Italia
Cosa manca all’Italia per crescere? Una strategia digitale. Ce l’hanno tutti i Paesi del mondo. È quanto è stato ripetutamente affermato nel corso dell’evento “L’Italia riparte da Internet e dalla tecnologia?“, tenutosi questa mattina al museo Macro, nel corso della Social Media Week di Roma, davanti a una platea di un centinaio di persone.
La prima parte della mattinata è stata dedicata all’appello “Un’Agenda digitale per l’Italia“, lanciato nei giorni scorsi. Dopo una breve introduzione del moderatore Peter Kruger, il compito di spiegare le motivazioni che stanno dietro all’appello è toccato al noto blogger Stefano Quintarelli. “Il XIX secolo… – ha detto Quintarelli, riportando alcuni passi dell’appello – è stato caratterizzato dalle macchine a vapore, il XX secolo dall’elettricità. Il XXI secolo è il secolo digitale. “Rinunciare al digitale oggi sarebbe come rinunciare all’elettricità nel XX secolo“.
Il relatore ha spiegato che l’idea dell’appello è partita da un gruppo di amici, poi si è allargata fino a costituire “un movimento di opinione fatto dal basso“.
A oggi, le adesioni sono circa 11mila. Per la verità non molte, a una settimana di distanza dal lancio, e in Paese che conta 18 milioni di utenti Facebook, con 12 milioni di navigatori al giorno, di cui 4 da mobile.
L’appello non fa delle proposte, ma, come è stato più volte ripetuto, delega alla politica il compito di farle. Compito che la politica, peraltro, già ha. “Ci rivolgiamo a tutte le forze politiche, nessuna esclusa, – ha continuato il relatore – sollecitando il loro impegno a porre concretamente questo tema al centro del dibattito politico nazionale“.
Alla politica si chiede, entro 100 giorni, la redazione di proposte organiche per un’agenda digitale per l’Italia, coinvolgendo le rappresentanze economiche e sociali, i consumatori, le università e coloro che, in questo Paese, operano in prima linea su questo tema.
Secondo i promotori dell’appello, affrontare con incisività il ritardo del Paese, eliminare i digital divide, sviluppare la cultura digitale con l’obiettivo di conquistare la leadership nello sviluppo ed applicazione delle potenzialità di Internet e delle tecnologie, costituisce la principale opportunità di sviluppo, con benefici economici e sociali per tutta l’Italia. “Se non lo facciamo in fretta e con incisività – ha concluso il relatore – credo che non avremo nulla di buono“.
Il nostro Paese, ha sostenuto, da parte sua Juan Carlos De Martin, uno dei rappresentanti di Creative Commons Italia e tra i promotori dell’appello, è sottoposto a competizione globale, ma a differenza di altri vicini in Europa o di altre potenze industriali, si trova ad affrontare tutta una serie di ritardi e difficoltà. Quello che dovremmo fare, secondo de Martin, specie considerando che il nostro non è un Paese ricco di materie prime, è “puntare sull’economia della conoscenza“. Proprio per questa ragione è fondamentale, secondo il relatore, avere un’agenda digitale. “È questa la considerazione di partenza che mi ha motivato a promuovere l’appello“. Una strategia digitale non si può improvvisare, ma ha bisogno di essere pianificata annualmente, per poter recuperare uno svantaggio strutturale evidente. Risulta perciò difficile, se si parla di anni, immaginare come si possa pianificarne l’architettura in 100 giorni. “C’è un conflitto d’interessi in Italia che non può essere nascosto“, ha esordito il giornalista Vittorio Zambardino, che ha anche insistito sui problemi strutturali del Paese: “Se nascesse Google in Italia, allora avrebbe problemi di connessione“; ancora, il giornalista ha affrontato il tema della libertà d’impresa e della particolare conformazione del settore IT che ruota tutto intorno alla spesa pubblica, con tutto ciò che ne deriva in termini di dinamiche distorte.
Oggi non ci sono tutte le condizioni perché il Paese possa diventare competitivo sotto tutti i punti di vista, secondo Layla Pavone, Presidente Onorario di Iab Italia, l’associazione internazionale dedicata allo sviluppo della comunicazione pubblicitaria interattiva. “Questa riflessione è stata la molla che ha fatto scattare in me l’idea di aderire all’appello“, ha spiegato questa mattina Pavone. “Ho aderito prima come persona, poi come azienda, poi come associazione che rappresento. La nostra è un’iniziativa super partes che forse ha avuto l’errore di partire con 100 sottoscrizioni, ma non è stato semplice. Non è l’iniziativa di intellettuali web 2.0, come alcuni l’hanno definita, ma è un ‘bottom up’ di un’idea molto pragmatica in cui dentro ci stanno tantissimi ragazzi”.
L’Italia ha un problema di produttività ormai strutturato da oltre 20 anni, secondo Oscar Giannino, giornalista ed economista. A questo si aggiunge una bassa qualità del capitale umano e un suo cattivo utilizzo. Inoltre, tra le criticità evidenziate dallo studioso, c’è anche l’eccesso di un sistema più ‘bancacentrico‘ di tutti gli altri Paesi avanzati. Occorre sommare a tutto ciò anche il problema del capitale fisico, delle infrastrutture, dei trasporti e della logistica, e il quadro è completo. “L’economia immateriale – ha detto Giannino – ha subito una caduta drastica negli ultimi sei anni“. Quello che Giannino suggerisce è di aprire il mondo delle imprese e delle piccole e medie imprese alla strategia digitale, perché ancora, purtroppo, “questo mondo rimane sconosciuta l’idea dell’incremento di margine che si può ottenere grazie al digitale“.
