Italia
Un emendamento al Decreto legge omnibus per chiedere un maggiore indennizzo alle Tv locali per l’esproprio delle frequenze da 790 a 862 MHz (canali UHF 61-69) a favore della banda larga mobile.
Lo hanno presentato i senatori del Pd Vincenzo Vita, Giovanni Legnini e Roberta Pinotti chiedendo di apportare delle modifiche all’articolo 1, comma 9, della legge 220 del 13 dicembre 2010, che fissa al 10% la parte dei ricavi previsti dall’asta, cioè 2,4 miliardi, che andrà a favore delle emittenti locali a titolo di risarcimento per l’esproprio delle risorse frequenziali. I senatori hanno chiesto di alzare la soglia al 30%. Se questa modifica venisse accolta alle Tv locali non andrebbero più i 240 milioni previsti dal governo ma un minimo di 720 milioni di euro.
Il decreto legge omnibus approderà in Aula al Senato nel pomeriggio di lunedì 18 aprile e il voto finale dell’Assemblea si svolgerà entro la notte del 20 aprile.
Una proposta che accoglie la posizione di Aeranti-Corallo e Frt che continuano a chiedere a gran voce un equo rimborso, spiegando che i 240 milioni previsti dal governo non sono da ritenersi in alcun modo sufficienti perché non andrebbero a coprire le spese compiute dalle Tv locali per effettuare il passaggio al digitale terrestre (Leggi Articolo).
Tenendo conto che le emittenti sono circa 200, alla fine si tratterebbe di circa 1-1,5 milioni di euro a fronte della spesa di 5-6 milioni di euro sostenuta per lo switch-off.
Le emittenti locali hanno anche minacciato il ricorso al TAR Lazio se il governo non dovesse rivedere la propria posizione. Questo nei fatti bloccherebbe l’asta.
Ieri inoltre i relatori Paolo Tancredi e Franco Asciutti (entrambi Pdl) hanno presentato cinque emendamenti. Quattro di questi puntano a modificare il decreto legge nella parte in cui detta la nuova disciplina di assegnazione delle frequenze radiotelevisive: la proposta dei relatori mira a rendere più strette le maglie per i soggetti legittimamente abilitati alla trasmissione radiotelevisiva in ambito locale. L’obiettivo, ha spiegato Tancredi, è quello di “tutelare la pubblica amministrazione da eventuali ricorsi successivi” all’assegnazione dei diritti d’uso relativi alle frequenze.
Se le frequenze non verranno liberate spontaneamente dalle Tv locali, difficilmente si farà la banda larga di quarta generazione (LTE). Lo sanno bene le telcos.
Il governo ora dovrà decidere se accettare questo compromesso o se andare allo scontro.
Ieri in Commissione Lavori pubblici del Senato, Paolo Bertoluzzo, amministratore delegato di Vodafone, ha detto che l’azienda è “assolutamente interessata” a partecipare all’asta “anche se le frequenze non fossero già disponibili: certo, se fosse così, ci sarebbe un fattore di rischio e questo abbatte il valore”.
Bertoluzzo ha spiegato che “Gli amministratori delle società fanno una valutazione dei ricavi che si attendono dalla rete, poi lo scontano, e quindi si fanno un’idea di quanto possono spendere: se non c’è certezza della rete, che consente di dire quando si avvia l’uso, bisogna aggiungere un fattore di rischio che fa diminuire il valore” dell’offerta.
Bertoluzzo ha detto anche “di non avere ancora un’idea di quanto possano valere perché mancano ancora i dettagli e i criteri di gara”.