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NGN. Non piace agli OLO il documento del Comitato NGN sul passaggio alla fibra: ‘Non rappresenta le posizioni di tutti’

Italia


Un documento che “non è in alcun modo rappresentativo di posizioni condivise dai partecipanti al tavolo e quindi rappresenta la posizione personale del Presidente”.

Non è piaciuto agli operatori alternativi AIIP, Fastweb, Wind, Vodafone, TeleTu, Tiscali e Welcome Italia – che insieme a Telecom Italia compongono il Comitato NGN – il documento contenente le ‘Linee Guida per la transizione verso le reti NGN’ che, nella sua versione proposta dal Presidente del Comitato, il professore Francesco Vatalaro, “esula dagli obiettivi, non illustra l’esito dei lavori finora svolti, e non rappresenta trasparentemente le diverse posizioni espresse da ciascuno degli operatori”.

 

Secondo il giudizio dei cosiddetti OLO, il documento non fornisce evidenza dei “criteri che hanno portato all’adozione delle singole proposte nel caso in cui non vi sia stato trovato accordo tra gli operatori partecipanti al comitato”. Quest’ultimo, dunque, non ha raggiunto “gli obiettivi preposti” e, pertanto, non può “fornire supporto alle decisioni che Agcom sarà chiamata ad assumere sulla definizione dell’assetto regolamentare delle reti NGN”.

 

AIIP, Fastweb, Wind, Vodafone, TeleTu, Tiscali e Welcome Italia disconoscono, in particolare, uno dei punti centrali del documento, ossia la “ripartizione geografica cui applicare differenti rimedi regolamentari che, paradossalmente, contrasta con la regolamentazione definita dall’Autorità stessa ed oggi in vigore”.

 

Uno dei punti chiave della bozza è infatti proprio la divisione del territorio in diverse aree geografiche (cluster), a seconda del grado di competitività: i grandi centri urbani più remunerativi – come Roma o Milano – vengono definite ‘zone nere’, ed è in queste zone che Telecom non accetta di dividere la propria rete con i concorrenti, proprio in virtù della possibilità di instaurare una concorrenza basate sulle infrastrutture. Entro otto anni circa, queste città – circa 13 – dovrebbero già essere tutte coperte dalla fibra. In tali aree geografiche, nelle quali prevale la logica del mercato, si legge nel documento, “non sono leciti aiuti di Stato sotto alcuna forma per non distorcere la concorrenza e i rimedi regolamentari sono volti a promuovere lo sviluppo della nuova rete e a minimizzare il rischio di enclave monopolistiche, a protezione del cliente finale anche nella fase transitoria di Overlay”.

Vi sono poi le ‘zone grigie’, ossia le aree mediamente redditizie, in cui si punta su un’unica rete – nella cui realizzazione si ipotizza il coinvolgimento di enti locali, partenariati pubblico-privato o dei soli investimenti privati – e su una concorrenza basata sui servizi.

Nel terzo segmento geografico – le cosiddette aree ‘bianche’ o a fallimento di mercato – dove vivono circa 7,5 milioni di persone, la rete verrà realizzata non con finalità economiche ma “sociali”.

In queste, che sono le aree geografiche del Paese soggette a divario digitale, spiega il Comitato NGN, “non si sviluppa alcuna rete, né spontaneamente né con agevolazioni. Pertanto, la rete può soltanto essere realizzata con finanziamenti parziali (o eccezionalmente totali) dell’Unione europea, dello Stato o di un ente pubblico locale”. 

L’Autorità, suggerisce il documento, deve “risolvere, prioritariamente, il problema della corretta collocazione delle soglie tra le diverse tipologie di Cluster e quello conseguente dell’identificazione delle aree appartenenti a ciascun Cluster su tutto il territorio nazionale”.

 

Secondo gli OLO, però, a tale approccio si è giunti “…utilizzando il criterio della profittabilità” in contrasto “con i principi regolatori europei e nazionali vigenti”.

“Le stesse aree geografiche individuate – conclude la nota diramata dagli OLO  – vengono utilizzate per rimuovere i rimedi regolamentari esistenti in capo all’operatore dominante e per attribuire obblighi regolamentari ad operatori non notificati”.

 

A conclusione della riunione del Comitato, informano quindi i concorrenti di Telecom, “è stato chiesto al Presidente Vatalaro di rappresentare esaustivamente tutte le posizioni espresse dai diversi operatori al fine di offrire all’Autorità’ gli elementi informativi utili a costruire il contesto regolatorio più opportuno per la costruzione della rete di nuova generazione”.

 

Il documento discusso oggi non è vincolante e si pone come obiettivo quello di “suggerire all’Autorità un percorso, ritenuto tecnicamente possibile ed economicamente sostenibile dal sistema-Paese, per l’introduzione della rete di accesso di nuova generazione (NGA) in Italia”, il cui sviluppo, dovrà uniformarsi da un lato ai principi stabiliti dalla normativa europea (in particolare la Direttiva quadro “Better regulation” 2009/140/CE2, e la Draft “NGA Recommendation” della Commissione europea) e dall’altro sulle Delibere dell’Autorità, in special modo la 718/08/CONS e 731/09/CONS.

