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Agcom e diritto d’autore: come continuare ad approcciare un evidente fenomeno di market failure con strumenti di enforcement inefficaci e invasivi di altri diritti fondamentali

Italia


Ho letto con interesse su queste pagine il bell’articolo a firma Giulia Arangüena De La Paz (Leggi Articolo) che descrive con dovizia di particolari la posizione di FIMI e Confindustria Cultura Italia circa le proposte avanzate da Agcom nel documento di consultazione in tema di diritto d’autore sulle reti di comunicazione elettronica.

Mi sembra di capire che, in sostanza, FIMI e Cultura Italia appoggino la proposta Agcom solo limitatamente alla parte che hanno fortemente voluto se non addirittura scritto, inerente l’instaurazione di un procedimento sommario di enforcement ad opera dell’Autorità. Per quanto invece riguarda le misure previste dal documento di consulatazione concernenti la promozione del mercato legale, l’eliminazione delle barriere di natura contrattuale che ne rallentano lo sviluppo e la riduzione delle windows, si dicono contrarie perché sarebbero intrusive della loro libertà imprenditoriale. Infine, al contrario, per quanto riguarda l’interoperabilità e l’abbattimento dei walled garden dicono che l’Agcom sarebbe addirittura troppo blanda. Sono d’accordo ovviamente solo su quest’ultimo punto ma, al contempo, mi corre l’obbligo di sottolineare come risulti sempre troppo facile fare gli amanti della concorrenza con il mercato degli altri e questo appare addirittura stucchevole quando si è iperprotettivi del proprio mercato e delle relative posizioni di rendita.

 

Il fatto è che, per non riconoscere e affrontare seriamente un tipico fenomeno di market failure prodotto dall’avvento di Internet e del digitale nell’industria dell’audiovisivo, da più di dieci anni a questa parte continuiamo a raccontarci che il solo problema della distribuzione dei contenuti online è costituito dalla pirateria e così, all’insegna della sconfitta del mercato ma anche del diritto, abbiamo assistito ad un vero e proprio abuso della proprietà intellettuale. Questo abuso si è manifestato, da una parte, nel forzoso mantenimento in vita di modelli di gestione collettiva dei diritti d’autore su base nazionale in quanto tali, oltre che antieconomici, apertamente lesivi dei principi del mercato interno e della concorrenza dell’Unione europea, dall’altra in forme eccessive di enforcement, invasive di altri diritti fondamentali, come la libertà di manifestazione del pensiero, il giusto processo, la privacy e l’accesso alla cultura e all’informazione.

Quello di cui stiamo discutendo è un comportamento noto, studiato prima ancora che in economia in sociologia e in atropologia e adottato da sempre nel campo militare: per serrare le fila del proprio esercito e motivare le truppe conviene e risulta più efficace creare un nemico esterno anche se, come nel caso di specie, il nemico esterno, la cosiddetta pirateria, è nato e si è poi diffuso ampiamente a causa  dell’inefficacia e l’intempestività con le quali l’industria dell’audiovisio ha inteso ristrutturarsi a seguito del mutato scenario tecnologico.

 

La proposta avanzata tramite l’Autorità, nella parte in cui intende istituire un procedimento sommario a tutela del diritto d’autore non può che considerarsi in tale solco di continuità. Perseverare però, in questo caso, appare doppiamente diabolico, è infatti un vero peccato che nel momento in cui, almeno per quanto concerne il segmento della muisica, si stanno finalmente cominciando a sperimentare nuove forme di distribuzione digitale e business models innovativi intesi a soddisfare le esigenze e la domanda forte del consumatore digitale, il formidabile tiro di fuoco della lobby delle major, rispondendo a un richiamo quasi ancestrale, continui a concentrarsi e venga di nuovo dispiegato a chiedere solo enforcement, enforcement ed ancora enforcement quando è, al contrario, di tutta evidenza che un fallimento di mercato non si può che risolvere con strumenti di mercato. Si tratta di lobbisti dalla vista corta che oltre a produrre danni per quanto riguarda lo sviluppo del mercato in generale rischiano, nel medio termine, di lavorare inconsapevolmnete contro gli interessi stessi dei loro mandanti.

Invece di continuare a violentare in tal modo il povero diritto d’autore con conseguenze deleterie su  tutto il nostro Ordinamento giuridico vi era la possibilità questa volta, offerta seppur timidamente dall’Agcom, di concentrarsi, nell’interesse sia delle imprese che dei consumatori, su strumenti utili a rendere il mercato più efficiente ma occorre prendere atto che l’eliminazione delle barriere di natura contrattuale, la riduzione delle windows, così come le licenze collettive estese non sono tra le priorità dell’industria dell’audiovisivo.

