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Il numero di indirizzi internet disponibili è agli sgoccioli: lo sostiene la Number Resource Organization (NRO), rappresentante dei cinque maggiori registri internet regionali (RIR) che distribuiscono gli indirizzi ‘numerici’ della rete, secondo cui resta da allocare meno del 5% degli indirizzi IPv4. Una percentuale che si attestava al 10% a gennaio, appena nove mesi fa. Da allora, informa NRO, sono stati assegnati 200 milioni di indirizzi IPv4. Secondo i calcoli, dunque, gli indirizzi potrebbero terminare entro l’inizio del 2011.
Ogni computer connesso a internet è dotato di un numero di identificazione, denominato indirizzo IP. Come in una città virtuale, questi indirizzi sono utilizzati per localizzare le macchine collegate al World Wide Web e per identificare eventuali utenti illegali della rete. E come per le targhe delle auto o i numeri telefonici, anche internet necessita il continuo ampliamento del numero di indirizzi disponibili.
Il protocollo IPv4, in uso dal 1981, ha infatti una disponibilità limitata (pari a 4,3 milioni di indirizzi) ed è, dunque, quanto mai urgente passare al nuovo protocollo IPv6 – standardizzato già da 10 anni – e che, come spiega Wikipedia, gestisce invece “fino a circa 3,4 × 1038 indirizzi (280.000.000.000.000.000 indirizzi unici per ogni metro quadrato della superficie terrestre)”. Un numero, come ha detto anche il Commissario Viviane Reding “superiore al numero di granelli di sabbia su tutte le spiagge del mondo”.
Nel 2010, i 5 RIR dovrebbero assegnare oltre 2 mila blocchi di indirizzi IPv6, un aumento del 70% rispetto al numero di allocazioni del 2009. Di contro, il numero di indirizzi IPv4 dovrebbe crescere solo dell’8%.
“L’assegnazione delle risorse Internet da parte dei cinque RIR consente ad ogni regione del mondo di beneficiare di una equa distribuzione degli indirizzi IPv4 e IPv6”, ha spiegato NRO, sottolineando che l’ente sta collaborando attivamente con le parti interessate a livello locale, regionale e globale per offrire formazione e consulenza alle organizzazioni del settore pubblico e privato sull’adozione dell’IPv6.
Il passaggio al nuovo protocollo non sarà ‘indolore’: la transizione necessita infatti la sostituzione dei router utilizzati per consentire ai computer di comunicare l’uno con l’altro. Non si tratta di una rivoluzione, ma comunque di un passaggio che comporta nuove spese per gli operatori. In secondo luogo, e cosa ancora più importante, con il passaggio all’IPv6 gli indirizzi IP potrebbero essere comparati ai dati personali e se ciò avvenisse, le società che utilizzano gli indirizzi IP per scopi commerciali sarebbero costrette a chiedere il consenso preventivo all’utente, pregiudicando così gli attuali modelli di business.
Anche la Commissione europea, ha riconosciuto l’esistenza di potenziali rischi derivanti dal nuovo protocollo e si è impegnata a monitorare le implicazioni sulla privacy e la sicurezza, in particolare attraverso la consultazione con le parti interessate, come le Autorità di protezione dei dati o quelle incaricate dell’applicazione della legge.La Commissione ha però sottolineato più volte che il passaggio al nuovo protocollo, oltre ad aumentare la capacità di gestione degli indirizzi IP, permetterebbe anche di migliorare, ad esempio, la gestione energetica dell’illuminazione pubblica e degli edifici intelligenti, e internet potrebbe servire a collegare tra loro, in modo economico ed affidabile, sensori senza fili integrati negli apparecchi domestici. Possibilità potrebbero fungere da catalizzatore ed incoraggiare le imprese a proseguire sulla strada dell’innovazione.
Nel frattempo, l’ITU – l’Agenzia Onu per le tlc – ha fornito i dati sul numero di utenti internet nel mondo, che potrebbe superare quest’anno quota 2 miliardi. Un bacino d’utenza raddoppiato rispetto a 5 anni fa. Secondo i calcoli ITU, dei 226 milioni di nuovi utenti internet, 162 milioni provengono dai paesi emergenti, dove – a fine 2010 – il 21% della popolazione sarà online, rispetto al 70% dei paesi sviluppati, dove il 65% della popolazione dispone di accesso internet a casa, contro il 13,5% dei paesi emergenti. Per fare un paragone, il 65% degli europei ha accesso a internet, contro il 9,6% degli africani. Il 90% della popolazione mondiale, dice ancora l’ITU, ha accesso alle reti mobili. In particolare, nei paesi in via di sviluppo, la penetrazione è ormai pari al 68%, più di qualsiasi altra tecnologia prima d’ora.