Italia
Aumentano i cori dei dissidenti per la decisione presa dalla Commissione europea di consentire a Sky Italia di partecipare alla futura gara di assegnazione delle frequenze televisive digitali terrestri a livello nazionale in Italia. Allo ‘sconcerto‘ manifestato da Mediaset che ha già annunciato ricorso alla Corte di Giustizia Ue, si aggiunge quello Francesco Di Stefano, l’editore della prima tv italiana ‘Europa 7‘ che dopo 11 anni di battaglie legali, appena un anno fa ha ottenuto l’autorizzazione a trasmettere in Europa e nel mondo, nello standard DVB-T2 in alta definizione.
“Non sono affatto d’accordo con Bruxelles e per motivi diversi da quelli manifestati da Mediaset – ha affermato il patron di Europa 7 – la Commissione europea è stata inadempiente nei nostri confronti. A Sky ha dato un ‘premio’ di 1 anno e mezzo mentre a Europa 7 sono toccati 11 anni di calvario”.
“Nella nostra vicenda – ha aggiunto Di Stefano – Bruxelles è stata evanescente e ancora oggi non ha fatto applicare la sentenza della Corte di giustizia europea del 21 gennaio del 2008 che, dandoci ragione, di fatto portava allo spegnimento di Retequattro. Ma si preoccupa di anticipare l’ingresso di Sky nel digitale terrestre liberandola con 1 anno e mezzo di anticipo dagli impegni presi all’epoca della fusione tra Stream e Telepiù”. “Non sono assolutamente d’accordo con la decisione della Commissione europea e non certo – per i motivi addotti da Mediaset. Noi siamo stati risarciti tardi e parzialmente, a Sky si permette di anticipare”.
Commenti durissimi quelli che Di Stefano fa alla stampa, seppure la decisione della Commissione europea rimane vincolata dalla condizione per Sky, di potere trasmettere solo trasmissioni in chiaro per i prossimi 5 anni e di potere partecipare solo all’attribuzione di uno dei cinque multiplex che verranno assegnati.
Commenti dall’amaro in bocca ai quali però l’editore italiano aggiunge anche qualche novità positiva. “Entro agosto – ha annunciato il numero uno dell’emittente nazionale – copriremo il 40% del territorio, comprese Roma e Milano, per arrivare all’80% a settembre”.
Un impegno che si concretizzerà dopo un’attesa lunga circa 3 lustri, e che vede ancora Europa 7 puntare sul futuro. Sul digitale di seconda generazione e sull’alta definizione. Per riceverla però, occorre munirsi di un decoder con cui si vedono in Hd anche tutti gli altri canali digitali che la propongono. Dispositivi che a giorni sarà possibile acquistare sul sito web di Europa 7 e successivamente anche nella grande distribuzione.
Un ulteriore passo in avanti per lasciarsi alle spalle le criticità che hanno caratterizzato l’intera vicenda sin dal luglio del 1999. Da quando cioè, Europa 7 ottiene dallo Stato la concessione per varare una tv nazionale, ma non le frequenze necessarie a trasmettere. Da allora, lunga e irta la strada percorsa da Di Stefano, fino al ‘miracolo’ di aprile di quest’anno quando finalmente, lo stesso editore dopo che “giudici, istituzioni e Commissione Ue non hanno fatto il loro dovere“, giunge ad un accordo con il viceministro delle Comunicazioni Paolo Romani per utilizzare le frequenze a lui assegnate e far partire così la nuova e agognata televisione.
“L’accordo – spiegò allora Di Stefano – è stato raggiunto a febbraio scorso al termine di una procedura tecnica particolarmente complessa”. “Il mio sogno era quello di fare la televisione a 46 anni e invece la faccio oggi a 57 anni e questo grazie alla firma posta oggi sull’accordo con il Ministero dello Sviluppo Economico”.
In virtù di quella stessa intesa, Di Stefano decise anche di non proseguire il contenzioso già presentato al Tar.