 

Il diritto d’autore dovrebbe essere regolamentato in modo da garantire che anche nella sfera digitale ci sia il giusto equilibrio tra i diversi interessi, altrimenti da strumento di promozione della creatività e di nuovi contenuti esso diverrà un sistema di controllo e censura pervasivo. Se approvato definitivamente il procedimento delineato nella Delibera 668/2010 rischierà di introdurre meccanismi che consentiranno all’Autorità di impedire – in modo automatico e prescindendo da qualsiasi requisito di colpevolezza accertato dell’autorità giudiziaria –  l’accesso ai siti posti fuori dal territorio italiano e di rimuovere contenuti sospettati di violare il diritto d’autore. In pratica, gli utenti potrebbero vedersi sbarrato l’acceso a siti, blog, testate online o altre fonti informative che siano sospettate di aver violato la legge sul diritto d’autore.

 

Per questi motivi Adiconsum, Agorà Digitale, Altroconsumo, Assonet e Assoprovider con un apposito appello congiunto, al quale è possibile aderire presso questo sito www.sitononraggiungibile.it, prima ancora che sottoporre le loro risposte formali all’Agcom hanno ritenuto opportuno rivolgersi all’opinione pubblica, ivi inclusi i parlamentari, chiedendo una moratoria. Appare, infatti, discutibile che l’Agcom si possa spingere a regolamentare direttamente ambiti che la Costituzione affida al potere legislativo e al potere giudiziario e che negli altri Paesi dell’Unione europea sono stati oggetto di lunghe discussioni parlamentari.

Il procedimento sommario ipotizzato dall’Autorità pretermette peraltro completamente il consumatore sebbene questo sia necessariamente parte in causa soprattutto per quanto concerne le ipotesi di lesione nelle piattaforme di user generated contents. Si consideri, infatti, che la proposta Agcom prevede che i titolari dei diritti possano inviare un avviso di violazione del copyright al gestore del sito o al fornitore del servizio di media audiovisivo e che quest’ultimo, se la richiesta appare fondata, deve rimuovere il contenuto entro il termine di 48 ore dalla ricezione della richiesta, eventualmente contattando e non obbligatoriamente il soggetto che ha caricato il video. Di tal che i provider, visti anche i tempi ristretti a disposizione, si guarderanno bene dal comunicare la contestazione all’utente, al contrario, molto più facilmente introdurranno clausole blindate nei contratti che consentiranno loro, anche in forza della delibera, di esonerarsi da responsabilità e risolvere il contratto con gli utenti che abbiano ipoteticamente leso il diritto d’autore altrui. Quale risultato, il consumatore non potrà fare valere i suoi diritti nell’ambito del successivo sommario contraddittorio che si svolegerà presso l’Autorità e avrà termine in 5 giorni.

 

Tale lacuna, oltre a discostare notevolmente la procedura ipotizzata dal notice and takedown statunitense al quale l’Agcom dichiara di ispirarsi, risulta ledere gravemente il fondamentale diritto di difesa e contraddittorio dell’utente ponendola in evidente conflitto con l’art 1 pragrafo 3 bis della direttiva 2009/140/CE del 25 novembre 2009 che recita come segue:

“I provvedimenti adottati dagli Stati membri riguardanti l’accesso o l’uso di servizi e applicazioni attraverso reti di comunicazione elettronica, da parte degli utenti finali, devono rispettare i diritti e le libertà fondamentali delle persone fisiche, garantiti dalla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e dai principi generali del diritto comunitario. Qualunque provvedimento di questo tipo riguardante l’accesso o l’uso di servizi e applicazioni attraverso reti di comunicazione elettronica, da parte degli utenti finali, che ostacolasse tali diritti o libertà fondamentali può essere imposto soltanto se appropriato, proporzionato e necessario nel contesto di una società democratica e la sua attuazione dev’essere oggetto di adeguate garanzie procedurali conformemente alla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e ai principi generali del diritto comunitario, inclusi un’efficace tutela giurisdizionale e un giusto processo. Tali provvedimenti possono di conseguenza essere adottati soltanto nel rispetto del principio della presunzione d’innocenza e del diritto alla privacy. Dev’essere garantita una procedura preliminare equa ed imparziale, compresi il diritto della persona o delle persone interessate di essere ascoltate, fatta salva la necessità di presupposti e regimi procedurali appropriati in casi di urgenza debitamente accertata conformemente alla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Dev’essere garantito il diritto ad un controllo giurisdizionale efficace e tempestivo.”

 

A questa direttiva, che fa parte del c.d. Telecoms Package, l’Italia dovrà dare attuazione entro il 25 maggio 2011, ecco un altro motivo per il quale la sede naturale per ogni decisione in materia deve tornare il Parlamento, a meno che non si voglia ancora una volta fare approdare le nostre assurdità nazionali in sede comunitaria con un probabile procedimento di infrazione.

 

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