Italia
Ieri, in quella che può esser definita una giornata campale per le tlc italiane – caratterizzata dalla firma del MoU tra 7 operatori e il Ministero dello Sviluppo economico e dalla visita del commissario Ue per l’Agenda Digitale Neelie Kroes – il ministro Paolo Romani ha incontrato anche il magnate egiziano Naguib Sawiris, patron di Orascom Telecom, con cui ha affrontato la questione della controllata italiana Wind.
Sawiris, che ha siglato un accordo per la cessione del 51% di Orascom Telecom e del 100% di Wind al gruppo Vimpelcom, ha ribadito il suo interesse per il nostro Paese, in cui continuerà a investire anche dopo la finalizzazione dell’accordo coi russi, ancora in fase di stallo a causa del contenzioso nato in Algeria sulla possibile nazionalizzazione di Djezzy, altra controllata dell’impero che fa capo al tycoon egiziano.
A Romani e al presidente Agcom Corrado Calabrò, Sawiris ha riferito dei “problemi dell’accordo con il socio russo” e ha confermato “il suo interesse per il mercato italiano e gli investimenti in Italia. Mi ha anche detto – ha aggiunto il ministro – che l’accordo è in via di definizione anche con altri partner”.
Si comincia intanto a delineare con maggiore chiarezza il percorso italiano verso l’NGN, con la sigla del memorandum d’intesa tra gli operatori impegnati nello sviluppo di una rete in fibra ottica che dovrebbe arrivare a coprire il 50% della popolazione italiana con un collegamento in fibra ottica entro il 2020. Per la realizzazione di un’infrastruttura ibrida, hanno calcolato gli operatori, occorre un investimento di 8,3 miliardi di euro, che permetterebbe di collegare 12,6 milioni di unità immobiliari dislocate in 3,1 milioni di edifici. Di queste, spiegano le tabelle a corredo del memorandum siglato ieri, 10 milioni sono edifici residenziali e 2,2 milioni uffici. Il montante sarebbe quindi così suddiviso: per l’infrastruttura primaria andranno spesi 1,2 miliardi, per quella secondaria 3,3 miliardi e per il collegamento degli edifici gli altri 3,7 miliardi di euro.
Il Piano – finalizzato alla realizzazione di cavidotti, fibre ottiche spente, collegamenti ottici verticali, permutatori ottici e collegamenti ottici per stazioni radio base in linea con il principio di sviluppo di una infrastruttura neutrale ed aperta – si realizzerà attraverso un veicolo societario che opererà secondo il principio di sussidiarietà per evitare la duplicazione delle infrastrutture e garantirà la gestione coordinata e unitaria degli investimenti mediante la cooperazione del Governo, delle Regioni, degli Enti locali, nonché degli Operatori con un intervento concentrato in aree definite in funzione di indici di natura socioeconomica e di densità abitativa, nonché delle infrastrutture esistenti.
Un altro tema che ieri è stato al centro del confronto con la Kroes è stato quello del dividendo digitale: secondo quanto ribadito dal commissario Ue, gli introiti dell’asta delle frequenze lasciate libere dal passaggio alla Tv digitale dovrebbero tornare, almeno in parte, al settore delle telecomunicazioni. In base a quanto affermato sempre ieri da Paolo Romani, però, il ministro dell’economia Giulio Tremonti avrebbe già incluso i proventi della vendita nel montante che andrà a finanziare la legge di Stabilità.
Dall’asta, secondo calcoli ancora ufficiosi, il Governo attende di incassare una cifra tra 2,2 e 2,5 miliardi di euro. Una cifra che – ha sottolineato ieri Stefano Parisi in rappresentanza di Fastweb – è “imponente, anche se serve a fronteggiare le necessità di finanza pubblica”. Secondo l’ex ad di Fastweb, la cifra giusta sarebbe 1,5 miliardi, con la garanzia, però, di adempiere a impegni vincolanti.
“Forse – ha aggiunto Parisi – sarebbe meglio fare il beauty contest: ci chiedano 1,5 miliardi e gli impegni vincolanti sugli investimenti, che generano sviluppo e occupazione”.