Proprietà intellettuale: forti critiche al Piano d’azione Ue

di Raffaella Natale |

Alcune lobbies di settore temono l’introduzione di responsabilità a carico degli ISP nell’azione di contrasto alla pirateria online.

Unione Europea


Proprietà intellettuale

Il Piano d’azione avviato dalla Ue per riformare le disposizioni riguardanti i diritti di proprietà intellettuale (DPI) ha sollevato le perplessità di alcuni osservatori per quanto riguarda l’intenzione di Bruxelles di coinvolgere gli ISP nella lotta alla pirateria online. (Leggi Articolo Key4biz)
Si teme che le nuove norme introducano responsabilità a carico dei service provider nell’azione di contrasto del downloading illegale, forzandoli a ‘punire’ i propri utenti senza alcun previo intervento dell’autorità giudiziaria.
I sostenitori dei diritti digitali affermano che la Ue così facendo lederebbe i diritti fondamentali dei cittadini, spingendo ad atteggiamenti di censura del web.

“La Ue critica la Turchia per la censura internet, ma questo paese dispone almeno di leggi specifiche in materia, contrariamente alla situazione di illegalità che si verrebbe a creare sulla base delle attuali disposizioni della Commissione“, ha detto con fermezza Joe McNamee del gruppo di pressione per i diritti digitali EDRI.

 

La riforma della Direttiva Ue sui diritti di proprietà intellettuale mira a contrastare il crimine sin dalla radice e, per farlo, incoraggia la cooperazione con gli intermediari, come appunto i fornitori d’accesso internet.

Anche se le implicazioni del termine ‘cooperazione’ possono sembrare poco chiare all’utente medio, le lobbies degli ISP e delle ONG sanno che in altre parole le nuove norme potrebbero forzare i provider a filtrare i siti su ingiunzione dell’industria dell’entertainment, a limitare gli accessi e a vietare l’accesso a quegli utenti scoperti a piratare per la terza volta.

 

Timori che hanno già dei precedenti in Spagna, Irlanda e Regno Unito dove recentemente sono state approvate disposizioni molto rigide, contestate anche duramente, nei confronti del downloading illegale.

Il Regno Unito ha ultimamente adottato un progetto di legge sui diritti digitali che permette ai fornitori di accesso di vietare l’accesso agli utenti che effettuano download illegali. In Irlanda, il fornitore Eircom ha accettato di filtrare i siti di P2p. In Spagna, le due misure sono stati introdotte con la legge Sinde.

La Commissione Ue non è però d’accordo. “Non prevediamo di seguire alcun modello nazionale, ma piuttosto cercare di condividere le best practices e lavorare a un approccio più efficiente e proporzionato”, ha detto Chantal Hughes, portavoce dell’esecutivo europeo.

Ciò che preoccupa i detrattori è che in nessuno dei Paesi menzionati, a parte la Spagna, è prevista una consulenza giuridica prima che i contenuti definiti illegali vengano ritirati o che agli utenti venga proibito l’accesso alla rete.

Vicky Hanley-Emilsson dell’associazione ECTA ha ribadito che come minimo bisognerebbe introdurre una sorta di intervento giudiziario.

 

Il relatore dell’ONU per la libertà d’opinione e d’espressione sarebbe dello stesso avviso. Secondo una fonte anonima, Frank la Rue dovrebbe pubblicare molto presto un Rapporto nel quale si critica la decisione della Ue di accordare agli ISP dei poteri di polizia.

 

Anche gli USA sembrano sposare la linea di la Rue. Joe McNamee dell’EDRI ha fatto riferimento alla strategia americana per il cyberspace dove si denuncia la responsabilità degli ISP nella propagazione della ‘cultura della paura’.

“La cultura della paura scoraggia gli utenti a usare le nuove tecnologie per comunicare. Le stesse garanzie devono essere previste per i fornitori d’accesso internet e per gli altri provider di connettività, troppo spesso vittime di regimi giuridici che prevedono responsabilità a carico degli intermediari”.

 

Gli oppositori lamentano anche gli alti costi delle azioni di controllo. Nel Regno Unito, BT ha stimato che la legge adottata costerà agli ISP quasi 1 milione di sterline al giorno (circa 1.152.720 euro), quindi 24 sterline  (circa 27,66 euro) l’anno in più per gli utenti britannici della banda larga. Secondo alcuni queste misure potrebbero scoraggiare negozi ed enti pubblici dall’offrire servizi Wi-Fi.

 

Tanto rumore per nulla? Secondo una fonte, in Irlanda sono veramente pochi gli avvertimenti inviati da Eircom agli utenti sorpresi a piratare. In oltre resta veramente bassa la possibilità che questi vengano sorpresi per la terza volta a scaricare illegalmente.

 

I detrattori accusano anche la Commissione di far ricorso a ricerche poco attendibili che denunciano i danni economici prodotti dalla contraffazione e dalla pirateria informatica.

Tuttavia i sondaggi, condotti su larga scala, dimostrano ampiamente che la pirateria è ampiamente praticata. Le case discografiche sostengono che sia la più grande minaccia per il loro settore. Ma, come ha affermato lo stesso Kelvin Smits di Younison, è quasi impossibile fare una stima dei reali danni prodotti dalla pirateria.

 

La Ue cita il Rapporto IFPI (Leggi Articolo Key4biz) dal quale si rileva che la Ue realizza ancora poche vendite di musica digitale rispetto agli altri Paesi. In effetti nella Ue gli acquisti di file musicali legali rappresentano il 14% mentre arrivano al 44% negli Stati Uniti e al 25% in Giappone.

La Commissione ha detto che sta conducendo un proprio studio sull’impatto della pirateria informatica e che i risultati dovrebbero essere ufficializzati entro la fine dell’anno.

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