Unione Europea
Chi finanzierà Internet del Futuro? Questa domanda – al centro dell’edizione 2010 del Digiworld Summit di Idate – non sembra ancora aver trovato risposta, mentre si infiamma il confronto tra sostenitori e detrattori della net neutrality, con gli operatori telefonici sempre più convinti che i fornitori di contenuti web – come Facebook e Google – dovrebbero contribuire al finanziamento delle reti.
La questione è pressante: dopo decenni di crescita empirica, le prossime evoluzioni del mondo digitale richiedono investimenti consistenti, ma chi dovrà accollarseli? Soltanto gli operatori, che poi, però, non raccoglieranno che le briciole dei profitti generati dal traffico trasportato dai loro network?
Secondo Marc Latouche, direttore della divisione Internet Business Solution di Cisco, tra il 2009 e il 2014 il traffico IP “sarà moltiplicato per 4” e i video rappresenteranno più del 90% dei contenuti scambiati. A produrre questo traffico, saranno soprattutto gli utenti, con le imprese che ne produrranno solo il 13%.
Riguardo, poi, la possibilità di accedere a internet dai cellulari, secondo Robindhra Mangtani, dell’Associazione GSM, anche la navigazione via smartphone quadruplicherà nei prossimi tre anni.
Di fronte a un tale boom, si presentano tre importanti problematiche: il bisogno di infrastrutture; il bisogno di importanti investimenti e la necessità di gestione, ossia: chi gestirà questo traffico? E soprattutto, chi pagherà l’aggiornamento delle reti?
Gli attori della catena continuano a rimpallarsi le responsabilità: secondo gli operatori telefonici – che hanno trovato un ‘complice’ nel ministro britannico della cultura Ed Vaizey (leggi articolo) – le web company dovrebbero contribuire agli investimenti e accettare il fatto che, se immettono in rete contributi molto voraci di banda (come ad esempio i video di YouTube) dovrebbero pagare un ‘pedaggio’ più alto.
Secondo Stephane Richard, Ceo di France Telecom, “Google ha un ritorno del 33% sui capitali investiti, Apple del 18%, mentre quello degli operatori è di circa il 10%”. Per questo, il patron dell’operatore storico transalpino si dice favorevole a “un sistema di tariffazione internet secondo cui i grandi produttori di traffico devono supportare i costi variabili delle reti in funzione dei volumi inviati”.
Sul fronte del mobile, inoltre, France Telecom denuncia la moltiplicazione delle barriere tra piattaforme di applicazioni, di servizi e di reti sociali che non sono interoperabili, contrariamente “ai principi di interoperabilità eretti dai padri fondatori del Gsm”.
A quelli che hanno l’impressione di pagare al posto di altri, Martin Rogard, fondatore del sito di condivisione video Dailymotion ha risposto che “sviluppare queste attività presuppone dei costi. Noi paghiamo caro per essere su Internet”, mentre il responsabile della divisione internet di Idate, Vincent Bonneau, ha ricordato che nella “catena di valore, pagano già tutti” e quindi non si dovrebbe gridare ‘al ladro’ ai fornitori di contenuti.
Bonneau ha tuttavia constatato che vi sono effettivamente degli squilibri: per esempio, la ricerca online, tipo quella Google, rappresenta il 2% del traffico e genera il 20% dei profitti, al contrario dei contenuti video, che faticano a trovare un modello di business redditizio.
Per tentare di ristabilire un equilibrio, sono state avanzate diverse proposte, basate principalmente sulla qualità del servizio come fattore discriminante. “Mentre oggi – ha spiegato – questo ruolo è delegato agli operatori, si tratterebbe piuttosto di far pagare i fornitori di contenuti attraverso dei CDN (Content Delivery Network) come Akamaï, che forniscono soluzioni di ottimizzazione delle reti”.
Un’altra pista, consiste nel far pagare gli uni e gli altri in funzione del traffico. “Contrariamente alle altre grandi infrastrutture pubbliche, Internet si è costruito soprattutto con fondi privati e resta un’impresa commerciale”, ha affermato Michel Combes, Ceo di Vodafone Europe.
Sulla necessità di consentire agli operatori telefonici di utilizzare sistemi di gestione del traffico per evitare una congestione dei dati, hanno discusso la settimana scorsa esperti di settore, associazioni dei consumatori e autorità di regolamentazione insieme a politici e funzionari dell’UE nel corso di un vertice su “internet aperto a tutti e neutralità della rete”.
Secondo la posizione della Ue, questi sistemi – già per altro usati da molti ISP, sono leciti e saranno sempre più necessari alla luce del costante aumento del numero di navigatori online, ma vanno usati con la massima trasparenza, per evitare pratiche sleali e anticompetitive che, come ha affermato Jean-Jacques Sahel di Skype “bloccano innovazione e possibilità di scelta”.
“I service provider dovrebbero informare chiaramente su eventuali blocchi dei servizi e dovrebbero dare una spiegazione, mentre le autorità di regolamentazione dovrebbero intervenire in presenza di un comportamento anticompetitivo degli operatori”, ha affermato l’europarlamentare britannico Malcolm Harbour, del gruppo dei Conservatori e Riformisti, a capo della commissione mercato interno e protezione dei consumatori.
Dall’incontro in ambito europeo, emerge infine il parere dell’europarlamentare dei verdi Jan Philipp Albrecht, secondo cui “Internet non è soltanto un mercato da regolamentare…Dovrebbero valere anche per la rete gli stessi principi in vigore nelle società democratiche. I provider si comportano adesso come se fossero dei veri e propri Stati… ma dov’è la loro democrazia?”.