Francia
Franco Bernabè, dalle pagine de Les Echos, fa il punto sull’e-G8, il Forum che ha riunito a Parigi i leader dell’economia digitale per raccogliere le opinioni dell’industria sul futuro di Internet. Se la società civile è rimasta un po’ delusa dalla mancanza di accordi sulle tante problematiche sollevate – dalla protezione dei dati personali al copyright – l’industria è soddisfatta del fatto che per la prima volta queste tematiche siano state portate all’attenzione della platea mondiale.
“Abbiamo bisogno che le nostre problematiche vengano comprese”, ha affermato Franco Bernabè, Presidente esecutivo di Telecom Italia e presidente della GSMA.
Bernabè si è soffermato, in particolare, sul peso economico dell’industria telecom, che tra Europa e Usa impiega 11 milioni di persone, contro le “poche migliaia” della web industry. Le telco, però, sono di fronte a un bivio: l’erosione dei profitti causata dal declino del traffico voce e dalle nuove norme in capo al settore ha portato molte società a mettere in atto pesanti piani di ristrutturazione e a licenziare: France Telecom ha soppresso 30 mila posti di lavoro (con pesanti conseguenze sul piano sociale), Telecom Italia ne eliminerà 3.900 in tre anni e Telefonica ha esteso a 5 anni e a 8.500 dipendenti, vale a dire al 25% della forza lavoro spagnola, il piano esuberi in Spagna.
“La perdita di occupazione nel settore è molto rapida e presto, con la maggiore diffusione del ‘cloud’ nelle imprese, contagerà anche il settore dell’informatica”, ha detto Bernabè, spiegando che gli impieghi nel campo dell’informatica sono “meno sicuri e con meno vantaggi sociali”. La transizione, ha aggiunto, “merita l’attenzione della politica”.
Il presidente Telecom Italia ha quindi richiamato l’attenzione sull’attuale asimmetria legislativa che penalizza le telco a vantaggio dei fornitori di contenuti ‘Over-the-Top’, come Google o Apple: “tradizionalmente – ha detto – gli operatori occidentali operano in un quadro molto regolamentato, ma così non è per le web company. Non sarebbe saggio imporre loro lo stesso livello di regolamentazione ma non è accettabile neanche l’attuale asimmetria”.
La soluzione, per Bernabè, risiede nella ‘flessibilità’: non servono regole a priori che non fanno che “creare problemi”.
Una frecciata arriva per il Commissario all’Agenda Digitale Neelie Kroes, il cui obiettivo primario è quello di far scendere i prezzi dei servizi di comunicazione, al di là di qualsiasi valutazione sulle conseguenze. “I politici dovrebbero capire che prima di essere consumatori, gli internauti sono impiegati, che non potranno più spendere il loro stipendio se perderanno il posto”, ha affermato Bernabè.
Il patron di France Telecom, Stephane Richard ha posto quindi l’attenzione sulla necessità di evitare nuovi monopoli. Bernabè ha portato l’esempio del Gsm, la norma europea che ha contribuito all’enorme diffusione della telefonia mobile, “uno standard aperto che ha sedotto 5 miliardi di utenti”, ha detto, sottolineando invece che le web company “costruiscono comunità chiuse, integrate e isolate”.
“Noi invece – ha aggiunto – abbiamo bisogno di concorrenza. Ci piacerebbe, ad esempio, che Meego (l’Os mobile di Nokia e Intel, ndr)emergesse, ma siamo aperti a tutte le iniziative dei fornitori”.
Telecom Italia investirà quest’anno, solo in Italia, 3 miliardi di euro per le infrastrutture di rete, mentre la Ue ha calcolato che per raggiungere gli obiettivi della Digital Agenda servono investimenti per almeno 270 miliardi di euro.
Gli operatori chiedono la partecipazione degli OTT a questo investimento, attraverso la condivisione dei loro profitti pubblicitari o quanto meno che i regolatori non impediscano loro di praticare tariffe diverse per una consegna ‘prioritaria’ dei loro contenuti.
Anche Olivier Roussat, Ceo di Bouygues Telecom, ha sottolineato la difficoltà degli operatori in questo momento di transizione verso la nuova generazione, ribadendo la necessità di trovare una “soluzione comune” con le società che offrono servizi sulle reti. Perchè, anche se si potrà sempre accrescere la capacità delle reti fisse, così non può essere per quelle mobili, limitate dalla saturazione dello spettro disponibile.
Un compromesso deve essere trovato, ma si tratta di una strada impervia dal momento che – come ha spiegato Lawrence Lessig, docente di diritto alla Stanford Law School – “le web company non hanno alcun interesse commerciale ad accordarsi con gli operatori”.
Una posizione che non sembra condivisa da Bernabè, che invece si dimostra più fiducioso: “…in fin dei conti – ha concluso – siamo noi che abbiamo le infrastrutture…Il modello economico di società come Google deve evolversi. Avranno bisogno di servizi più sofisticati per i video, il 3D, la sicurezza e saranno loro stessi che ce lo chiederanno”.