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Nonostante il crescente successo degli smartphone, la pubblicità mobile stenta a decollare. Le cose sono però destinate a cambiare, almeno stando alle previsioni di Google, secondo cui il mobile advertising sta per decollare.
Nel corso della Digital Media conference organizzata dal Financial Times, Matt Brittin, managing director di Google Uk e Ireland, ha affermato che nei prossimi tre anni il mercato della pubblicità destinata ai dispositivi mobili sarà trainato dall’adozione delle tecnologie mobili nei paesi emergenti, dove il cellulare rappresenta spesso il primo e unico strumento per accedere a internet, alla luce della cronica mancanza, in queste aree, di reti di telefonia fissa.
A supporto delle sue tesi, Brittin ha snocciolato un po’ di dati interessanti: un miliardo di persone già accede a internet da un dispositivo mobile; Google sta generando revenues mobili di circa un miliardo di dollari e eBay prevede che entro il 2014 il 40% degli acquisti sulla piattaforma sarà effettuato dal cellulare.
Secondo gli ultimi dati di ABI Research, circa un terzo dei possessori di smartphone ha cliccato almeno una volta su un link pubblicitario, per lo più di display ads, con un più 2,5% nel primo semestre del 2010 e per un valore complessivo di 1,5 miliardi di dollari.
“Abbiamo ormai lasciato la fase cosiddetta pioneristica del mobile advertising per entrare ufficialmente in quella più interessante della crescita – ha affermato l’analista ABI Neil Strother – sappiamo, ad esempio, che il 20% almeno delle più grandi aziende sul mercato hanno attuato dei piani di mobile marketing e che un’alta percentuale di questi utilizza tale strumento regolarmente, spendendo 100mila dollari a campagna pubblicitaria e fino a diversi milioni in un anno”.
“Quello che è cambiato, è la scala”, ha affermato ancora Brittin, la cui convinzione, tuttavia, non è stata condivisa da tutti i partecipanti alla conferenza.
William Eccleshare, amministratore delegato di Clear Channel International, si è detto scettico sulle potenzialità della pubblicità sui cellulari, “che potrebbe interrompere i consumatori quando non vogliono essere interrotti”. Si è detto più volte, infatti, che a differenza dei Pc, i telefonini sono strumenti molto ‘personali’ e che gli utenti mal sopportano intromissioni pubblicitarie sul loro beneamato gadget.
Secondo Jeff Levick, presidente della divisione global advertising and strategy di AOL, il mobile advertising non decollerà fino a quando le velocità delle reti mobili non eguaglieranno quelle dei Pc, e anche allora, ci sarà bisogno di qualche aggiustamento.
“La costruzione del brand su internet è ancora in una fase preliminare”, ha detto Levick, sottolineando che “nel business del display advertising c’è stato un incredibile mancanza di innovazione, con format ideati 10 anni fa da tecnici della Silicon Valley non da esperti del campo dei media”.
Riguardo invece le prospettive sul social media advertising, Brittin si è dimostrato un po’ più cauto, rendendo ancor più evidente la crescente rivalità tra Google e Facebook: è difficile, secondo il manager “trovare il punto in cui un marchio ha il diritto di interagire” con gli utenti dei social network.
“Ci sono troppe implicazioni per la privacy – ha aggiunto – noi non sappiamo niente di nessuno, Facebook conosce un sacco di cose su un sacco di gente”.
Accaparrarsi il permesso di usare quelle informazioni rappresenta “la vera sfida, non solo per loro ma per chiunque voglia monetizzare i social media”, ha concluso Brittin.