 

Altro elemento di forte criticità riguarda gli strumenti di investimento: il Comitato ritiene che quello più idoneo a garantire efficienza ed equa condivisione dei rischi sia il coinvestimento e propone all’Autorità di esaminare la possibilità di adottare nella regolamentazione per le ‘zone nere’ “un meccanismo di incentivazione basato su una disciplina dell’annuncio secondo cui un soggetto economico che sviluppa un progetto di infrastrutturazione di un’area dovrebbe includere anche l’opzione di coinvestimento con soggetti distinti (ad es. fino a tre) che potrebbero partecipare alle opere civili”.

Il Comitato suggerisce quindi  che il progetto in coinvestimento nelle aree più ricche “…sia concepito preferenzialmente come “copia cinese” del progetto nella sua forma base così da potersi condividere tra più partecipanti con uniforme ripartizione dei costi”.

Il proponente, continua il documento, che potrebbe svolgere il ruolo di leader della fase di esecuzione, “avrebbe diritto ad un’equa remunerazione per il coordinamento delle opere. Questi, a fronte di equa remunerazione, potrebbe essere anche responsabile della gestione delle infrastrutture realizzate e della loro manutenzione”.

 

Riguardo il ruolo di Telecom Italia in un’ottica di total replacement della rete, “…considerato il cospicuo valore della rete da dismettere e la difficoltà per un soggetto pubblico di rilevarne la proprietà, la decisione è di competenza esclusiva di Telecom Italia e può interessare di volta in volta una o più centrali, dando avvio al processo di migrazione di tutti gli operatori colocati e di tutti i clienti serviti, relativamente all’intero portafoglio di servizi offerti”.

 

Regole simmetriche tra i vari operatori sono previste inoltre per quanto riguarda l’accesso alle infrastrutture civili, come i cavidotti.

“Nel rispetto dei principi della libertà di impresa e della neutralità tecnologica, qualsiasi siano la tecnologia (FTTH, FTTB, FTTC) e l’architettura (punto-punto, puntomultipunto) che un operatore sceglie per la propria rete d’accesso, dovrà comunque essere prevista la possibilità di adottare soluzioni tecniche e operative, passive o attive, che ne assicurino l’apertura e, quindi, la condivisione con altri operatori”, sottolinea il Comitato, aggiungendo che “…tale

requisito ha lo scopo di garantire che si sviluppi un adeguato livello di concorrenza atto a tutelare nel migliore dei modi l’interesse del cliente finale in termini di equità dei prezzi praticati e di livelli di qualità del servizio erogato”.

 

Gli obblighi di condivisione dovrebbero interessare le infrastrutture di posa sia nelle tratte primarie che nelle tratte secondarie.

 

Il Comitato indica infine che la rete d’accesso NGA non dovrebbe trascurare di dare supporto al Mobile Broadband, anche in considerazione dell’associato marginale incremento di costo.

“Si ritiene utile, quindi – conclude – che nel progetto di coperture NGA, in ogni area del Paese, si tenga conto dell’esigenza di allocare una capacità aggiuntiva e, ove possibile, separata per queste connessioni”.

 

Sempre sul fronte della regolamentazione NGA, è atteso per il 15 settembre l’approvazione, da parte della Commissione europea, della Raccomandazione che definisce nuovi principi per la regolazione delle reti ultrabroadband, con l’obiettivo di favorire investimenti  e lo sviluppo del mercato europeo,  cosi come previsto dalla strategia europea di crescita Europa 2020.

Tra i punti salienti, una maggiore flessibilità nella definizione del prezzo di accesso alle reti da parte degli operatori di comunicazioni elettroniche – i criteri per stabilire i prezzi dovranno essere meno invasivi dello stretto orientamento al costo – e la previsione di incentivi regolamentari qualora l’operatore dominante sia soggetto a condizioni di separazione funzionale o ad altri tipi di separazione, come quella operativa, che consentano parità di trattamento (la cosiddetta “equivalence”).

Condizioni essenziali per garantire la parità di trattamento e il pieno rispetto del principio di non discriminazione tra gli operatori che parteciperanno allo sviluppo delle nuove reti NGN.

 

In particolare, la raccomandazione prevede incentivi nel caso in cui l’operatore dominante abbia in qualche modo separato la rete dalla offerta dei servizi. Un elemento innovativo, poiché considera le situazioni di separazione riscontrabili, ad esempio, nei modelli vigenti in Italia ed in Inghilterra, dove gli impegni intercorsi con i rispettivi regolatori hanno portato a condizioni di accesso tali da assicurare la piena parità di trattamento.

Un ulteriore elemento di novità del piano riguarda quindi l’approccio geografico ai sistemi di regolazione negli Stati membri: la Commissione ha previsto infatti che debba esservi differenziazione geografica nella definizione degli obblighi di accesso alle reti, cosi da garantire che obblighi meno intrusivi possano essere previsti laddove si risconta un maggiore livello di competitività del mercato su base regionale.

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