Italia
Sembra sia finalmente giunto a conclusione il rimpallo delle responsabilità tra la Rai ed il Ministero dello Sviluppo Economico, sul problema della firma del Contratto di servizio 2010/2012.
Il varo definitivo del documento, che spetta al Ministro Paolo Romani, avviene con un ritardo di quindici mesi sul previsto. Il nuovo, ma probabilmente già vecchio, contratto durerà in pratica soltanto un anno e nove mesi. Ma c’è già chi si domanda, come l’Associazione dei telespettatori cattolici (AIART), a cosa serva questo periodico e combattuto rituale, se poi la Rai “non applica il contratto e le violazioni sono all’ordine del giorno”.
In effetti, la storia ci dice che le inadempienze della concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo, sono costate ai cittadini/abbonati parecchi euro di sanzioni comminate dall’Autorità vigilante. Ed anche questo eccessivo ritardo nel sottoscrivere l’ultimo rinnovo è finito più volte nel mirino dell’AGCOM che, però, finora, non ha mostrato l’autorevolezza che l’opinione pubblica si aspettava.
Ma perché mai è necessario ogni tre anni rinnovare un “Contratto di servizio”, che non viene quasi mai rispettato dalla concessionaria, anche perché la sua breve durata – di solito biennale per effetto delle sistematiche tardive approvazioni – non permette di avviare e portare a compimento alcun serio progetto di miglioramento della qualità dell’offerta?
Non sarebbe più semplice e trasparente che la Rai si dotasse, una volta per tutte, di una Carta del Servizio Pubblico Radioteleviso che potrebbe valere per tutti gli anni a venire, salvo piccoli ritocchi che si rendessero necessari per effetto degli sviluppi tecnologici?
Basterebbe, infatti, garantire una volta per tutte all’utente/abbonato, l’osservanza di quei principi che sono alla base di tutte le carte di servizio – eguaglianza, imparzialità, continuità, partecipazione, efficienza ed efficacia, cortesia, chiarezza e comprensibilità dei messaggi, sicurezza e rispetto dell’ambiente e della salute, privacy – nonché prevedere tutta una serie di indicatori e standard di qualità del servizio offerto, sia dal punto di vista tecnico che contenutistico.
I risultati conseguiti ed il rispetto degli standard dovrebbero, poi, essere pubblicati in un rapporto semestrale sulla qualità del servizio e quindi valutati da un comitato di esperti completamente indipendente dall’azienda o, almeno, veramente “paritetico” e cioè non costituito esclusivamente da membri aziendali e ministeriali.
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