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Inconveniente tecnico o nuovo ‘avvertimento’ del Governo? Al momento Google ha attribuito a un problema tecnico il blocco dei suoi servizi in Cina, mentre suscita polemica la sospensione dall’Android Store – il negozio virtuale da cui scaricare le applicazioni per personalizzare i cellulari Android – di un’ottantina di Wallpaper che ‘rubavano’ le informazioni personali degli utenti.
La scorsa notte, i servizi di Google.cn, il sito cinese del gruppo, riaperto in una versione ‘ponte’ all’inizio di luglio dopo il dirottamento del traffico verso i server di Hong Kong stabilito a gennaio per sfuggire alla censura dei contenuti, non risultavano accessibili. La notizia ha immediatamente avuto ripercussioni sul titolo, che riflettono le preoccupazioni degli investitori per la debolezza della posizione del gruppo nel Paese che rappresenta il maggiore mercato internet mondiale.
Google, tuttavia, ha affermato che, a causa del metodo di misurazione dell’accessibilità in Cina, “le macchine potrebbero aver sovrastimato il livello del blocco, che in realtà è stato relativamente piccolo e non ha interessato tutti gli utenti”.
In Cina, Google genera solo una piccola parte dei suoi 24 miliardi di dollari di fatturato, ma il Paese, primo mercato internet mondiale per numero di utenti, rappresenta una piazza irrinunciabile per la società, visto il rallentamento della crescita sui mercati occidentali, dove Google è anche costantemente al centro dell’attenzione delle Autorità, come in Francia, dove l’Antitrust ha confermato che il servizio AdWords avrebbe discriminato Navx, società francese specializzata nei contenuti e nei servizi a valore aggiunto per i sistemi di navigazione, che alla fine del 2009 si è vista rifiutare la pubblicazione di link sponsorizzati per i suoi servizi. Google avrebbe addotto come motivazione del suo rifiuto il fatto che quei link fossero “contrari alle politiche di contenuto” del motore di ricerca, ma Navx ha subito contestato la decisione e ha chiesto spiegazioni alla società di Mountain View, che tra l’altro è anche editrice di sistemi di mappe (Google maps) e di navigazione (Latitudes).
La decisione definitiva dell’Autorità per la concorrenza d’oltralpe arriverà a settembre, ma nel frattempo Google, con prodotti e servizi al limite del rispetto delle leggi sulla privacy – diverse in ogni Paese europeo – non cessa di attirare l’attenzione delle autorità e dei politici di tutta Europa, che spesso scendono in campo in prima persona contro il gruppo californiano. Restando in Francia, a gennaio il presidente Nicolas Sarkozy aveva affermato che Google – il cui motore è usato per il 90% delle ricerche effettuate nel Paese – avrebbe dovuto pagare le tasse anche in Francia, nonostante il quartier generale europeo sia situato in Irlanda. Senza contare le polemiche scatenate dalla scoperta che, effettuando la mappatura delle città per il servizio Street View, la società avrebbe raccolto anche i dati delle connessioni wi-fi degli utenti, compresi indirizzi email e frammenti di informazioni private scambiate dagli internauti e ‘inavvertitamente’ intercettate, da oltre tre anni, dagli addetti di Google.
A gettare altra benzina sul fuoco delle critiche, anche i risultati di uno studio condotto da Lookout, secondo cui oltre 80 applicazioni wallpaper vendute attraverso il negozio Android sarebbero in grado di raccogliere numeri di telefono e altre informazioni personali, incluso il numero IMEI, che identifica univocamente il cellulare. Le applicazioni trasferirebbero quindi i dati in chiaro a un server.
Google ha immediatamente sospeso le applicazioni, apparentemente innocue e che permettevano di scaricare sfondi di Star Wars o Hello Kitty, affermando di stare investigando su quanto accaduto.
Il portavoce di Google ha fatto sapere che in base alle policy dell’Android Market, la società “informa sempre gli utenti a quali dati un’applicazione avrà accesso e consiglia di scaricare solo app la cui fonte sia affidabile”, a differenza di quanto fa Apple, che non informa gli utenti a meno che non siano coinvolti dati sulla posizione.
Le app, tutte prodotte dallo sviluppatore “jackeey,wallpaperr”, informavano in effetti gli utenti che il programma avrebbe avuto accesso allo ‘stato del telefono e all’identità’, ma è anche vero che molti non sanno cosa questo voglia dire.