Wi-Fi libero: abolizione del decreto Pisanu in prossimo Cdm, mentre il ministro Brunetta promette ‘l’Atlante dell’innovazione’

di Alessandra Talarico |

L'Ad di Telecom Italia da Venezia ha denunciato: 'L'Italia ha perso il treno dell'innovazione. Bisogna rilanciare Università e ricerca'. Per Brunetta, amministrazioni pubbliche troppo lente nel recepire l'innovazione.

Italia


Renato Brunetta

Il prossimo Consiglio dei ministri dovrebbe esaminare l’abrogazione dell’art. 7 del decreto  legge 155/2005   (Decreto Pisanu) sull’obbligatorietà del deposito dei dati anagrafici sulle reti Wi-Fi. Lo ha reso noto il ministro Renato Brunetta a Venezia a margine del convegno “La sfida Europa 2020”, organizzato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri e dall’Agenzia per la diffusione delle tecnologie per l’innovazione.

La questione era stata sollevata nelle scorse settimane da Paolo Gentiloni (PD), Luca Barbareschi (FLI), Linda Lanzillotta (API) e Roberto Rao (UDC), che hanno presentato una proposta di legge mirante ad abolire l’articolo 7 della legge, in base al quale qualsiasi pubblico esercizio o circolo privato di qualsiasi specie (internet point, bar, biblioteche, università), nel quale siano posti a disposizione del pubblico, dei clienti o dei soci apparecchi utilizzabili per le comunicazioni, anche telematiche, deve chiedere la licenza al questore e identificare gli utenti attraverso un documento d’identità. Nel nostro Paese, in sostanza, nessuna biblioteca, azienda privata o pubblica può dare libero accesso alla propria rete Wi-Fi se prima non ha fotocopiato o scansionato il documento di identità dell’utilizzatore e se non si è attrezzata per controllare gli accessi alle singole postazioni e i software utilizzati dagli utenti; con la conseguenza di negare di fatto la possibilità di utilizzo libero della rete.

 

La norma – che doveva avere una durata limitata nel tempo, ma che invece è state prorogata di anno in anno – era stata varata all’indomani degli attentati terroristici del 2005 a Londra e Madrid, quando il nostro Paese, come tanti altri assunse misure di contrasto al terrorismo, tra cui il decreto Pisanu che, però, ha posto dei limiti severi, in termini di adempimenti burocratici, per l’accesso senza fili alla rete internet.

‘Il ministro Maroni – ha affermato Brunetta – si è detto disponibile e penso che dal prossimo Cdm si potrà liberare la rete’.

 

All’amministratore delegato di Telecom Italia, Franco Bernabè, che dallo stesso palco aveva parlato di un’Italia che “ha perso il treno dell’innovazione”, Brunetta ha quindi risposto affermando che, entro la fine del 2010, il ministero della Pubblica Amministrazione lancerà l’Atlante dell’Innovazione, che fotograferà in maniera precisa e aggiornata il livello di innovazione del Paese “…sia per quanto riguarda l’eGovernement nella Pubblica Amministrazione centrale e periferica, che il settore delle imprese, e come si stia sviluppando il dialogo tra questi due mondi”.

 

L’Atlante, costruito con l’apporto di comuni, province e Regioni e che verrà tradotto anche in inglese, “….consentirà – ha aggiunto il ministro – di dire esattamente a che punto sta il Paese, al di là di stastistiche più o meno devianti. Si vedrà che in fondo non siamo così male”.

Fatto sta che lo stesso ministro ha ammesso che le amministrazioni pubbliche “…sono troppo lente nell’adeguamento dei processi organizzativi necessari ad accogliere, applicare e attivare le innovazioni, a innervarle nell’organizzazione del lavoro, processo che invece consentirebbe di migliorare i servizi riducendo i costi”.

 

Il problema del nostro Paese, lo ha detto più volte Bernabè, è che manca la cultura digitale: “In Italia – ha spiegato – saturiamo meno del 50% di banda larga disponibile. E’ arrivato il momento di usare la banda larga. Telecom Italia investe ogni anno 3 miliardi di euro in infrastrutture tecnologiche ma in Italia l’utilizzo non è adeguato”.

Un’ampia fetta della popolazione, insomma, non sente l’esigenza di connettersi a internet, ma manca anche – ha detto stamani – un numero consistente di imprese abbastanza grandi da generare innovazione e una ‘cabina di regia’ che coordini il lavoro di Università e centri di ricerca.

 

“Produrre innovazione – ha osservato ancora il manager di Vipiteno – significa avere università e centri di ricerca d’eccellenza, è inutile che l’Italia cerchi di rincorrere i grandi paesi perché non se lo può permettere, ha un livello di arretratezza informatica non compatibile con lo status di grande potenza industriale”.

E’ pertanto necessario, ha aggiunto “…garantire un percorso verso l’innovazione, a partire dal rilancio dell’Università e dei centri di ricerca. Il nostro Paese ha il problema di diffondere l’innovazione e prelevarla dove esiste’.

 

L’ad di Telecom ha quindi esortato il governo a fare di più per la digitalizzazione della pubblica amministrazione: il ministro Brunetta, secondo Bernabè, ha agito con prontezza e attenzione in questo senso, ma ha dovuto affrontare l’ostacolo di “un ambiente conservativo che rifiuta questo salto”, che invece potrebbe aiutare a “recuperare la produttività che abbiamo perso in questi anni”.

 

Anche secondo Brunetta, “l’innovazione produce una redistribuzione di opportunità, di reddito, di rendite di posizione” e quindi al suo interno “si realizzano conflitti”, fra chi vuole proseguire sul cammino dell’innovazione e chi preferisce il mantenimento dello status quo. Contrasti che creano anche “reazioni tossiche”.

Secondo il ministro – che ha portato l’esempio del fascicolo sanitario online, realizzato anche in Italia ma che non si sta concretizzando “…perché ci sono resistenze enormi da parte di medici, sindacati e Asl” – bisogna dunque agire su due leve: “…quella dell’efficienza della PA e quella dell’innovazione”, perché senza entrambe non è possibile “modernizzare in tempi ragionevoli il sistema, che è in ritardo sull’uso di internet e sulla capacita di generare sviluppo attraverso l’ICT”.

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