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Gli smartphone ci hanno reso più stupidi o più intelligenti? I nuovi cellulari ‘intelligenti’ che servono per navigare in internet, chattare, leggere la posta elettronica, scattare e condividere foto e video, di certo hanno cambiato il modo di rapportarsi a molti aspetti della vita quotidiana e lavorativa, ma il giudizio degli psicologi contrasta con quello degli utenti, che considerano questi strumenti ‘rivoluzionari’ per la loro capacità di permettere il compiere di più azioni contemporaneamente.
Secondo uno studio Microsoft, 9 ragazzi europei su 10 tendono a guardare la tivù e navigare su Internet allo stesso tempo ma, mentre gli esperti guardano con diffidenza proprio alla multifunzionalità, che non si sa bene che effetto abbia sul nostro cervello, secondo uno studio condotto in Francia da TNS, i possessori smartphone sono entusiasti delle possibilità che questo strumento ha aperto.
Il 52% degli utenti smartphone francesi ritengono infatti che il dispositivo abbia “cambiato il modo di vivere quotidiano in maniera importante” e il 66% pensa che la rivoluzione sia appena cominciata.
Una vita, insomma, suddivisa in prima e dopo l’acquisto dello smartphone: al 90% degli intervistati, il dispositivo “ha reso la vita più facile”, al 68% “più piacevole”, al 64% “più dinamica”.
Una ‘rivoluzione’ che investe soprattutto il modo di informarsi e di lavorare: per il 73% dei francesi possessori di smartphone, il dispositivo svolge un ruolo ‘importante’ nella maniera di tenersi aggiornati e informarsi, mentre sul piano professionale permette di aggiornare in tempo reale la lista contatti e l’agenda degli appuntamenti, ma anche di gestire la propria carriera, grazie agli alert e alle reti sociali.
Si è passati, insomma, da uno strumento di comunicazione a un motore di trasformazione delle imprese, da qualcosa di ‘attuale’ come può essere una telefonata, a un flusso continuo di informazioni e stimoli, che secondo gli esperti potrebbe però acuire il livello di stress e, in ultima analisi, rubare spazio alla memoria e alla creatività, privando il cervello delle fasi di ‘riposo’ necessarie per queste attività.
L’allarme, in realtà, era partito già nel 2008, quando Nick Carr nell’articolo “Google ci sta rendendo stupidi?”, sosteneva che Internet sta assorbendo buona parte delle capacità intellettuali di cui disponiamo.
Poco dopo la pubblicazione di questo articolo, quindi, un team di ricercatori guidato da Gary Small è giunto invece alla conclusione contraria: “la ricerca su internet – sostiene Small – innesta una complicata attività cerebrale che può contribuire a tenere in esercizio e a migliorare le performance cognitive, con potenziali benefici per le persone di mezza età e gli anziani”.
Con il passare degli anni, spiegano gli studiosi autori dello studio pubblicato sull’American Journal of Geriatric Psychiatry, si verificano diversi mutamenti funzionali e strutturali – atrofia, riduzione dell’attività cellulare, grovigli neurofibrillari – che hanno un impatto diretto sulle funzioni cognitive. In poche parole, il cervello inizia a perdere colpi. Si sa anche che alcune attività che tengono la mente impegnata – come fare le parole crociate o giocare a scacchi – contribuiscono a preservare la salute del cervello e le capacità cognitive.
Ma con l’avvento delle nuove tecnologie, gli scienziati stanno cominciando a valutare anche l’influenza sulle attività cerebrali dell’utilizzo del computer, compreso Internet.
“La cosa più eclatante – ha spiegato Small – è stata scoprire che l’attività di ricerca su internet sembra impegnare in misura maggiore i circuiti neurali che non vengono attivati durante la lettura, ma solo nelle persone che avevano una precedente esperienza di navigazione sul web”.