Brevetti. Lodsys ribadisce: ‘Gli sviluppatori devono pagare’, mentre Microsoft guida la carica contro i patent troll

di Alessandra Talarico |

In un post sul blog ufficiale, Lodsys conferma le proprie posizioni: per evitare controversie e usare le tecnologie che abilitano gli acquisti in-app, gli sviluppatori devono pagare le royalties o condividere una percentuale dei profitti.

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Gli sviluppatori di app per iPhone e Android, denunciati dalla Lodsys per violazione di brevetto, pensavano di poter stare tranquilli dopo che Apple li aveva difesi dalle accuse sostenendo che l’uso delle tecnologie del patent troll fosse coperto da un accordo tra le due società (Leggi articolo Key4biz). Una settimana dopo la presa di posizione di Apple, Lodsys gela, però, nuovamente le loro speranze.

Lodsys ha fatto sapere con un post sul proprio blog ufficiale, di essere ferma sulle proprie posizioni: per evitare controversie e continuare a usare le tecnologie che abilitano gli acquisti in-app, gli sviluppatori devono pagare le royalties o condividere una percentuale dei profitti.

 

“Ribadiamo la nostra posizione, ossia che sono gli sviluppatori responsabili della violazione dei brevetti Lodsys e quindi, responsabili anche di assicurarsi i diritti per le loro applicazioni”, scrive la società nel post.

“Coloro i quali faranno affidamento sulla lettera di Apple, lo faranno a loro discapito e dovrebbero urgentemente rivedere gli accordi con Apple per determinare la reale portata delle responsabilità di Apple nei loro confronti”.

 
Oltre a questa replica, Lodsys ha confermato di aver già citato in giudizio diversi sviluppatori prima della scadenza delle tre settimane previste, in seguito alla lettera di Apple della scorsa settimana, così da “preservare le proprie opzioni legali”, e di aver inviato una comunicazione al gruppo di Cupertino contenente “una dettagliata posizione giuridica sulla questione dell’interpretazione delle licenze”.

 

In una nota separata, inoltre, Lodsys ha spiegato che il gruppo “è disposto a pagare se fosse riconosciuto un errore di valutazione”, concedendo agli sviluppatori un risarcimento di 1.000 dollari se dovesse prevalere la posizione di Apple.

 

Si apprende intanto che Microsoft, da molti criticata per le sue crociate anti-Linux, è il primo firmatario del programma Litigation Avoidance, un servizio di ‘crowdsourcing‘ ideato per aiutare le aziende a difendersi dai ‘soggetti non praticanti (non-practicing entities – NPE), meglio conosciuti come patent troll, le società come Lodsys o NTP che possiedono i diritti di brevetti concepiti da altri.

 

Litigation Avoidance è gestito da Article One Partners, una comunità online, pagata dalle aziende, che utilizza il crowdsourcing per unire milioni di scienziati e tecnici che collaborano alla ricerca sulla validità dei brevetti. L’organizzazione utilizza i dati raccolti in queste ricerche per chiedere allo U.S. Patent and Trademark Office (USPTO) un riesame delle richieste relative a presunte violazioni. L’obiettivo è quello di “aiutare le aziende ad analizzare e agire in materia di brevetti di qualità discutibile”.

 

I patent troll, ha affermato Bart Eppenauer, Chief Patent Counsel di Microsoft, “..continuano a prendere attivamente di mira le grandi aziende tecnologiche e spesso con portafogli di qualità discutibile. Il programma Litigation Avoidance è un potente strumento per combattere questa sfida, offrendo alle imprese un ulteriore strumento per affrontare il problema della qualità dei brevetti prima di un’eventuale causa, al fine di ridurre rischi e potenziali costi legati alle controversie legali”.

“Insieme agli altri membri del programma – ha aggiunto – saremo in grado di affrontare meglio i brevetti di dubbia qualità nella fase precontenziosa, così da scoraggiare le cause legali”.

 

La qualità dei brevetti è un problema ampiamente riconosciuto da parte delle imprese, che – solo negli Usa – spendono qualcosa come 5 miliardi all’anno per difendersi dalle cause intentate dai patent troll.

Uno dei casi che ha fatto più rumore è stato quello della NTP, che, dopo aver ottenuto oltre 612 milioni di dollari dalla RIM per chiudere un contenzioso legato alla paternità di alcuni brevetti relativi a tecnologie utilizzate nel BlackBerry, ha deciso di portare in tribunale Apple, Google, HTC, LG Electronics, Microsoft e Motorola, reclamando la presunta violazione di 8 brevetti legati all’email mobile. Tuttavia, l’USPTO, in seguito a una serie di ricerche, ha dimostrato che il 46% dei brevetti contestati a giudizio non erano validi.
Molti esperti legali sostengono che l’aumento di cause di questo tipo sia legato al fatto che vincere in tribunale sia molto più redditizio della vendita delle licenze stesse.

“Chiaramente – ha spiegato Cheryl Milone, CEO di Article One Partners – non tutti i brevetti nascono uguali e ciò rappresenta un problema estremamente costoso per le aziende e in ultima analisi anche per i consumatori”.

Lodsys ha iniziato a inviare le sue lettere agli sviluppatori all’inizio di maggio, avvisandoli che le tecnologie utilizzate nelle loro applicazioni stavano violando un brevetto di proprietà della società e dando loro 21 giorni di tempo per rispondere prima di intentare un procedimento legale.
Tra le società prese di mira, Combay, Iconfactory, Illusion Labs AB, Shovelmate, Quickoffice, Wulven Games e lo sviluppatore Richard Shinderman.

Nella sua lettera agli sviluppatori, Apple invece sostiene che la tecnologia contestata “espressamente autorizzata sotto il brevetto Lodsys offerto agli App Makers Apple”.

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