Un’altra lettura economica è stata quella tracciata da Francesco Sacco, dell’Università Bocconi, secondo il quale l’Italia è tra le prime dieci potenze economiche, ma si attesta solo al 48esimo posto per le infrastrutture. “Sono posizioni che non possiamo permetterci di risalire a una ad una, dobbiamo invece saltarle in blocco“. Per fare questo serve uno “scatto d’orgoglio che ci faccia recuperare il nostro tempo perso“. Un tempo perso soprattutto in termini di produttività: è questo indice che ci dà una chiave di lettura, più del Pil stesso. Sacco, nel suo intervento, ha toccato anche il tema della scarsa propensione all’imprenditorialità che si sta registrando nel Paese, e ancora quello della necessità di un’alfabetizzazione informatica. Infine, ha concluso con una nota polemica: “Non ho mai sentito i vertici di Confindustria parlare di bisogno di digitalizzazione, quindi quello che oggi ci troviamo davanti non è un problema solo politico“.
Ospiti del secondo panel, intitolato “È l’ora di una politica per lo sviluppo digitale” anche alcuni tra i rappresentanti della politica italiana: Luca Barbareschi, Paolo Gentiloni, Linda Lanzillotta, Roberto Rao e Angelo Falchetti; assente l’onorevole Mario Valducci.
L’onorevole Linda Lanzillotta, di Alleanza per l’Italia, ha parlato di bisogno di “un salto culturale“. Anche il “dato generazionale” incide sulla mancanza di sensibilità nei confronti del problema. Ben vengano, quindi, iniziative come questa dell’appello per l’agenda digitale: “Serve una mobilitazione della società civile“. Tuttavia, l’onorevole Lanzillotta, al termine del suo intervento, ha ribaltato la logica dell’appello, invertendo il ‘chi deve fare cosa’: “Propongo che venga avviata una campagna su obiettivi concreti, per superare interessi soggettivi e settoriali, direi che così andrebbe trasformata la campagna“. In sostanza la palla passerebbe così, dalla politica, di nuovo in mano alla cosiddetta società civile.
Le preoccupazioni nei confronti della politica “sono ampiamente giustificate“, secondo l’onorevole Paolo Gentiloni, della Commissione Trasporti, Poste e Telecomunicazioni della Camera dei Deputati. Quello che serve, tuttavia, non è solamente uno sforzo di classe (“la politica deve tirare fuori le idee e le proposte“), ma anche del “sistema Paese” nel suo complesso. Il Partito Democratico, ha aggiunto Gentiloni, “sta concludendo la produzione di un documento che sarà presentato probabilmente alla fine di questa settimana”. Questo è quanto, per il suo partito; ma in Parlamento, suggerisce l’ex ministro, “c’è una sottovalutazione micidiale su questi temi, una disattenzione che si estende anche alla classe dirigente del nostro Paese, a cominciare dai giornalisti generalisti“. Quello che propone Gentitloni è una proposta di legge da fare subito, “che io intitolerei ‘Misure urgenti per incrementare la domanda di servizi digitali’“.
Secondo l’onorevole Roberto Rao, anch’egli componente della Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, la politica dovrebbe “sintetizzare tutta una serie di proposte che giacciono sul tavolo, come i micro pagamenti, incentivi per l’utilizzo di tecnologie nelle scuole e così via, per arrivare a una proposta di legge bipartisan. Mostriamo, quindi, che non ci sono altri interessi dietro”. Davanti alla possibilità che si arrivi presto a votare, Rao ha evidenziato: “Anche in quel caso avremmo 100 giorni per metterci a lavorare sulla proposta di legge”.
Al tavolo dei relatori politici anche Angelo Falchetti, assessore all’Innovazione, Bilancio e Patrimonio della giunta di Renzi a Firenze, protagonista del progetto wi-fi gratuito, che ha puntualizzato: “Il compito della politica è già oggi quello di fare delle proposte, ogni giorno, e lo fa per migliorare la qualità della vita delle persone e contro l’impastoiamento di interessi di parte. Il problema in Italia non è solo quello del conflitto di interessi, ma è la complessità del sistema politico ed economico”. Infine un’amara conclusione su quanto detto prima del suo intervento: “Io non sono molto fiducioso nel pacchetto di idee del Governo”.
“Quello che intravedo ancora una volta, è la prospettiva di ritrovarci davanti a strategie industriali portate avanti dal Governo che già conosciamo e abbiamo visto in passato“, ha sottolineato l’onorevole Luca Barbareschi, della Commissione Trasporti e TLC. E cioè, un’assenza di regolamentazione e di modelli di business, un procedere ‘alla cieca’. Ciò è dovuto, a suo avviso, a un “analfabetismo totale di una vecchia classe dirigente“, ma anche al fatto che “la politica non esiste più, perché non si occupa più del Paese“. L’impulso al cambiamento, allora potrà venire dall’imprenditoria italiana e da Confindustria, a loro il compito di “pressare la politica“. Sull’appello per l’agenda digitale, Barbareschi ha aggiunto: “Chi sarebbe contro una proposta del genere? Solo un cretino. Eppure da qui a trasformare il fatturato politico in fatturato reale c’è di mezzo l’Oceano Atlantico“.
Passati i primi 10 dei 100 giorni previsti, il bilancio è di un appassionato confronto di idee e alcune migliaia di persone che hanno espresso il loro “like” su internet con la sottoscrizione che è stata aperta.
Resta da vedere cosa accadrà nei prossimi 90 giorni della campagna appena avviata.