NGN: domani nuova riunione al MSE, mentre la Ue punta su coinvestimenti, simmetria e cluster

di Alessandra Talarico |

Italia


Paolo Romani

Si terrà domani alle nove, in base a quanto dichiarato dal sottosegretario allo sviluppo economico Paolo Romani, la prossima riunione del tavolo per la rete di nuova generazione, cui spetta l’arduo compito di definire la strategia industriale per il passaggio dalla rete in rame alla NGN. Un passaggio che si fa sempre più complicato, sia per la mancanza di fondi pubblici – pare che gli 800 milioni messi a diposizione dal Governo per colmare il digital divide siano diventati appena 100 – sia per lo scontro in tatto tra gli operatori alternativi e il Comitato NGN  (di cui anche loro fanno parte) per la definizione delle linee guida che dovrebbero guidare la transizione alla fibra ottica.

 

Il tutto, mentre si attendono anche le indicazioni della Commissione europea, che dovrebbero essere ufficializzate lunedì prossimo e sono state anticipate stamani dalla stampa. Un documento molto atteso, quello con cui la Ue intende disciplinare l’accesso alle reti di nuova generazione (NGA) e che pare contenga raccomandazioni abbastanza simili a quelle contenute nella contestata bozza redatta dal Comitato NGN e rigettata dagli operatori alternativi italiani.

 

Quattro i cardini della raccomandazione Ue – competizione, coinvestimenti, simmetria e, anche qui, suddivisione geografica – che in 25 pagine mette insieme quelle che dovrebbero essere le regole per la rete internet del futuro e, dunque, la base per la creazione di un mercato unico europeo dei servizi ultrabroadband.

 

Elemento fondamentale della raccomandazione, la vigilanza delle autorità nazionali sugli strumenti messi a punto dagli operatori dominanti per garantire ai concorrenti lo sviluppo di una propria rete in fibra ottica.

L’accesso alla rete a condizioni eque e paritarie, insomma, deve essere garantito dall’Agcom, che potrà anche imporre – dove fosse impraticabile la duplicazione delle infrastrutture – “l’obbligo della condivisione reciproca”.

Riguardo quindi i cosiddetti cluster – che in Italia hanno provocato la dura reazione degli OLO – spetterà alle autorità nazionali esaminare il livello di competizione delle diverse aree e definire i mercati geografici sub-nazionali. Nelle aree fortemente competitive, quelle che nel documento del Comitato NGN venivano indicate come ‘zone nere’, gli operatori alternativi dovrebbero poter condividere le opere civili, così da realizzare la loro rete in tempi uguali a quelli dell’operatore dominante.

Il documento Ue sottolinea quindi che il coinvestimento potrà anche accelerare lo sviluppo della fiber-to-the-home, ossia l’arrivo della fibra direttamente nelle case, riducendo i rischi degli operatori coinvolti.

 

Una serie di linee guida, insomma, che non mancherà di far discutere, mentre in Italia, sempre secondo quanto anticipato da Il Sole 24 Ore, sembra essere svanita la gran parte dei fondi destinati dal governo a colmare il digital divide.

Nel salvadanaio del governo, prosciugato dalla crisi, sarebbero rimasti soltanto 100 milioni di euro, che – più che a portare la banda larga a quel 13% di italiani ancora in condizione di digital divide – dovrebbero essere utilizzati per collegare in fibra 73 distretti industriali. Al resto dovranno pensare le regioni, chiamate a prediligere, nella redazione dei bandi per accedere alle risorse da destinare ai distretti produttivi, progetti inerenti lo sviluppo della banda larga.

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