Dati personali e smartphone: ma ai consumatori importa davvero la loro tutela?

di Alessandra Talarico |

Posizioni contrastanti tra chi crede che agli utenti importi poco di chi guarda le loro informazioni, purché abbiano servizi gratuiti, e chi invece chiede norme più stringenti per evitare abusi.

Unione Europea


Smartphone

I dati privati contenuti sui telefonini sono diventati una moneta di scambio per quegli utenti che, sempre connessi al web dai dispositivi mobili, possono servirsene per usufruire dei servizi gratuitamente. E’, questa, ovviamente la posizione di alcune società, in particolare quelle che si occupano di pubblicità. Posizione che però contrasta con quella di chi invece chiede un nuovo quadro normativo che protegga meglio le informazioni personali da attacchi come quelli che di recente hanno coinvolto la Sony o le app mobili più gettonate.

 

“La relazione è equilibrata se gli utenti scambiano i loro dati con un servizio di migliore qualità”, ha spiegato a Reuters George-Édouard Dias, responsabile della divisione digitale di L’Oreal, incaricato di promuovere il marchio su internet e i cellulari di nuova generazione.

I dati di location, le abitudini di acquisto e di navigazione, i marchi preferiti sono tutte informazioni preziose, e per incitare gli utenti a condividerle, sono sempre più numerosi gli inserzionisti che propongono una forma di retribuzione, sotto forma, ad esempio di sconti sugli acquisti nei negozi che si trovano in prossimità alla posizione dell’utente.

“Le persone non si preoccupano della loro vita privata. Quello che importa è di avere un buon servizio o un buono sconto. Se hanno tutto questo, allora non si interessano a chi guarda le loro informazioni personali”, ha affermato Alexandre Mars, direttore della divisione mobile di Publicis.

Che sia, dunque, un brand come L’Oreal o un motore di ricerca come Google, i dati degli utenti sono il perno centrale dei nuovi business. L’e-G8, nel corso del quale sono stati trattati anche questi argomenti, senza però giungere a un impegno concreto da parte delle web company, ha comunque posto la questione di una regolamentazione più stringente mentre l’Europa si prepara alla revisione del quadro normativo comunitario sulla protezione dei dati, che dovrebbe completata entro la fine di quest’anno.

 

Nella riforma, saranno introdotti 4 importanti cambiamenti: innanzitutto, le aziende extra-Ue che però trattano i dati di consumatori europei devono attenersi alle nuove regole comunitarie; in secondo luogo sarà introdotto il principio del ‘data protection by design’ e rafforzate le attuali regole sulla sicurezza nella fase di elaborazione dei dati e sulla responsabilità di chi deve controllare che tutto avvenga nel rispetto delle regole. Terzo: saranno razionalizzate e rafforzate le procedure per i trasferimenti internazionali di dati e, quarto, si sta pensando anche alla creazione di un meccanismo per fare in modo che anche altri paesi possano aderire volontariamente alle leggi Ue sulla protezione dei dati.

“Stiamo lavorando – ha detto il Commissario Viviane Reding – per migliorare gli attuali meccanismi e guardiamo al modello delle ‘ norme d’impresa vincolanti’ – codici di condotta basati su rigidi standard Ue per la protezione dei dati. Queste regole potrebbero essere volontarie ma legalmente vincolanti e imponibili. Ma quello che più importa alla Commissione è che i dati siano protetti adeguatamente quando vengono trasferiti ed elaborati al di fuori della Ue”.

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