Android a quota 300 mila smartphone al giorno: l’Os Google presto anche sui dispositivi Nokia?

di Alessandra Talarico |

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C’è l’Asia dietro il grande successo degli smartphone Android: le vendite di cellulari intelligenti basati sul sistema operativo made in Mountain View sono esplose da quest’estate, e pongono l’Os di Google decisamente davanti a quello Apple nella corsa al primato nel settore, ancora dominato dal Symbian Nokia. Il gruppo finlandese, tuttavia, potrebbe essere vicino alla svolta, col nuovo Ceo Stephen Elop pronto a giocarsi la carta Android.

 

Secondo i dati recentemente forniti da Andy Rubin, responsabile dello sviluppo di Android, ogni giorno vengono venduti 300 mila smartphone basati sul sistema operativo Google. Si tratta di cifre decisamente superiori alle stime rilasciate ad agosto dal Ceo Eric Schmidt, che prevedeva vendite nell’ordine delle 200 mila unità al giorno.

Se queste cifre dovessero trovare un riscontro ufficiale, significherebbe che Google potrebbe arrivare al traguardo di 10 milioni di smartphone al mese, ossia ben più dei 14,1 milioni di iPhone venduti da Apple nel suo quarto trimestre fiscale, il migliore di tutti i tempi per il gruppo di Cupertino, che ha segnato una progressione annuale del 91%. Android ha fatto anche meglio di RIM che nell’ultimo trimestre ha venduto 12,1 milioni di BlackBerry e pure si conferma come il dispositivo che riscuote il miglior gradimento presso gli utenti americani in termini di navigazione internet, con un audience del 34%, davanti a Apple (33%) e Android (24%), che però ha visto triplicare la sua influenza sul mercato rispetto allo scorso anno.

 
Dalla parte di Android il fatto che la piattaforma non è destinata solo agli smartphone (prodotti da una ventina di costruttori) ma anche ai tablet – uno fra tutti il Galaxy Tab della Samsung, che punta a vendere 1,5 milioni di unità da qui alla fine dell’anno – con la previsione di una nuova impennata nel 2011, quando dovrebbe arrivare Honeycomb, la versione di Android specificamente realizzata per i tablet.

Forte di questo successo, Google ha deciso di rilanciare il progetto Nexus: dopo il primo fallimentare tentativo rappresentato dal Nexus One prodotto da HTC, che ha venduto appena 100 mila esemplari, il gruppo ha deciso di riprovarci con un nuovo dispositivo prodotto, stavolta, dalla Samsung (si chiamerà, quindi, Nexus S) e monterà Android 2.3 (Gingerbread). Il nuovo Nexus debutterà negli Usa il 16 dicembre e in Gran Bretagna il 20, in attesa anche della  nuova ondata di tablet Android prevista per il 2011.

In prima fila per aggiungere i loro prodotti alla lista di tablet Android, produttori come Acer, Archos, Dell. Ma la vera sorpresa potrebbe giungere dalla finlandese Nokia che – vista la crisi di Symbian, che continua a perdere quote di mercato – potrebbe infine decidere di produrre alcuni dispositivi sotto Android.

Almeno è quello che Andy Rubin ha lasciato intendere nel corso della conferenza D: Dive Into Mobile di All Thing Digital: “La società – ha detto il manager Google – ha una nuova direzione che sta valutando molte alternative”.

 

Rubin ha anche affermato di credere che la futura crescita di Android sarà trainata da Paesi come l’India, il Brasile e l’Indonesia, grazie al continuo calo dei prezzi degli smartphone (Android è presente su diversi modelli di diverse fasce di prezzo) e alla realizzazione, in questi Paesi, di reti mobili avanzate.

“E’ tutto pronto per la tempesta perfetta”, ha detto Rubin che, citando ricerche indipendenti, ha anche sottolineato che la natura open source di Android ha contribuito al successo del sistema in Cina, dove pure Android – a causa dei problemi tra la società e il Governo – non può offrire i servizi di ricerca e posta elettronica della società.

Quel che più importa, comunque, è poter usufruire di questa vasta schiera di dispositivi per far arrivare ai clienti le offerte pubblicitarie attraverso un proprio canale piuttosto che appoggiarsi sugli smartphone della concorrenza. La passione per internet mobile – scoppiata negli Usa e in Europa, così come in Asia – farà il resto.

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