Italia
La Commissione Ue è ancora in attesa che le autorità italiane notifichino a Bruxelles il bando di gara per l’assegnazione delle frequenze, visto che il ministero ha ormai ricevuto il parere del Consiglio di Stato che, sul principio di reciprocità tra Stati in materia di radiodiffusione Tv, ha stabilito che in base alle norme Ue, alle leggi italiane e alle delibere Agcom non sono proponibili ostacoli a società stabilite in Italia.
Più precisamente, secondo il parere del Consiglio, i criteri definiti dall’Agcom per l’assegnazione dei diritti delle frequenze, che consentono la partecipazione di Sky Italia, sono giustificati dal diritto nazionale e comunitario e che un intervento restrittivo del Ministero lederebbe “il principio di separazione fra politica e tecnica“. “A ben vedere si tratterebbe di un intervento manipolativo delle condizioni che solo l’Agcom può stabilire”.
E ancora, il Consiglio dice che “Il principio di reciprocità è incompatibile con il diritto comunitario, che vieta ogni discriminazione basata sulla nazionalità e si fonda sulle libertà di circolazione delle persone e dei capitali, sulla libertà di stabilimento e su quella di prestazione dei servizi”.
“In questa chiave le imprese comunitarie, che possono essere anche imprese straniere che, mediante l’esercizio del diritto di stabilimento, si sono radicate nel territorio europeo, non possono essere considerate persone giuridiche straniere”.
E’ sempre stato chiaro che il riferimento del ministero al Consiglio di Stato era volto a escludere Sky Italia, controllata dell’americana News Corp, dal beauty contest, dopo che la Ue aveva concesso all’operatore di partecipare alla gara (ma solo peri canali in chiaro) e concorrere per il lotto di tre multiplex riservati ai nuovi entranti. Rai, Mediaset e TI Media, già presenti sul digitale, potranno invece gareggiare per le altre due reti.
Il ministro Paolo Romani aveva però sempre precisato che non c’era stato alcun ricorso dell’Italia contro la piattaforma satellitare, “ma la verifica sulla compatibilità di Sky con il mercato italiano”. Una scelta motivata, aveva commentato, dalla “delicatezza della questione e dalla sua complessità tecnico giuridica”.
Ma ancora il ministero non ha inviato a Bruxelles il disciplinare di gara e una fonte dell’esecutivo europeo ha ribadito che, dopo la decisione del Consiglio di Stato che di fatto ha confermato la possibilità per la tv satellitare Sky di entrare nel digitale terrestre, “la nostra linea non cambia“.
“Continueremo a seguire da vicino la vicenda – ha sottolineato – in attesa che il governo italiano adotti e ci notifichi il bando di gara“. Solo allora il dossier che giace sul tavolo del commissario Ue alla concorrenza, Joaquin Almunia, potrà essere definitivamente chiuso.
Non appena dovesse avverarsi la possibilità di disporre di un proprio multiplex, Sky ripartirà da Cielo, il punto di partenza della strategia di Rupert Murdoch per l’Italia. Si tratta di un canale multipiattaforma distribuito su satellite ma anche su digitale terrestre grazie al multiplex del gruppo L’Espresso.
L’azienda in una nota sottolinea che la partecipazione al beauty contest giova al mercato “in quanto garantisce una maggiore apertura e concorrenza“. Tom Mockridge, amministratore delegato della pay-Tv, ha dichiarato che “Sky Italia continuerà a investire in Italia e a dare il suo contributo per far crescere il settore televisivo di questo paese. Un investimento che secondo un recente studio ha generato oltre 22.500 posti di lavoro tra dipendenti, collaboratori diretti e indotto e che ha trainato la crescita dell’intero comparto”.
Mockridge ha aggiunto “Certo stupisce che proprio chi dovrebbe perseguire l’obiettivo di sostenere e agevolare questa crescita, ovvero il ministero dello Sviluppo Economico, invece di incentivare investimenti come quelli fatti da Sky Italia, sembri più interessato a ricercare con insistenza soluzioni che vanno nella direzione opposta, proponendo barriere e vincoli nei confronti di chi ha scelto di rischiare i propri capitali in imprese italiane. Barriere e vincoli che – oltre a essere difficili da giustificare sul piano dell’opportunità, soprattutto in una fase economica complessa come quella che sta vivendo l’Italia – non sono neanche compatibili con i principi della concorrenza e con le regole europee”.