Italia
Oltre il 50% della crescita di produttività registrata in Europa deriva dagli investimenti effettuati nelle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC). Eppure il 30% degli Europei non ha mai navigato su Internet.
Per colmare questo gap, e per contribuire alla crescita e diffondere i benefici derivati dall’era digitale a tutte le fasce sociali, è stata ideata l’Agenda europea del digitale della Commissione europea, presentata ieri, 5 luglio 2010, a Roma, allo Spazio Europa, sede della Rappresentanza in Italia della Commissione.
L’Agenda del digitale prevede 100 interventi di follow-up; di questi 31 dovrebbero essere di carattere legislativo. L’agenda costituisce la prima delle sette iniziative faro della Strategia Europa 2020 per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva.
Il workshop, moderato da Raffaele Barberio, direttore di Key4biz, è stato organizzato in tre sessioni, al termine delle quali è stato aperto il dibattito a cittadini, rappresentanti di imprese, istituzioni, enti locali e mondo della ricerca.
Elisabetta Olivi, della Rappresentanza in Italia della Commissione europea, ha portato i saluti del direttore Lucio Battistotti e ha lanciato il videomessaggio della commissaria Neelie Kroes.
Mario Campolargo, direttore tecnologie emergenti e infrastrutture, direzione generale società dell’informazione e media, Commissione Europea, ha spiegato come l’Agenda indichi sette ‘pilastri’ o aree prioritarie d’azione: la creazione di un mercato unico del digitale, una più estesa interoperabilità, una maggiore fiducia in internet e nella sua sicurezza, un accesso molto più veloce ad internet, investimenti più consistenti nel settore ricerca e sviluppo, un miglioramento dell’alfabetizzazione e dell’inclusione digitali, l’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione per sostenere le sfide che la società si trova ad affrontare come il cambiamento climatico e l’invecchiamento demografico. Tra i benefici ottenibili, anche una maggior facilità per i pagamenti online e la fatturazione elettronica, nonché l’introduzione in tempi brevi della telemedicina e di sistemi d’illuminazione a elevata efficienza energetica.
Le sette aree d’intervento:
1. Un nuovo mercato unico per sfruttare i benefici apportati dall’era digitale
“Abbiamo una sola Unione europea, ma 27 economie digitali diverse“. Così si è espresso Campolargo a Roma. “La Commissione intende aprire l’accesso ai contenuti legittimi in rete, semplificando i meccanismi esistenti di liberatoria del diritto d’autore, rilascio transfrontaliero di licenze e gestione dei diritti. Altre azioni comprendono l’agevolazione di pagamenti e fatturazione“.
2. Migliorare l’interoperabilità delle norme TlC
Per facilitare la creatività, l’aggregazione e l’innovazione da parte dei cittadini, “abbiamo bisogno di prodotti e servizi TlC aperti e interoperabilii“.
3. Migliorare il tasso di fiducia e sicurezza
“I cittadini europei non fanno ricorso a tecnologie delle quali non si fidano. L’88% dei consumatori online in Europa non si sente sicuro. Occorre lavorare contro spam, ciberattacchi, criminalità informatica e frodi online“.
4. Aumentare l’accesso a internet veloce e superveloce per i cittadini europei
“Occorre offrire entro il 2020 l’accesso a internet a velocità pari o superiori a 30Mbps per tutti i cittadini europei, e lavorare affinché entro la stessa data almeno il 50% delle famiglie si abboni a internet con connessioni al di sopra di 100 Mbps“. Internet superveloce è un requisito fondamentale per una crescita economica forte, per la creazione di nuovi posti di lavoro e per l’accesso dei servizi.
5. Incrementare la ricerca di punta e l’innovazione nelle TlC
Gli investimenti UE nella ricerca TlC rappresentano meno della metà di quelli Usa (37miliardi di euro contro 88 miliardi nel 2007). “L’Europa deve investire di più nel settore R&S e deve facilitare il concretizzarsi sul mercato delle migliori idee prodotte in Europa“.
6. Fornire a tutti i cittadini europei competenze digitali e servizi online accessibili
Oltre la metà dei cittadini europei (250milioni) si collega a internet ogni giorno, ma un altro 30% (150milioni) non lo ha mai fatto. La UE vuole dimezzare questo dato entro il 2015.
7. Sfruttare il potenziale delle TlC a vantaggio della società
“Dobbiamo investire nell’uso intelligente della tecnologia per trovare soluzioni che riducano il consumo energetico, sostengano il problema dell’invecchiamento della popolazione (programmi di eHealth) e migliorino l’accesso alla rete delle persone con disabilità“.
