Italia
In Italia ogni anno le famiglie che hanno figli a scuola spendono 700 milioni di euro per l’acquisto dei libri di testo. Una bella cifra, in contanti, naturalmente. Secondo una ricerca di McKinsey, fatto 100 l’importo speso dalle famiglie italiane per libri di testo, in Olanda si spende 82, in Spagna 67, in Francia 57, in Germania 22 e in Inghilterra 21. Un differenza vistosa e difficile da capire e giustificare.
Non solo. Garamond – casa editrice di Roma specializzata nelle tecnologie dell’istruzione e nella produzione di contenuti didattici digitali – evidenzia che il mercato dei libri di testo soffre di una progressiva concentrazione che vede quattro o cinque gruppi maggiori detenere quasi il 70% delle quote totali (i primi quattro gruppi editoriali – Rcs, Mondadori, Zanichelli, e Pearson Paravia – si dividono circa 100 milioni di euro ciascuna, all’anno, con quote stabili da 15 anni…), mentre negli anni settanta c’erano almeno dieci gruppi che si ripartivano non più del 50%. Cosa che ha indotto l’Agcom un paio di anni fa ad aprire un’istruttoria di verifica della fondata ipotesi di accordi “di cartello” fra i gruppi dominanti, a tutto discapito della competitività economica per i consumatori, ovvero le famiglie, che spendono centinaia di euro all’anno, per libri costosi e pesanti che sono di regola utilizzati al 30/50% o anche meno, e che l’anno successivo sono sempre più spesso fuori gioco per via delle cosiddette “nuove edizioni”, che hanno la funzione di renderli invendibili come usato.
Ma con il digitale, dice Garamond, tutto è già cambiato. Con internet e contenuti in formato elettronico, che sono già in larga misura utilizzati da milioni di studenti tutti i giorni per il loro studio a casa su Wikipedia, YouTube e molti altri social network, la tecnologia favorisce l’accesso a servizi condivisi, a contenuti aperti e a una molteplicità di materiali che rendono all’utente molto più economico ed efficace l’uso di contenuti in formato digitale, sotto forma di e-book, learning object o contenuti wiki.
Per questa ragione, proprio in questi giorni Garamond ha comunicato la sua uscita dall’Associazione Italiana Editori (AIE), struttura che raggruppa la gran parte delle case editrici scolastiche italiane e che rappresenta istituzionalmente gli interessi corporativi delle editrici scolastiche che tendono a perpetuare lo status quo, che rende bene in termini di ricavi, margini e sicurezza di investimenti, garantiti dal fatto di sapere in anticipo quante copie stampare ed avere certezza di continuità per almeno un triennio.
In particolare, nella lettera indirizzata al presidente dell’AIE Marco Paolillo, il direttore generale di Garamond, Agostino Quadrino, scrive: ” (…) Rilevo la totale difformità di posizione fra quanto espresso in varie sedi da AIE e quanto noi sosteniamo, a proposito delle trasformazioni in atto nel settore dei libri di testo scolastici introdotte dalle recenti normative ministeriali sui testi digitali, ma soprattutto dai cambiamenti effettivi di pratiche di studio e acquisizione di conoscenza da parte degli studenti dei nostri giorni, che chiedono contenuti digitali e di rete più che pesanti, rigidi e costosi testi a stampa”.
Garamond al contrario ritiene oramai maturo il tempo di configurare, in modalità del tutto innovative, l’offerta di contenuti didattici alla scuola italiana. Puntando decisamente non solo sul formato digitale (E-Book e Learning Object) ma proponendo l’abbandono del meccanismo del “libro di testo in adozione” a favore di nuove forme di fornitura di servizi alle scuole, basati sull’accesso a piattaforme web e contenuti condivisi, in una logica di accesso alle risorse multimediali immateriali e non più di acquisto di beni materiali, rigidi, pesanti e molto più costosi di un file o di una password.
Ha chiamato questa nuova forma di accesso ai contenuti “Social Learning” e lo proporrà alle scuole italiane a partire da quest’anno, in concomitanza con l’entrata in vigore di una recente normativa ministeriale che prescrive alle scuole di adottare esclusivamente “libri di testo“ in formato digitale.
In conclusione, nella lettera si legge che ” (…) non è Garamond che esce da AIE, ma AIE che esce dalla dinamica del cambiamento e dell’innovazione, preferendo il sicuro mantenimento dell’esistente al rischio che ogni trasformazione comporta“.
Aggiungendo che “il rischio effettivo più grave, secondo noi, è proprio l’immobilità, che potrebbe rivelarsi nel tempo medio controproducente per chi volesse continuare a fare l’editore anche nella scuola e nella società dei prossimi anni, quando tutti avranno lettori di e-book, iPod e iPad, tablet PC e connessione alla rete in mobilità e always on. E Garamond intende continuare a fare l’editore anche quando carta, inchiostro e magazzini saranno definitivamente soppiantati da reti, bit e formati digitali, ovvero da domani, se non già da oggi”.
La strategia editoriale di Garamond e le considerazioni sull’orizzonte generale, tecnologico, educativo e culturale che ne determina la linea, saranno illustrate in occasione della Fiera/Convegno “Ebook Lab Italia 2011” (Rimini 3-5 marzo).