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Tv. I sindacati contro il Piano Rai di Mauro Masi: ‘A rischio Raiway e il digitale’

Italia


Il Piano industriale del direttore generale Mauro Masi mette in pericolo i tempi e la realizzazione del digitale terrestre in Rai.

In una nota congiunta Slc Cgil, Uilcom Uil, Ugl Telecomunicazioni e Snater hanno dichiarato che “I lavoratori di Raiway che stanno garantendo, con alti standard qualitativi, il passaggio al digitale terrestre  temono per il futuro del servizio pubblico e di conseguenza per il loro posto di lavoro”.

I Sindacati hanno spiegato che “Il lavoro e la qualità del prodotto sono strettamente legati alla proprietà delle infrastrutture. Le torri, che secondo il piano industriale dovrebbero essere cedute sono lo strumento fondamentale per la diffusione del segnale e, negli ultimi anni, anche un importante elemento di business. Reputiamo le torri strumenti irrinunciabili per la funzione del servizio pubblico”.

Raiway, proseguono i sindacati, “è una delle poche società del Gruppo Rai ad aver chiuso l’anno 2009 in attivo e ad aver prodotto risparmio per milioni di euro grazie alla spinta e disponibilità dei dipendenti e dei sindacati a internalizzare attività rinunciando ad appalti onerosi. Per questo non solo è assolutamente incomprensibile la volontà di fare cassa con un tale patrimonio per poi dover affrontare un affitto pesantissimo, ma apre seri interrogativi sulla gestione amministrativa dell’azienda e sui controlli che su di essa devono esercitare gli organi competenti. Non da ultimo -ricordano i sindacati – il termine per la completa digitalizzazione del territorio nazionale, fissato per legge a dicembre 2012, è stato anticipato dal ministro Romani al 2011: tale operazione costa milioni di euro alla Rai”.

 

Le organizzazioni sindacali chiedono a Masi e al Cda, che “dal Piano industriale vengano stralciate le esternalizzazioni e le cessioni. Raiway può incrementare fortemente le entrate, proponendosi ai nuovi assegnatari delle frequenze digitali come operatore di rete“.

 

Intanto l’Aduc ha presentato una denuncia all’Antitrust chiedendo “Chi sta fregando la concorrenza sulle forme di pagamento del canone Rai?”.

Vincenzo Donvito, dell’Associazione per i diritti degli utenti e consumatori, ha rilevato in particolare che dallo scorso 31 marzo “le Poste sono impegnate, dopo accordo con l’Antitrust, ad inserire sui bollettini postali per il pagamento del cosiddetto canone Rai, anche le apposite caselle per l’indicazione del numero IBAN; in questo modo – si legge in una nota – la concorrenza sarebbe salva, perché l’utente non sarebbe obbligato a pagare l’imposta solo attraverso le Poste, al costo di euro 1,10 euro per il pagamento allo sportello (più il tempo per fare la fila) e a 1 euro per il pagamento sul conto postale online o 2 euro con carta di credito, che diventano 2% dell’importo quando si versano più di 100,00 euro”.

L’Aduc ha osservato in particolare che “il pagamento potrebbe essere effettuato anche attraverso la propria banca, alle condizioni del proprio rapporto che, spesso, prevede un certo numero di operazioni gratuite”.

Donvito s’è quindi chiesto “perché la Rai invia a case dei contribuenti il bollettino delle Poste, ma sulle caselle dell’Iban non si può scrivere nulla in quanto ci sono degli asterischi. Non solo, ma se si va sul sito della Rai, l’unico metodo di pagamento indicato è quello con bollettino postale“. Allora, concluso l’Associazione per i diritti degli utenti e consumatori, i casi sono due: “la Rai è inadempiente perché vuol vessare i contribuenti; la Rai ha fatto un accordo (ignoto anche all’Antitrust) con Poste italiane in barba alla legge”. L’Aduc ha investito l’Autorità della concorrenza perché indaghi su queste ipotesi.

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