A fine giornata, concludendo il workshop, Mario Campolargo si è detto molto soddisfatto: “La mia prima sensazione è proprio la consapevolezza di questo enorme potenziale di opportunità davanti a noi, dal quale dobbiamo trarre profitto. Ho la sensazione che il pubblico di oggi abbia apprezzato le informazioni sull’Agenda digitale, ma soprattutto si è dimostrato pronto a collaborare e condividere idee e preoccupazioni. Per la Commissione europea significa tutta una serie di responsabilità; ci sono qui molti contributi e devo dire che qualunque dubbio dovrà rappresentare una opportunità che noi non dobbiamo perdere. Ci prendiamo l’impegno di tradurlo in un reale e concreto futuro per l’Europa“.
E ancora, ha aggiunto: “Ritorneremo a Bruxelles arricchiti, grazie alle domande e allo scambio di opinioni, e confortati dal momento positivo che abbiamo vissuto qui oggi e dal supporto che l’Italia ci ha dato sull’AD“.
Partecipazione, è una delle parole chiave dell’intervento del direttore Campolargo. Partecipazione è quella che la Commissione europea chiede ai cittadini. Per questo Campolargo ha annunciato, ieri a Roma, un’assemblea annuale sulla Digital Agenda, “per comprendere a che punto siamo arrivati. Abbiamo l’obbligo di attivare questa consultazione annuale con voi cittadini, e vi ricordo che il modo per aderire è quello del sito web. Attiveremo ogni anno una tabella con i risultati. Vogliamo istituire un gruppo di commissari per vegliare sull’efficienza e l’efficacia, vogliamo incontrare ogni anno anche i cittadini“.
Vi ho presentato l’AD nell’ottica di 7 pilastri, che sono tuttavia strettamente connessi tra loro, ponendo al centro il cittadino che deve fruire dell’Agenda digitale.
Prima sessione, Accesso, nuovi servizi e nuove opportunità:
Lucilla Sioli, Capo unità analisi statistica e economica, dg Infso, Commissione europea, ha parlato di un “progresso importante in Europa per l’accesso alla rete, ma la penetrazione della banda larga, benché aumentata in modo significativo in Europa, sta rallentando dal 2006”. C’è una frammentazione vistosa fra i vari stati: Grecia e Paesi dell’Est sono ancora sotto il 17%, mentre Olanda e Danimarca sono sopra il 35% di domanda della banda larga. L’Italia si trova sotto la media europea per la banda larga fissa, ma va meglio per la banda larga mobile, dove è tra i primi posti. Per la fibra l’Italia è nona nel mondo e seconda in Europa, ma la crescita nell’ultimo anno è stata nulla.
Per raggiungere gli obiettivi del 2020, ha spiegato Sioli, “occorre la band a larga di base a tutti i cittadini entro il 2013. La strategia europea è intesa a fare in modo che, entro il 2020, tutti gli europei abbiano accesso a connessioni molto più rapide, superiori a 30Mbps, e che almeno il 50% delle famiglie si abboni a internet con connessioni al di sopra di 100 Mbps“.
Il punto è, tuttavia, che la rete venga utilizzata. Il 30% dei cittadini europei non ha mai navigato. Occorre quindi migliorare l’alfabetizzazione informatica; l’Europa ha previsto alcune misure, mentre altre sono di competenza degli Stati membri.
Isabella Palombini, del Dipartimento Comunicazioni, Ministero dello Sviluppo economico, sulla Digital agenda ha detto: “È un’occasione per lo sviluppo economico e sociale dell’Europa nel prossimo decennio. Conosciamo il ruolo dell’Ict nello sviluppo di un Paese, sono un motore di crescita intelligente e sostenibile e favoriscono anche l’inclusione sociale. Il dipartimento Comunicazioni del ministero è impegnato a declinare gli obiettivi della Strategia 2020 in ambito nazionale. Il Piano nazionale banda larga del viceministro Paolo Romani ha l’obiettivo di azzerare il digital divide entro il 2012. Siamo in linea con la tabella di marcia nonostante gli 800 milioni previsti non siano stati ancora stanziati, ma finora sono stati impegnati 380 milioni e aperti centinaia di cantieri“.
Palombini, incalzata sui numeri e le cifre che vedono il nostor Paese il fanalino di cosa delle statistiche europee, ha aggiunto: “Chiediamo a chi offre numeri e statistiche, di fornire anche delle analisi di contesto che diano conto delle realtà specifiche a livello nazionale. Dove l’età media è molto avanzata, infatti, come nel caso italiano, il tasso di accesso a internet si abbassa; quindi a volte non è un problema di mancate politiche“.
