Diritto d’autore: gli Isp sono responsabili del file-sharing illegale? Grande attesa per la pronuncia della Corte Ue su un caso che farà storia

di Raffaella Natale |

La Corte chiamata a risolvere il caso di un Isp condannato per aver consentito ai propri utenti lo scambio di opere piratate del catalogo della Società belga degli autori ed editori.

Unione Europea


Sabam

La Corte di Giustizia Ue si dovrà presto pronunciare su una spinosa questione: un giudice nazionale può intimare a un Isp di esercitare un’attività di controllo preventiva e il blocco o filtraggio delle comunicazioni tra i propri utenti colpevoli di pirateria?  La Corte è stata investita del problema da un internet service provider belga, accusato d’aver consentito il file-sharing illegale tra i propri utenti.

Secondo l’Avvocato generale Cruz Villalón, così facendo la responsabilità giuridica ed economica della pirateria online sarebbe largamente delegata agli internet service provider. E’ giusto?

Si tratta di un argomento centrale nel dibattito internazionale che vede contrapposti gli aventi diritto e le compagnie che forniscono servizi internet.

 

Il filtraggio e blocco delle comunicazioni elettroniche per tutelare i diritti di proprietà intellettuale lede, in linea di principio, i diritti fondamentali. Per essere ammissibile, ha spiegato l’avvocato generale Cruz Villalón alla Corte di Giustizia Ue, un provvedimento di questo tipo rivolto a un internet service provider dovrebbe rispettare le condizioni previste dalla Carta dei diritti fondamentali. In particolare, dovrebbe essere basato su un fondamento normativo che soddisfi i requisiti della ‘qualità della legge‘ in questione.

 

La questione è partita dal Belgio, dove la Sabam (Société des auteurs compositeurs et éditeurs), assimilabile alla nostra Siae, ha chiesto l’adozione di un provvedimento provvisorio nei confronti del fornitore di accesso a internet Scarlet Extended SA. La Sabam richiedeva, innanzitutto, che si dichiarasse l’esistenza di lesioni al diritto d’autore relativo alle opere musicali appartenenti al proprio repertorio, per lo scambio non autorizzato di file attraverso servizi P2p forniti da Scarlet.

La Sabam chiedeva inoltre che fosse intimato all’Isp, a pena ammenda, di fermare questa attività rendendo impossibile o bloccando qualsiasi forma di file-sharing da parte dei suoi clienti riguardante contenuti musicali, senza l’autorizzazione dei titolari dei diritti.

 

In forza della normativa nazionale, i competenti giudici belgi possono ingiungere la cessazione di qualsiasi lesione a un diritto di proprietà intellettuale. In particolare, è previsto che, qualora un terzo si avvalga dei servizi di un intermediario per cagionare tale tipo di lesione, i giudici sono autorizzati ad adottare un’ingiunzione recante un provvedimento inibitorio nei confronti di tale intermediario. Con sentenza 26 novembre 2004 l’esistenza di tali lesioni al diritto d’autore è stata riconosciuta. Previo svolgimento di una perizia, con una seconda sentenza pronunciata il 29 giugno 2007, la Scarlet è stata condannata a far cessare tali lesioni del diritto d’autore, rendendo impossibile qualsiasi scambio tra utenti su rete P2p riguardanti opere della Sabam. L’Isp avrebbe dovuto provvedere entro il termine di 6 mesi, altrimenti sarebbe stata applicata una multa giornaliera di 2.500 euro.

 

La Scarlet ha quindi deciso di ricorrere alla Corte d’Appello di Bruxelles che dovrà decidere se confermare il provvedimento. In questo contesto, la Cour d’Appel s’è rivolta alla Corte di Giustizia Ue, chiedendo se il diritto dell’Unione consenta a un giudice nazionale di emettere, in forma di ingiunzione, un provvedimento che ordini a un Isp di predisporre un sistema di filtraggio e blocco di tutte le comunicazioni elettroniche.

 

L’avvocato generale Cruz Villalón ritiene che il sistema da predisporre deve garantire, in primo luogo, il filtraggio di tutte le comunicazioni di dati che transitano sulla rete della Scarlet per individuare quelle che violano il diritto d’autore. Mediante tale filtraggio il sistema deve garantire, in secondo luogo, il blocco delle comunicazioni che comportano effettivamente una lesione delle norme, sia a livello della richiesta che a livello dell’invio.

Per la Ue, il provvedimento di ingiunzione riveste pertanto la forma di un obbligo generale destinato a essere esteso, a lungo termine, in modo permanente a tutti i fornitori di accesso a Internet.

