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Unbundling: via libera alle nuove tariffe. ‘L’Italia tra i Paesi più cari d’Europa’

Italia


Il Consiglio dell’Autorità per le garanzie nelle  comunicazioni ha approvato lo schema di provvedimento relativo alle tariffe dei servizi all’ingrosso di unbundling, bitstream e wholesale line rental (WLR), quelle cioè che gli operatori alternativi devono corrispondere a Telecom Italia per collegarsi alla sua rete.

 

Il provvedimento, che dovrà ora essere sottoposto al vaglio della Commissione europea, tiene conto degli esiti della consultazione pubblica, ed in particolare delle osservazioni avanzate sia dagli operatori concorrenti (OLO) che da Telecom Italia e fissa i valori delle nuove tariffe su livelli più bassi di quanto indicato in precedenza, ma lo stesso ha provocato la ferma presa di posizione degli operatori alternativi che, in una nota, hanno definito la decisione dell’Autorità “…un significativo passo indietro nel processo di liberalizzazione del mercato della telefonia fissa” che, se confermata, “avrà gravi ripercussioni sull’intero mercato e sui consumatori italiani in termini di aumenti di prezzi, minore concorrenza ed innovazione”.

 

L’aumento dei canoni che gli operatori alternativi pagano all’ex monopolista, aumentando la profittabilità della rete in rame, potrebbero finire per disincentivare gli investimenti di Telecom Italia nella nuova rete.

“L’alta redditività dell’attuale rete in rame, in gran parte ammortizzata, e l’assenza di stimoli competitivi crea l’incentivo a Telecom Italia per continuare ad offrire i propri servizi sulla rete in rame con evidenti incentivi a trarre il massimo profitto da tale situazione”, sottolineano i competitor, secondo i quali, infine, “…la decisione altera irreparabilmente il percorso di sviluppo della nuova rete in fibra in Italia, avvantaggiando l’operatore ex-monopolista nel mantenimento della vecchia rete in rame, portando gli operatori alternativi ad aumentare i prezzi finali al consumatore italiano”.

 

Il canone attuale, pari a 8,49 euro/mese (aumentato nel 2009 dell’11% rispetto  rispetto al prezzo 2008 di 7,64 euro mese) passerà nel 2010 a 8,70 euro/mese – contro una media Ue di 8,38 euro al mese – mentre per gli anni successivi (2011 e 2012) si è deciso di applicare tariffe, rispettivamente di 9,14 e 9,48 euro/mese anziché 9,26  e 9,67 euro al mese. 

Il canone del servizio WLR al 2012, indica quindi Agcom, sarà di 13,16 euro/mese, anziché 13,43, registrando quindi un incremento più contenuto di quanto sottoposto a consultazione pubblica, mentre per i servizi bitstream è prevista una riduzione lungo il triennio superiore all’1% l’anno.

 

Anche se gli aumenti sono stati fissati su livelli inferiori a quanto stabilito in precedenza, le nuove tariffe risultano inadeguate e rischiano di pesare ancor di più sulle tasche dei consumatori: già i rincari stabiliti nel 2009, infatti, hanno comportato un aggravio del 10% sul canone residenziale passato da 14,6 euro mese a 16,08 euro mese IVA Inclusa. Evidente anche lo scollamento dell’Italia nel contesto europeo caratterizzato, invece, da un costante decremento delle tariffe per l’accesso alla rete in rame, volto a incentivare gli operatori ex-monopolisti nazionali al perseguimento della massima efficienza.

Questo dato è confermato anche dal Report di Implementazione della Commissione Europea, secondo cui tra il 2009 e 2008 vi è stata una riduzione del prezzo medio dell’ULL rame dell’8% portando la media Ue dai 9,29 euro mese di ottobre 2008 a 8,55 euro mese a ottobre 2009 .

Guardando nello specifico ai paesi che hanno intrapreso questo trend al ribasso, in Olanda ad esempio, il canone unbundling è sceso del 19% da 7,83 euro mese a 6,52 euro mese, in Belgio  del16,6% (da 9,29 euro mese a 7,75 euro mese), in Austria del 34,8% (da 9 euro mese a 5,87 euro mese), in Romania del 28% (da 8,27 euro mese a 6,02 euro mese), per una media europea di 8,38 euro al mese.

Quindi, anche se le nuove tariffe Agcom sono aumentate meno del previsto, i 9,48 euro per il 2012 fanno dell’Italia uno dei paesi più cari a livello Ue in termini di ULL.

 

Le nuove tariffe, ha sottolineato tuttavia l’Autorità, sono state definite “grazie alla definizione di un modello di rete efficiente di tipo economico ingegneristico, come previsto dalla delibera 731/09/CONS e richiesto dalla Commissione europea”.

Ma, il cambiamento di metodologia per il calcolo delle tariffe verso un modello a costi incrementali di lungo periodo (c.d. modello “LRIC”), è stato introdotto proprio con l’obiettivo quello di massimizzare l’efficienza e minimizzare gli investimenti, epurando i prezzi dei servizi all’ingrosso dalle inefficienze tipiche degli operatori monopolisti e contribuendo alla competitività complessiva del sistema e, quindi, dovrebbe portare a un calo delle tariffe, non a un loro aumento, come succede in Italia, dove l’adeguamento è da attribuire non tanto ai costi sostenuti da Telecom Italia, quanto ad altri due componenti che non derivano dal modello LRIC e cioè: i costi di manutenzione della rete in rame (ovvero il costo degli interventi di riparazione dei guasti segnalati) pari a 2,25 euro mese e i costi amministrativi “commerciali” di vendita del doppino in rame agli altri operatori pari a 0,68 euro mese.

Ora, i costi di manutenzione sono calcolati sulla base di un ‘tasso di guastabilità annuo’ del 22,5%, contro un tasso ‘reale’ di guastabilità pari a  12%, confermato dallo stesso Ad di Telecom Italia Franco Bernabè, che ha dichiarato nel corso dell’audizione presso Agcom del 10 giugno 2010, che il tasso di guasto sulle linee ULL è sceso dal 15% nel 2008 al 12,7% dei primi mesi del 2010.

Appare dunque incongruo che, ancora una volta, Agcom, invece di riportare il tasso di guasto del 22,5% al tasso reale del 12,7%, decida di stabilire un aumento alle tariffe pagate dagli operatori alternativi, che si trovano a dover  remunerare gli investimenti per una rete in rame nuova e allo stesso tempo si vedono addebitare costi di manutenzione riferibili ad una rete vecchia ed inefficiente.

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