iPhone ‘spioni’: colpa di un bug? Jobs ammette l’errore e chiede rigore per tutta l’industria

di Alessandra Talarico |

In un'intervista al sito Mobilized il patron di Apple afferma che andrà al Congresso a difendere la società dall'accusa di aver spiato gli utenti: 'Non abbiamo fatto un buon lavoro come industria, ma molte le conclusioni affrettate'.

Stati Uniti


iPhone 4

Tutta colpa di un bug? Apple ha rotto il silenzio sulla questione degli iPhone ‘spioni’ e ha annunciato che sarà presto disponibile un aggiornamento dell’ultima versione del sistema operativo che risolverà il problema, sottolineando però che la società “non rintraccia la posizione geografica degli iPhone. Non l’ha mai fatto e non prevede di farlo in futuro”. I dati individuati dai due ricercatori , spiega il gruppo di Cupertino, non rappresentano la posizione passata o attuale dell’iPhone stesso, ma piuttosto la posizione dei vari hot-spot Wi-Fi e ripetitori cellulari nelle vicinanze del dispositivo, entro un raggio d’azione che può persino superare i 150 chilometri di distanza dall’iPhone e vengono scaricati da Apple sull’iPhone per permettere un calcolo rapido e preciso della posizione.

“Il motivo per cui l’iPhone memorizza così tanti dati è imputabile a un bug che abbiamo individuato e prevediamo di risolvere a breve. Riteniamo che siano sufficienti non più di sette giorni di dati da memorizzare sull’iPhone”, ha chiarito la società, sottolineando che l’aggiornamento del software, “ridurrà le dimensioni del database ‘crowd-sourced’ degli hot-spot Wi-Fi e dei ripetitori cellulari memorizzato come cache sull’iPhone; bloccherà il backup di questa cache e cancellerà completamente questa cache quando i servizi di localizzazione vengono disattivati”.

Per placare la furia di utenti e associazioni, Apple ha quindi spiegato che l’iPhone non registra la posizione dell’utente, ma mantiene un database di hot-spot Wi-Fi e ripetitori cellulari attorno alla sua posizione geografica (alcuni dei quali possono trovarsi persino a più di 150 chilometri dall’iPhone) per consentire un calcolo rapido e preciso della posizione, quando richiesto, e può persino triangolare la propria posizione usando soltanto i dati degli hot-spot Wi-Fi e dei ripetitori quando il GPS non è disponibile (per esempio all’interno di un edificio o ai piani interrati). Questi calcoli vengono eseguiti in tempo reale sull’iPhone usando un database ‘crowd-sourced’ di dati degli hot-spot Wi-Fi e dei ripetitori cellulari generato da decine di milioni di iPhone che inviano ad Apple la posizione geotaggata di hot-spot e ripetitori nelle vicinanze in forma anonima e criptata.

L’intero database ‘crowd-sourced’, continua Apple,  è troppo grande per essere archiviato su un iPhone, quindi viene scaricato un adeguato sottoinsieme (cache) su ciascun dispositivo. Questa cache è protetta ma non criptata, e ne viene eseguito il backup in iTunes ogni volta che si esegue il backup dell’iPhone. Il backup può essere criptato o meno, a seconda delle impostazioni utente definite in iTunes.

 

I dati, aggiunge Apple, arrivano comunque alla società in forma anonima e criptata e non consentono, quindi, di individuare la posizione degli utenti. Agli sviluppatori di terze parti, la società fornisce i log di crash ricevuti in forma anonima dagli utenti che hanno dato il proprio consenso, per aiutare il debug delle applicazioni.

Apple conclude sottolineando l’importanza della sicurezza e della privacy e ribadendo che l’iPhone “…è stato il primo dispositivo a chiedere l’autorizzazione dell’utente per ciascuna app che richieda l’uso dei dati geografici”.

Le risposte fornite da Apple non hanno comunque convinto il Congresso americano e, sulla scia delle polemiche innescate dalla notizia degli iPhone ‘spioni’, Steve Jobs è stato invitato a presenziare a un’audizione che si terrà il 10 maggio, alla quale sono stati chiamati anche i vertici di altre società.

“E’ una grande cosa che il Congresso stia indagando”, ha dichiarato Jobs in un’intervista telefonica al sito Mobilized, in cui ha ribadito il suo dispiacere per quanto accaduto e ha risposto alle accuse di ‘omertà’, dopo che per una settimana la società non aveva preso posizione sulla delicata questione.

“Sarà interessante vedere quanto aggressivi o flessibili saranno le indagini sulle pratiche del resto dell’industria…molte società non fanno tutto quello che facciamo noi, questo è sicuro”, ha affermato.

 

“Quando ci accusano di qualcosa, la prima cosa a cui pensiamo è di trovare la verità e questo può richiedere tempo, soprattutto quando si tratta di questioni tecniche che vanno rese chiare e intellegibili agli utenti”, ha spiegato Jobs, sottolineando che Apple “chiede sempre il consenso prima di usare i dati sulla posizione, o non li usa affatto. Siamo molto chiari su questo”.

 

Il punto, ha spiegato, “…è che quando arriva una nuova tecnologia, c’è un periodo di adattamento ed educazione. Non abbiamo, effettivamente, fatto un buon lavoro a livello di industria sul tema dell’educazione, ma è vero anche che la gente è arrivata a un sacco di conclusioni sbagliate. Penso – ha aggiunto – che il momento giusto per educare sia quando non ci sono problemi e che probabilmente dovremmo chiederci quello che si può fare a livello di industria”.

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