L’avvocato generale ha sottolineato in particolare che il provvedimento colpisce in modo duraturo un numero indeterminato di persone fisiche o giuridiche senza tener conto del loro rapporto contrattuale con la Scarlet né del loro Stato di residenza. Infatti, il sistema deve poter essere in grado di bloccare qualsiasi invio da un utente di Internet abbonato alla Scarlet a un altro utente  abbonato o meno alla Scarlet e residente o meno in Belgio   di qualsiasi file che si suppone arrechi pregiudizio a un diritto di cui la Scarlet cura la gestione, la raccolta e la tutela. Inoltre, esso deve anche consentire di bloccare il ricevimento da parte di qualsiasi utente abbonato alla Scarlet di ogni file che leda il diritto d’autore e provenga da qualsiasi altro utente. Per di più, tale provvedimento sarebbe applicato in abstracto e a titolo preventivo, ossia senza che siano stati preventivamente constatati un’effettiva lesione o un rischio di lesione imminente ad un diritto di proprietà intellettuale.

 

L’avvocato generale ha inoltre precisato che il provvedimento in esame si presenta come un nuovo obbligo. Infatti, il provvedimento imporrebbe alla Scarlet un’obbligazione di risultato per quanto riguarda la tutela dei diritti d’autore protetti dalla Sabam, mediante il sistema istituito, e ciò a pena di ammenda. Inoltre esso porrebbe a suo carico i costi per la creazione del sistema di filtraggio e di blocco.

 

In tal modo, attraverso il sistema da predisporre, la responsabilità giuridica ed economica della lotta allo scarico illegale di opere piratate su Internet sarebbe largamente delegata agli internet service provider.

Muovendo da queste caratteristiche, Cruz Villalón è giunto alla conclusione che la predisposizione di un tale sistema di filtraggio e di blocco si risolve in una limitazione del diritto al rispetto del segreto delle comunicazioni e del diritto alla protezione dei dati personali, tutelati dalla Carta dei diritti fondamentali. L’applicazione di un tale sistema limiterebbe inoltre anche la libertà d’informazione tutelata dalla Carta dei diritti fondamentali.

 

Villalón ha tuttavia ricordato che la Carta dei diritti fondamentali riconosce la possibilità di una limitazione all’esercizio dei diritti e delle libertà da essa garantiti, a condizione, in particolare, che siffatta limitazione sia ‘prevista dalla legge’. In virtù della giurisprudenza sviluppata in materia dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, l’avvocato generale ritiene che una limitazione all’esercizio dei diritti e delle libertà garantite dalla Carta dei diritti fondamentali debba basarsi su un fondamento normativo che risponda ai requisiti relativi alla ‘qualità della legge’ in questione. Pertanto, dal suo punto di vista, una limitazione dei diritti e delle libertà degli utenti di Internet come quella oggetto di questa causa sarebbe ammissibile solo se si basasse su un fondamento normativo nazionale accessibile, chiaro e prevedibile.

 

E questo non è il caso, visto che secondo l’avvocato generale non si può considerare che l’obbligo a carico degli Isp di predisporre, a loro spese, il sistema di filtraggio e di blocco in questione sia stato previsto in modo espresso, tempestivo, chiaro e preciso nella disposizione di legge belga in questione. Infatti, l’obbligo imposto ai provider è alquanto singolare, da una parte, e ‘nuovo’, o addirittura inatteso, dall’altra. L’avvocato generale ha sottolineato che, peraltro, né il sistema di filtraggio, destinato a essere applicato sistematicamente e in modo universale, permanente e perpetuo, né il meccanismo di blocco, che può essere attivato senza che sia prevista la possibilità per le persone che lo subiscono di contestarlo o di opporvisi, sono corredati da sufficienti garanzie.

 

Di conseguenza, ha proposto alla Corte di giustizia di dichiarare che il diritto dell’Unione vieta ad un giudice nazionale di emanare, sulla base di una disposizione di legge belga, un provvedimento che ordini a un fornitore di accesso a Internet di predisporre, nei confronti della sua intera clientela, in abstracto e a titolo preventivo, esclusivamente a spese di tale fornitore e senza limitazioni nel tempo, un sistema di filtraggio di tutte le comunicazioni elettroniche che transitano per i suoi servizi (in particolare su rete peer-to-peer) per individuare la circolazione dei file elettronici contenenti un’opera musicale, cinematografica o audiovisiva sulla quale un terzo affermi di vantare diritti, e in seguito di bloccare il loro trasferimento, a livello della richiesta o in occasione dell’invio.

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