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La Ue potrebbe annunciare il ritiro dal tavolo dei negoziati su ACTA, il contestato accordo l’internazionale contro la contraffazione e il fenomeno del downloading illegale di contenuti audiovisivi, che l’Europa sta negoziando dal 2007 con Australia, Canada, Giappone, Corea, Marocco, Nuova Zelanda, Singapore, Svizzera, Usa, e altri Paesi.
Nonostante i 10 round negoziali, sono infatti ancora tanti i punti critici dell’accordo – cui tra l’altro non partecipa la Cina – e neanche l’ultimo dibattito al Parlamento europeo l’8 settembre è riuscito a fare chiarezza.
A destare le maggiori perplessità degli europarlamentari – che già a marzo avevano minacciato di rivolgersi alla Corte di Giustizia europea – innanzitutto la mancanza di trasparenza dei negoziati, che si svolgono a porte chiuse e i cui testi non sono resi pubblici, e – quindi – anche il rischio di mettere in pericolo la privacy e la protezione dei dati nel capitolo che riguarda internet e la pirateria online.
L’accordo anti-contraffazione, ha spiegato ieri al Parlamento il commissario europeo al Commercio Karel De Gucht, incaricato di rappresentare la Ue al tavolo dei negoziati, dovrebbe “combattere su grande scala le trasgressioni ai diritti di proprietà intellettuale che hanno un significativo impatto commerciale”. De Gucht ha quindi ammesso che uno dei principali problemi per la Ue è convincere gli altri paesi a includere nel trattato le Indicazioni Geografiche (Parmigiano, champagne ecc.), alla stessa stregua dei marchi registrati. “Champagne e Coca Cola devono essere tutelati allo steso modo”, ha affermato a questo proposito il popolare tedesco Daniel Caspary durante il dibattito.
Dopo aver esposto le questioni ancora aperte, De Gucht ha quindi rassicurato sul fatto che ACTA “non ha niente a che vedere coi controlli sui computer o gli I-pod, e non conterrà alcuna limitazione alle libertà individuali”, ma ha annunciato che “se alla fine del processo la Ue sarà messa davanti a un trattato che non ha un gran valore aggiunto, dovremmo riconsiderare la nostra partecipazione”.
Secondo fonti vicine alla Commissione, sarebbero gli Usa a voler mantenere il più stretto riserbo sulle trattative, ma questo riserbo sta causando non pochi malumori fra gli europarlamentari, che temono di arrivare a un accordo ‘opaco’ che rischierebbe di contraddire il diritto europeo.
I parlamentari europei, insomma, pretendono chiarezza e trasparenza e intendono restare vigili soprattutto sulla questione della privacy.
A fine di settembre si terrà a Tokyo quello che potrebbe essere l’ultimo round. Ma i dubbi restano, al Parlamento e fuori: “Il 64% dei beni contraffatti in Europa arriva dalla Cina, che non è parte di ACTA. Siamo sicuri che firmare ha un senso per l’UE?”, ha concluso l’europarlamentare Idv Niccolò Rinaldi.
Dopo il decimo round di negoziazioni, a Washington (dal 16 al 20 agosto), il prossimo appuntamento si terrà a Tokio dal 23 settembre al 1° ottobre e dovrebbe essere decisivo, almeno per capire se la Ue è dentro o fuori.