Mario Dal Co, consigliere del Ministro Renato Brunetta per l’eGovernment e l’innovazione, ha parlato di una struttura della Pubblica amministrazione molto complessa e molto invecchiata. “La digital agenda è un eccellente strumento, ma va dotato di una governance più robusta, abbiamo bisogno di alcuni riferimenti europei molto importanti, specie in Italia, sul mercato unico del digitale, sull’accessibilità e compatibilità dei grandi programmi delle transazioni della PA (pensiamo a Sanità e Immigrazione), e poi sui diritti di accesso ai contenuti. Quindi vorremmo una partnership operativa con l’Europa nella gestione del Piano“.
Dal Co ha spiegato che c’è una grande sintonia tra il Piano eGovernment del Ministero per la Pa (i-2012) e la Strategia Europa 2020. Come sistema-paese, tuttavia, “siamo indietro per motivi anagrafici, ma anche per education e per formazione, sia nell’azienda privata che nella PA; registriamo livelli inadeguati a sostenere il processo di cambiamento dell’era digitale. Si sta cercando di riformare la PA attraverso la digitalizzazione da un lato, e il merito e la formazione dall’altro”. Dal Co ha anche parlato della necessità di maggiore accessibilità delle imprese ai dati pubblici: “senza l’intervento del settore privato nella gestione dei servizi pubblici, non può esserci innovazione”.
Seconda sessione – Il mercato unico digitale, proprietà intellettuale e fiducia nell’era dell’Internet economy:
Renzo Turatto, capo dipartimento digitalizzazione e innovazione tecnologica, Ministero per la Pubblica amministrazione e l’innovazione, ha detto che il cambiamento passa attraverso alcuni settori chiave. “Con il Piano i-government, abbiamo individuato tre settori fondamentali, verticali, tre priorità: scuola, sanità, giustizia. Dal punto di vista organizzativo, tutti e tre non si presentano come interventi semplici. La comunicazione elettronica rappresenta il punto di partenza, mentre in un secondo momento verrà la de materializzazione“.
Turatto, parlando di servizi digitali ai cittadini, ha aggiunto: “Creata l’offerta, in alcuni casi, arriva la domanda. In molti pubblici servizi esiste una domanda latente, una esigenza non soddisfatta dei cittadini; se cominciamo ad aprire canali di comunicazione innovativi, allora credo che su questi segmenti e sull’eGovernment si possa cominciare a costruire; sul fronte eGovernment, nel rapporto coi cittadini, siamo ancora molto indietro“.
Federico Poggi, Unità strategia di Lisbona e i2010, dg Infso, Commissione europea, ha spiegato il punto della Digital Agenda relativo al miglioramento del tasso di fiducia e di sicurezza. Poggi ha ricordato come solo l’8% delle transazioni su internet venga effettuato su base transfrontaliera. Tutto ciò comporta una perdita economica di oltre 100miliardi di euro, senza calcolare che così i cittadini si negano la possibilità di rintracciare un’offerta molto più competitiva. È un problema legato alla fiducia nei pagamenti.
Legato alla fiducia è anche il problema dello spam: tra l’80n e il 98% di tutto il traffico email è costituito da spam. Con la digital agenda la Commissione si propone di creare un mercato digitale unico, dove almeno il 50% degli acquisti venga effettuato online. “La Commissione intende aprire l’accesso ai contenuti legittimi in rete, semplificando i meccanismi esistenti di liberatoria del diritto d’autore, rilascio transfrontaliero di licenze e gestione dei diritti“. Altre azioni comprendono l’agevolazione di pagamenti e fatturazione.
Luigi Perissich, Direttore generale Confindustria servizi innovativi e tecnologici, ha spiegato che a Confindustria servizi innovativi e tecnologici fanno capo 51 associazioni di categoria e 62 sezioni territoriali. La Federazione ha elaborato un documento ‘Italia Digitale’. Il progetto della Federazione si basa su 4 direttrici interdisciplinari: lo sviluppo delle infrastrutture digitali; l’innovazione dei servizi digitali; lo sviluppo e la protezione dei contenuti digitali; la promozione/sensibilizzazione delle famiglie, delle imprese e della pubblica amministrazione all’utilizzo di tali innovazioni. Italia Digitale è concepita come supporto alla Digital Agenda Europea. Tra gli indirizzi che fornisce ci sono quelli di creare un portale unico del per le imprese, lo sviluppo dell’editoria scolastica digitale, un portale prenotazioni, ricetta e certificati digitali, la trasmissione telematica di avvisi di reato e così via.
