Italia
A distanza di un mese dalla partenza del decreto “uno contro uno” (D.M. 65/2010), i rivenditori ancora non vogliono adempiere all’obbligo di ritiro – a titolo gratuito – del vecchio apparecchio elettronico quando se ne acquista uno nuovo. È la denuncia di Greenpeace, che ha appena pubblicato una nuova video-inchiesta sulla raccolta dei rifiuti elettronici in Italia.
Secondo l’ultimo Rapporto del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (Unep), la spazzatura elettronica si sta accumulando nel mondo al ritmo di 36 milioni di tonnellate l’anno. La Cina produce 2,3 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici l’anno, seconda solo agli Stati uniti, con 3 milioni di tonnellate. Ed entro il 2020 i rifiuti elettronici di Cina e Sudafrica saranno il 400% in più rispetto a quelli scartati nel 2007.
Greenpeace porta avanti da anni la sua battaglia contro lo smaltimento illecito di questo tipo di rifiuti, che troppo spesso, nonostante la loro pericolosità per la salute umana e per l’ambiente, finiscono in discariche o presso inceneritori o, peggio ancora, vengono esportati nei Paesi in via di sviluppo, dove il riciclaggio viene svolto da operatori casalinghi e inefficienti, non controllati: ad esempio, in Cina e India è molto diffusa la pratica dannosissima per l’ambiente di bruciare su griglie alimentate a carbone circuiti elettronici per estrarre l’oro.
Per verificare il livello di adempimento, da parte dei commercianti, ai dettami del decreto ‘uno contro uno’, in base al quale chi acquista una nuova apparecchiatura elettrica o elettronica, sia esso un elettrodomestico, un computer, un telefonino, una videocamera o quant’altro, dovrà consegnare il vecchio apparecchio agli addetti al ritiro, avviando così, quel percorso di riciclo a carico del venditore e stabilito dalla direttiva europea a tutela dell’ambiente, Greenpeace ha dunque telefonato a nove grandi rivenditori a Milano, Roma e Napoli e si è poi recata in altri tre negozi della capitale con una telecamera nascosta, appurando che nove rivenditori sui dodici intervistati (il 75%) non risultano completamente in linea con la nuova normativa.
“Alcuni rivenditori – ha spiegato Greenpeace – non adempiono alla legge, perché il costo della consegna del prodotto nuovo è stato maggiorato così da includere il ritiro del vecchio articolo, come dichiarato dai commessi. In altri casi, i costi di consegna del nuovo prodotto e di ritiro del vecchio sono ancora distinti fra loro, e viene chiaramente indicato che il ritiro non è gratuito”.
Nonostante l’obbligo effettivo sia arrivato solo ora con il decreto Semplificazioni, l’obbligo del ritiro gratuito “uno contro uno” è in vigore da 5 anni e i commercianti volenterosi avrebbero avuto tutto il tempo per adeguarsi. Ma solo a Milano il ritiro è partito gratuitamente, mentre, ha sottolineato Vittoria Polidori, responsabile della campagna Inquinamento di Greenpeace, “…a Roma e Napoli sembra regnare la discrezionalità del rivenditore piuttosto che il rispetto della legge”.
Sono, quindi, molti i clienti che pur reclamando la gratuità del ritiro del vecchio apparecchio, si vedono costretti a pagare due volte: la prima al momento dell’acquisto (l’eco-contributo RAEE per lo smaltimento è già incluso nel prezzo), l’altra al momento del ritiro del vecchio articolo.
“Pagare due volte è una beffa. Stiamo verificando se presentare un esposto alle autorità competenti. Ma è la gestione dei nostri rifiuti elettronici che deve migliorare. Sono scarti pericolosi e in rapido aumento che richiedono una particolare attenzione”, ha concluso la Polidori, sottolineando che Greenpeace ha chiesto al Ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, di assicurare la reale adozione e il rispetto delle leggi sui rifiuti elettronici e un adeguato monitoraggio degli organi di controllo.
L’anidride carbonica sprigionata dalle procedure per l’estrazione impropria dei metalli preziosi dagli apparecchi elettrici ed elettronici – dai telefonini e dai computer si estrae il 3% dell’oro e dell’argento estratto ogni anno, il 13% del palladio e il 15% del cobalto – rappresenta lo 0,1% delle emissioni globali.