Google: gli ‘effetti collaterali’ dell’algoritmo Panda inquietano i concorrenti

di Alessandra Talarico |

Intanto Eric Schmidt si scaglia contro i legislatori europei e americani, alle prese con progetti di leggi su P2P e privacy 'dalle conseguenze imprevedibili'.


Algoritmo di Google Panda

Lanciato per migliorare la qualità delle ricerche online, il nuovo algoritmo Panda, presentato a febbraio da Google, non sta mancando di far discutere per le sue vittime ‘collaterali’. L’algoritmo è stato ideato per ridurre il ranking, ossia la visibilità nei risultati di ricerca, dei siti di bassa qualità, ossia i siti che non contengono contenuti di valore aggiunto o che copiano il contenuto di altri siti o ancora siti che semplicemente non risultano troppo utili. Allo stesso tempo saranno valorizzati i siti di alta qualità, con contenuti originali e analisi approfondite.
Il vero obiettivo dell’operazione sono i cosiddetti ‘content farm‘, ossia i siti che pubblicano migliaia di contenuti al giorno – presi magari da altri siti – con lo scopo di salire in cima ai risultati di ricerca e attrarre investimenti pubblicitari.

Per esempio, ricercando “Paris Hilton arrested whith cocaine”, il motore di ricerca recuperava 190 mila pagine di risposte tutte riportanti lo stesso articolo di MNBC.

 

I cambiamenti dell’algoritmo hanno suscitato non poche perplessità. Spiega ad esempio Bastien Duclaux, direttore generale di Twenga, un motore di ricerca per lo shopping, che il sito ha visto calare le visite – e anche il giro d’affari – del 40% tra il 12 e il 13 aprile in seguito al declassamento del sito tra i risultati di ricerca.
La caduta di Twenga tra i risultati di ricerca, ha spiegato Duclaux, si spiega col fatto che la gente non passa molto tempo sul sito che, in effetti, è un punto di passaggio tra i consumatori e i prodotti.

“Referenziamo 200 mila commercianti, puntiamo a raggiungere quota 500 mila e vogliamo passare da 400 milioni a 1 miliardo di offerte censite”, ha spiegato Duclaux, che punta il dito anche sul motore Google per lo shopping – Google Product Search – che in un anno è diventato il primo motore di comparazione nel Regno Unito.

“I servizi verticali sono sempre più potenti e il problema è che i criteri di classificazione del motore non vengono applicati a questi servizi”, ha aggiunto, sottolineando che Google Product Search è totalmente gratuito grazie agli enormi profitti pubblicitari generati dalla casa madre.

 

Google è attualmente sotto inchiesta da parte della Commissione europea che vuole appurare se il sito utilizzi la sua posizione dominante nella ricerca per penalizzare i concorrenti e soprattutto i motori verticali.

Nel 2010, Twenga ha realizzato un fatturato di 12 milioni di euro e per quest’anno punta al raddoppio.

Il presidente esecutivo di Google, Eric Schmidt, intanto, si è dichiarato contrario ai progetti di legge sul blocco dell’accesso ai siti di condivisione in fase di approvazione nel Regno Unito e negli Usa, rilanciando il tema della libertà di espressione.

“Se fossi al posto di un governo, sarei molto prudente nel proporre soluzioni semplicistiche a un problema molto complesso. Bloccare l’accesso a un sito sembra una soluzione attraente, ma stabilirebbe un precedente disastroso, che renderebbe molti paesi democratici simili alla Cina”, ha sottolineato

Il Protect IP Act americano, di fatto, obbligherebbe i motori di ricerca a rimuovere dai risultati tutti quelli che rappresenterebbero o indurrebbero a una violazione del copyright.

 

Una legge ‘stupida’ con enormi conseguenze collaterali  l’ha definita senza giri di parole Schmidt, spiegando che il progetto di legge non consentirebbe a molte aziende di operare sul web in maniera legale.

Anche le leggi europee sulla privacy – che obbligherebbero a chiedere il consenso degli internauti per poter utilizzare i cookies, sono finite nel mirino di Google: secondo Schmidt, “anche legislatori bene intenzionati finiscono per scrivere testi molto evasivi. Bisogna essere prudenti con questo tipo di regolamenti poiché si potrebbero generare conseguenze imprevedibili e questo ci preoccupa”.

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