Sul fronte del contenzioso economico, invece, ricordò che “quello si è chiuso con la sentenza del Consiglio di Stato, con una decisione che non accetteremo mai“, perché a fronte di danni economici stimati dall’azienda in 3,5 miliardi, fu stato riconosciuto un risarcimento di poco superiore al milione di euro. Di Stefano è ora lanciarsi nel mercato, pur consapevole che “nel 1999 c’erano uno spazio e possibilità enormemente superiori rispetto ad oggi di sviluppo nel settore televisivo italiano. “Ora ci dobbiamo inventare qualcosa – aggiunse – pensiamo di averlo individuato e ci stiamo lavorando. Sarà sicuramente una novità”
Queste le principali tappe che hanno caratterizzato la vicenda di Europa 7
LUGLIO 1999 – Europa 7 ottiene dallo Stato la concessione per varare una tv nazionale, ma non le frequenze necessarie a trasmettere: è l’inizio della controversia. Retequattro, munita allora di un’autorizzazione provvisoria, continua a trasmettere.
NOVEMBRE 2002 – La Corte Costituzionale stabilisce che nessun privato può possedere più di due reti e che quelle eccedenti (in questo caso Retequattro) devono cessare la trasmissione in via terrestre entro il 31 dicembre 2003.
DICEMBRE 2003 – Dopo il rinvio della legge Gasparri alle Camere da parte del Presidente della Repubblica, con cosiddetto decreto ‘salvareti’, il governo Berlusconi evita il trasloco di Retequattro su satellite e lo stop alla pubblicità su Raitre.
Sempre nel 2003, Europa 7 presenta un ricorso al Tar del Lazio per ottenere che ministero e AGCOM le assegnino le frequenze.
Respinto dal Tar, il ricorso finirà al Consiglio di Stato.
APRILE 2004 – Viene definitivamente approvata la legge Gasparri. L’articolo 25 ingloba il testo del dl salvareti e di fatto allunga la vita a Retequattro, affidando l’apertura del mercato tv e l’aumento del pluralismo al passaggio al digitale terrestre.
LUGLIO 2005 – Il Consiglio di Stato sospende l’esame del ricorso di Europa 7 e chiama in causa il tribunale del Lussemburgo.
LUGLIO 2006 – La Commissione europea apre una procedura d’infrazione contro l’Italia perché favorisce gli attuali operatori analogici, Rai e Mediaset, nel passaggio al digitale.
OTTOBRE 2006 – Il governo Prodi vara il ddl di riassetto del sistema tv, firmato dal ministro Paolo Gentiloni. Tentando di rispondere ai rilievi dell’Europa, il provvedimento punta ad aprire il mercato intervenendo sulla concentrazione delle risorse pubblicitarie e delle frequenze.
LUGLIO 2007 – L’Europa da’ ancora due mesi di tempo all’Italia per modificare la Gasparri, chiedendo di fatto un’accelerazione della legge. L’ultimatum Ue scade il 20 settembre e a nulla vale la richiesta di Gentiloni di una proroga dei termini. Approvato a dicembre dalle commissioni Trasporti e Cultura della Camera, il ddl Gentiloni non approderà mai in Aula.
GENNAIO 2008 – Arriva la sentenza della Corte di Giustizia europea, interpellata dal Consiglio di Stato sul caso Europa 7: il sistema televisivo in Italia non e’ conforme alla normativa europea che impone criteri obiettivi, trasparenti e non discriminatori nell’assegnazione delle frequenze.
MAGGIO 2008 – I giudici di Palazzo Spada chiedono al ministero dello Sviluppo economico di pronunciarsi nuovamente sulla richiesta di frequenze da parte dell’emittente, tenendo conto della pronuncia della corte di Giustizia di Strasburgo.
DICEMBRE 2008 – Il ministero assegna a Europa 7 il canale 8, resosi disponibile grazie alla ricanalizzazione di Raiuno.
GENNAIO 2009 – Il Consiglio di Stato stabilisce che Europa 7 dovrà ottenere un risarcimento dallo Stato per 1,041 milioni di euro (a fronte di una richiesta da 3,5 miliardi senza le frequenze, 2,160 miliardi con le frequenze).
FEBBRAIO 2009 – Europa 7 impugna davanti al Tar del Lazio il provvedimento di assegnazione del canale 8, ritenuto insufficiente a garantire una copertura nazionale. Si apre un nuovo contenzioso, chiuso con l’accordo presentato oggi.
APRILE 2010 – Il patron di Europa 7 Francesco Di Stefano, dopo 11 anni di battaglie legali raggiunge un accordo con il viceministro delle Comunicazioni Paolo Romani per utilizzare le frequenze a lui assegnate e far partire così la nuova televisione. Oltre a Canale 8 in Vhf, l’accordo prevede l’assegnazione di altre frequenze che consentano di fare una tv a copertura nazionale.