Privacy: Germania pensa a legge per vietare ai datori di lavoro di cercare informazioni personali sui social network

di Alessandra Talarico |

Europa


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Su Facebook, ormai si sa, immettiamo una miriade di dati personali, anche informazioni che sicuramente non inseriremmo mai nel nostro curriculum vitae.

Ed è per questo che sono sempre più numerosi i datori di lavoro che si recano sui social network non solo per promuovere il proprio marchio a costo zero, ma anche per carpire qualche informazione in più sugli aspiranti candidati all’assunzione. Tanto che la Germania starebbe pensando a una legge per impedire ai selezionatori di reperire informazioni sulle pagine personali dei candidati.

 

Secondo una ricerca Harris Intercative, il 45% dei reclutatori americani spulcia sui social network prima di ricevere una persona al colloquio di lavoro e un terzo di loro ha ammesso di aver già scartato delle candidature dopo aver trovato in rete affermazioni o foto ‘indecenti’.

 

Per evitare che questa tendenza si affermi anche in Germania, il ministro dell’Interno Thomas de Maizière ha depositato il 25 agosto una proposta di legge per impedire ai responsabili delle risorse umane di utilizzare informazioni private nel processo di assunzione.

Foto di una serata innaffiata da troppi cocktail, scherzi o frasi più o meno sconce in bacheca, frasi al vetriolo sull’ultimo datore di lavoro, insomma, non potranno più essere usati a pretesto per rifiutare un candidato.

Se la legge dovesse passare, solo le reti professionali, come ad esempio LinkedIn, potranno essere consultate ufficialmente.

 

Scettiche le reazioni degli osservatori, che parlano di misura di ‘pura facciata’: difficilmente, infatti, una legge potrà impedire una simile pratica, e poi i datori di lavoro potranno sempre ‘googlare’ il nome dei candidati, scoprendo lo stesso molti dettagli della sua vita privata.

 

Il dibattito sulla necessità di proteggere la vita privata dei cittadini è molto serrato in Germania: il progetto è in effetti un estratto di una legge più ampia, fortemente voluta dopo diversi episodi che ne hanno reso urgente l’elaborazione. Ultimo in ordine di tempo, la condanna della catena Lidl per aver spiato i dipendenti fino anche nella toilette col pretesto di aumentare la sicurezza e prevenire i furti. La legge sulla privacy, di fatto, includerà anche il divieto per i datori di lavoro di installare telecamere di sorveglianza negli spazi privati come le sale di pausa, gli spogliatoi e i bagni.

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