutto questo non è solo il nocciolo di un cambiamento di sistema: è un fenomeno già ampiamente affermato e più che lasciare intravedere approdi, rilancia sin da ora una nuova gerarchia nel nuovo ordine televisivo.
I programmi televisivi di oggi sono per buona parte vecchi nel linguaggio e scadenti nella qualità, tranne alcune importanti eccezioni (i pochi programmi di fascia alta, a forte impatto culturale e divulgativo, che qualificano in extremis l’offerta). Nella maggior parte dei casi, la televisione tradizionale propone programmi che appartengono ad altri mondi, verrebbe voglia di dire testimonianze che appartengono ad altre ere geologiche, se non fosse per il fatto che i programmi della vecchia televisione erano di gran lunga migliori.
Oggi questi programmi sono, in molti casi, incapaci di intercettare l’interesse del pubblico e appaiono radicati in format e linguaggi che si rincorrono a vicenda da una rete all’altra o da un competitor all’altro, senza alcun elemento d’innovazione o di semplice novità.
I risultati sono sotto gli occhi di tutti.
Fuga di pubblico senza precedenti dalla televisione verso altre modalità di intrattenimento, a partire dai contenuti offerti da internet e consumati su personal computer o, ancor più fragorosamente, sullo smartphone, che è ormai diventato il computer da taschino che una decina di milioni di italiani porta sempre con sé.
E dato che viviamo in un mondo globale e tutto il mondo è paese, anche le televisioni degli altri pur con qualche elemento qua e là di maggiore di resistenza, sono comunque destinate al lento declino.
Il valore del mercato televisivo mondiale continua a decrescere, innanzitutto per effetto della crisi mondiale che marca dal 2008 ogni settore economico e industriale.
La crisi ha morso il polpaccio della pubblicità, ma intanto s’intravedono elementi di riconfigurazione dello scenario televisivo mondiale, come indicano i numeri di un nuovo Rapporto di Idate sul settore.
A livello mondiale la pubblicità è passata dai 119 miliardi di euro del 2006 ai 122 miliardi di euro del 2009, con una previsione di 142 miliardi di euro per il 2013. Non troppi, se si pensa alla crescita del mercato televisivo in termini di numero di famiglie.
Le revenues pubblicitarie di radio e stampa sono destinate a confermare la decrescita sino al 2013, pur con uno stazionario 40-41 % di incidenza sulla pubblicità televisiva dal 2006 al 2013, ma per effetto dell’impennata della pubblicità su internet, che nei sette anni indicati si triplica passando da 23 miliardi di euro a oltre 68 miliardi di euro.
Se poi guardiamo alle modalità di trasmissione in tutto il mondo, nel periodo 2006-2013 a cedere è la modalità terrestre (da 504,4 milioni a 438,5 milioni di famiglie), che è stata la modalità di gran lunga più diffusa per decenni, mentre crescono satellite (da 231,6 a 339,2 milioni di famiglie), cavo (da 404,4 a 489,2 milioni di famiglie) e addirittura l’IPTV, che passa da 5,4 milioni a 60,6 milioni di famiglie.
Va inoltre considerato che i valori relativi a cavo e IPTV coincidono per intero con la modalità pay.
Quanto al satellite, la quota di servizi televisivi pay si riduce ad una forbice che va dagli 84,7 a 174,9 milioni di famiglie, ma con un passo di marcia particolarmente significativo. Come dire che nel periodo 2006-2013, mentre il satellite cresce complessivamente del 32%, la quota dei servizi pay su questa piattaforma cresce del 52%.
Da qui due considerazioni.
La prima è che la crescita dei servizi pay da satellite indica l’insoddisfazione del pubblico verso i tradizionali servizi pubblici e di tv commerciale, la seconda è che la tv satellitare pay può offrire bouquet e offerte personalizzate in linea con la tendenza alla differenziazione dei consumi che è tipica dell’ecosistema dei media che si sta affermando.
In questo senso la pay-tv è destinata a diventare uno dei fattori chiave dell’intrattenimento domestico, con una struttura del mercato che cambierà anche in base ai contesti nazionali di riferimento.
