Stati Uniti
La procura del New Jersey ha avviato un’indagine per far luce sulle presunte violazioni della privacy condotte per mezzo delle applicazioni degli smartphone Android e iPhone.
Lo ha rivelato la società Pandora – proprietaria di un servizio musicale in streaming – che ha reso noto di aver ricevuto un mandato di comparizione in relazione alla vicenda, che coinvolgerebbe diverse società attive nel mercato delle applicazioni mobili.
Le indagini intendono appurare se i produttori di applicazioni mobili fornissero agli utenti informazioni complete sui dati raccolti e sul perchè fosse necessario collezionare informazioni quali l’indirizzo ID (l’identificativo del telefonino), la posizione geografica del dispositivo o dati sull’età e altri dettagli personali.
Raccogliere tali informazioni senza darne informazione ai proprietari o senza autorizzazione potrebbe violare infatti la legge sulle frodi informatiche (Computer Fraud and Abuse Act) che si riferisce alle violazioni compiute sui Pc, ma potrebbe essere applicata, in questo caso, anche agli smartphone.
Il caso è stato sollevato dal Wall Street Journal, che già aveva smascherato le aziende produttrici di giochi per i social network (leggi articolo), puntando il dito contro la loro abitudine di passare le informazioni degli utenti a società di marketing, a pagamento ovviamente: i telefonini intelligenti, sottolineava il quotidiano newyorkese,non sono certamente i migliori custodi delle nostre informazioni. Dati, tra l’altro, estremamente dettagliati sulle abitudini, l’età, il sesso, la posizione, i riferimenti bancari, i numeri di telefono degli amici.
Esaminando 101 tra le apps più popolari -giochi e altre applicazioni per gli iPhone e i dispositivi Android – il WSJ ha scoperto che 56 di queste trasmettono l’indirizzo ID (l’identificativo del telefonino) ad altre società senza il consenso degli utenti. Quarantasette, invece, hanno trasmesso via GPS la posizione geografica del dispositivo e 5 hanno inviato ad aziende terze informazioni sull’età e altri dettagli personali.
Le app di Pandora – sia quella per Android che quella per iPhone – hanno trasmesso a varie società di advertising i dati ID e sul genere, la posizione e l’età degli utenti, così come l’applicazione MySpace per Android. Allo stesso modo, il gioco Paper Toss ha inviato il numero ID ad almeno 5 aziende di pubblicità, mentre l’applicazione di incontri omosessuali Grindr le ha trasmesse a 3 società.
A Google e Apple, che gestiscono gli store digitali che offrono le app agli utenti di iPhone, iPad e altri dispositivi motorizzati Android, è stato chiesto di fornire informazioni sulle applicazioni e i loro produttori.
Secondo gli esperti in materie legali, l’indagine è di importanza significativa poiché tratta di addebiti penali che potrebbero essere applicati, per la prima volta, a diverse compagnie. Potrebbero tuttavia volerci dei mesi per appurare eventuali oneri e, dal momento che difficilmente le aziende finiscono per essere accusate di un crimine, l’indagine potrebbe sfociare in una causa civile. Secondo il docente di legge Orin S. Kerr della George Washington University, le aziende nel mirino del governo spesso raggiungono accordi per evitare di essere perseguite penalmente, in cambio di concessioni, anche economiche, o della promessa di evitare ulteriori abusi. I produttori, tuttavia, potrebbero finire sotto indagine da parte della Federal Trade Commission per pratiche sleali e ingannevoli.
La scorsa settimana, Google ha raggiunto un accordo con la FTC sul servizio Google Buzz, al centro di molte polemiche per la scarsa tutela della privacy: in base all’intesa raggiunta con l’Antitrust, Google si impegna ad adottare un ampio e rigido programma per migliorare la tutela dei dati sensibili dei propri utenti, che verrà sottoposto a controlli esterni ogni due anni per i prossimi 20 anni.
Neanche ha fatto in tempo a chiudere questa pratica, che subito però la FTC ne ha aperto un’altra, relativa all’acquisizione, da parte di Google, di ITA Software, società specializzata nella vendita di biglietti aerei online: l’operazione da 700 milioni di dollari deve ancora ricevere l’Ok delle autorità Usa ma da subito ha scatenato molte polemiche – anche Microsoft, dopo diverse altre società, ha chiesto al Dipartimento di Giustizia di bloccarla – per le possibili ripercussioni sul mercato della ricerca online, già stradominato dal gruppo di Mountain View. La FTC non ha ancora ufficializzato l’apertura della nuova indagine, in attesa del pronunciamento del DoJ, mentre Google è impegnata a difendersi anche in Europa, dove la Commissione europea sta indagando su presunte pratiche anticompetitive nel settore della ricerca e della pubblicità online (leggi articolo).