Sony: ecco cosa rischia dopo l’ammissione, in ritardo, delle violazioni ai dati PlayStation Network

di Alessandra Talarico |

Il colosso Giapponese avrebbe tardato troppo prima di ufficializzare l'accaduto. Ora rischia di dover pagare risarcimenti per svariate decine di milioni di dollari.

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Si preannunciano pesanti i contraccolpi per Sony dopo l’ufficializzazione, in vistoso ritardo, del furto dei dati personali di oltre 77 milioni di utenti di PlayStation Network. Indagini sono partite negli Usa e in Europa: a San Francisco è stata presentata una querela in cui si afferma che il ritardo nell’intervento di Sony ha esposto gli utenti al furto dei dati personali, mentre inchieste sono partite nel Connecticut, in Irlanda e nel Regno Unito.

Sony sostiene di non aver ricevuto ancora alcuna notifica di queste azioni legali, che vanno a minare ulteriormente la già delicata situazione del colosso nipponico, già messo duramente alla prova dal sisma in Giappone dell’11 marzo scorso.

Sony ha avvisato soltanto il 26 aprile del furto dei dati, sei giorni dopo aver bloccato (leggi articolo) i servizi di PlayStation Network e Qriocity.

Secondo i documenti depositati alla corte di San Francisco, “consumatori e aziende sono stati esposti a quella che è una delle maggiori compromissioni della sicurezza internet e probabilmente alla maggiore truffa mai avvenuta negli Stati Uniti”. Kristopher Johns di Birmingham, Alabama, vuole rappresentare nella causa tutte le persone “che hanno acquistato una PlayStation, o si sono iscritte ai servizi PlayStation Network e Qriocity e che hanno subito l’interruzione del servizio e la violazione dei dati della carta di credito” e chiede un risarcimento danni e il rimborso per le spese sostenute per abbonarsi a un ‘servizio difettoso’.

La società si è difesa sostenendo di aver avvisato gli utenti “appena possibile: è stato necessario – ha affermato il portavoce Patrick Seybold condurre un’analisi approfondita e ci sono voluti diversi giorni di lavoro prima che i tecnici capissero la portata della violazione. Ma appena ci è stato chiaro l’accaduto, l’abbiamo subito reso pubblico”.

PlayStation Network – che conta 36 milioni di utenti negli Usa e altri 32 milioni in Europa e 9 milioni in Giappone e nel resto dell’Asia – consente agli abbonati di accedere a giochi online, film e spettacoli televisivi, mentre Qriocity offre film e musica in 11 Paesi sui Tv Bravia e i lettori Blue-ray. Da questi servizi, Sony ha registrato profitti per 38 miliardi di yen (circa 313 milioni di euro) nei nove mesi chiusi a dicembre, mentre nell’anno fiscale chiuso a marzo, i profitti della divisione games hanno superato quota 9 miliardi di dollari, pari al 12% del totale.

Kazuo Hirai, responsabile delle operazioni consumer electronics aveva appena annunciato che la società avrebbe investito qualcosa come 3,5 miliardi di dollari in due anni per connettere su un’unica piattaforma i televisori Bravia, i Pc Vaio e le console PlayStation.

Sony sta ora lavorando con le forze dell’ordine e con la collaborazione di una società specializzata in sicurezza per effettuare una revisione dei server e ricostruire il sistema da zero, “così da offrire il servizio in un ambiente online stabile e sicuro”.

Non è stata tuttavia fornita la tempistica del ripristino del servizio, mentre le società di carte di credito coinvolte – Wells Fargo & Co, American Express e MasterCard – hanno fatto sapere di stare monitorando le attività sui conti degli utenti, per bloccare eventuali movimenti sospetti.

Secondo gli esperti, Sony rischia ora di dover risarcire gli utenti per una cifra di diverse decine di milioni di dollari, anche se gli utenti, abbonandosi al servizio, siglano un accordo che limita le responsabilità della società in caso di violazioni.

Sull’accaduto sta indagando anche l’Information Commissioner’s Office britannico, che potrebbe comminare una multa di 500 mila sterline (560 mila euro) per la violazione delle leggi sulla privacy.

“Ogni azienda o organizzazione che tratta dati personali nel nostro Paese deve assicurare il rispetto della legge, anche per quanto riguarda la sicurezza delle informazioni”, ha fatto sapere l’Authority.

Anche il garante privacy irlandese ha chiesto a Sony un report sulla violazione, così come ha fatto anche il procuratore generale del Connecticut George Jepsen.

Oltre ai danni economici, Sony dovrà ora vedersela con la rabbia dei tanti genitori preoccupati per la privacy dei loro figli, con le associazioni dei consumatori già sul piede di guerra.

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