Il panorama naturalmente sarà caratterizzato da una serie di fattori tecnologici che fungeranno da catalizzatori e driver.
Alcuni sono in fase avanzata o di completamento (come il traghettamento dal regime di diffusione analogico a quello del digitale terrestre), mentre altri come l’Alta Definizione e per ultimo il 3D, proiettano la TV domestica in un ambito di consumo sino ad oggi inimmaginabile.
Ma la vera novità, di cui tutti avvertiamo il fragore in arrivo, di cui tutti percepiamo la forza d’impatto, di cui tutti assaggiamo le prime prove generali è la nuova televisione, la New TV o Next TV che dir si voglia.
Qui emergono alcune precise tendenze che possiamo sintetizzare in sei passaggi.
Il primo è quello dei servizi video enhanced. Tra essi figurano i nuovi servizi di video on demand, forti anche del fatto che si sta affermando il principio dell’uscita simultanea in DVD e VOD (per cui il primo è destinato a decrescere sensibilmente) dei prodotti soggetti prima a windows, assieme ai social video (da YouTube a Dailymotion), mentre il successo di servizi internet come Hulu negli Usa indicano come i produttori e i distributori si stanno orientando sempre più verso una valorizzazione dei canali di rete.
Il secondo è quello della TV che si sposta verso internet e viceversa. Il televisore è il display usato per il maggior consumo di video e inevitabilmente internet ha già avviato la lenta marcia di avvicinamento e penetrazione nei televisori domestici. Ancora una volta si tratta dell’adattamento al televisore domestico di web content prodotti per la rete ma consumabili anche nel salotto di casa. I video prodotti per internet ma con la logica di essere visti anche in TV. Vi sono poi i sistemi che adottano soluzioni tecnologiche neutrali, capaci di diffondere e distribuire indifferentemente su pc o tv, infine vi sono i veri e propri portali tv nati recentemente, a partire da Apple tv.
Il terzo è quello del miglioramento della experience del consumo televisivo. Qui, entrano in ballo i social network. I programmi televisivi creano usualmente un secondo pubblico, particolarmente multitasking, che è capace di usare nello stesso momento televisore, computer e smartphone. A chi di noi non è mai capitato di seguire una trasmissione contemporaneamente su tv e twitter (Annozero, Ballarò, Exit o L’ultima parola…). O parallelamente, seguire un programma tv che viene arricchito dalle domande che giungono al conduttore tv attraverso i social media.
Il quarto, riguarda il modo attraverso cui adattare la pubblicità televisiva alle nuove abitudini del telespettatore (o del nuovo telespettatore). E qui scattano tutte le nuove teorie sulle modalità che consentono di qualificare e classificare il pubblico, sino ad arrivare a forme di personalizzazione dei messaggi pubblicitari.
Il quinto ci porta con due piedi nelle nuove praterie della Next TV, che prevede l’organizzazione in Hub, tutto nelle mani del consumatore, delle offerte multiple di video che giungono nell’ambiente domestico. Un passetto ancora e siamo di fatto su una piattaforma che mette assieme i servizi tradizionali lineari con i servizi à-la-carte, la disponibilità dei video provenienti dal web assieme alla reperibilità di video professionali già acquisiti sull’hard disc del proprio impianto assieme ai video personali e amatoriali realizzati in proprio.
Il sesto, ci fa immaginare il nuovo environment domestico in cui vi è la disponibilità di tutti i contenuti video su tutti i display disponibili, sia a livello domestico sia a livello di device personali come lo smartphone.
E’ la Next Generation Television o Next-Gen TV, della quale ormai tutti parliamo e che è più presente di quanto non si percepisca.
Su questi temi si focalizzerà il convegno, promosso dal Corecom Lazio assieme al Coordinamento Nazionale dei Corecom italiani, che si terrà a Roma il prossimo 6 luglio presso la Casa del Cinema e che solleciterà il confronto tra esperti, aziende televisive e produttori di contenuti, rappresentanti delle istituzioni di settore.

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