“La nostra Federazione vuole lavorare insieme al mondo dell’editoria, dell’e-commerce, eccetera, per trovare strade sostenibili per le industrie coinvolte. Dobbiamo lavorare insieme, con le industrie e la PA“.
Gino Giambelluca, di Banca d’Italia, parlando di sviluppo dei servizi digitali, ha raccontato dell’esperienza nel sistema dei pagamenti. Le procedure bancarie consentono a tutti gli attori del sistema di scambiarsi le informazioni per le operazioni interbancarie, come bonifici, incassi, carte.
La dotazione di infrastrutture e le procedure del sistema dei pagamenti sono più che adeguate in Italia, il passaggio alla SEPA consentirà ulteriori razionalizzazioni. Ma ancora il 92% dei pagamenti avviene in contanti, solo il 5% di quelli cosiddetti elettronici è effettuato via internet.
L’utilizzo pro-capite degli strumenti di pagamento elettronici è su valori assai bassi rispetto alla media europea (64 contro 157 operazioni annue; circa 300 il dato statunitense).
“Occorre incrementale la fiducia dei consumatori sui servizi digitali, spingendo di più sulle regole e sulla comunicazione, che possano favorire transazioni commerciali a distanza e migliorarne l’efficienza”. Per Giambelluca occorre lavorare per migliorare sia la fiducia negli utenti che l’innovazione tra le industrie.
Piero Attanasio, dell’Associazione italiana editori, si è occupato delle tecnologie e gestione “amichevole” dei diritti. Cosa significa passare dal vendere libri a vendere file? In realtà si vende un diritto di accesso al file, o un diritto di pubblicazione o riproduzione. Quindi non si tratta di una dematerializzazione; è per questo che diventa centrale il ragionamento sui diritti d’autore.
“Oggi esistono diversi intermediari. Non c’è ancora una vera portabilità dell’ebook; questo è un problema molto grosso sia per i lettori che per le imprese editoriali. Occorrono più cose, in particolare standard aperti e interoperabilità dei formati, anche nei modi di espressione e gestione dei diritti. Su questi passaggi lo sviluppo è ancora molto arretrato, non tanto in Italia, quanto nel resto del mondo“.
Attanasio ha poi parlato del progetto Arrow (coordinato da Aie), per salvare le opere “orfane” e regolarne l’uso.
L’Agenda digitale affronta questi problemi, in più pilastri (almeno tre). Le strategie europee saranno utili, secondo Attanasio, ma non vanno cercate soluzioni semplificate che non aiutano. I problemi cruciali sono interoperatività e standard.
Terza sessione – Ricerca e sviluppo al servizio delle sfide sociali
Franco Accordino, tecnologie emergenti e infrastrutture, dg Infso, Commissione europea, ha parlato di ricerca e sviluppo nelle TlC. “Per la prima volta nella storia siamo davanti a un cambiamento epocale, siamo in grado di raccogliere dati su sistemi complessi e prendere decisioni istantanee. L’Europa, per sostenere questo tipo di ricerca, spende più o meno la metà di quanto fanno gli USA. Perché il sostegno pubblico è molto debole e i finanziamenti sono frammentati. E anche perché vige una mancanza di focalizzazione e perché non siamo capaci di acquisire e mettere in opera i risultati della ricerca nell’indotto dell’innovazione”.
Con l’agenda digitale si possono affrontare questi deficit, facendo leva sugli investimenti privati; “è un problema complesso, che riguarda la cultura del rischio delle aziende, però abbiamo misure molto precise per compensare il problema, come appalti pre-competitivi, partenariati pubblico-privato, fondi strutturali“.
Per Accordino, occorre inoltre rafforzare l’integrazione di risorse con/tra gli Stati membri e industria, assicurare un accesso rapido e facile ai fondi di ricerca, sostenere le infrastrutture TlC per la ricerca e l’innovazione, sviluppare una nuova generazione di applicazioni e servizi web sostenendo standard e piattaforme aperte. Queste sono azioni sotto la responsabilità dell’UE, ci sono poi anche azioni di R&S previste per gli Stati membri, ovviamente.
Vincenzo Raffaelli, del Consiglio nazionale delle ricerche di Bologna, ha descritto i progetti Smart-inclusion (a servizio dei bambini ospedalizzati) e Smart-town, realizzati insieme a Telecom e al Governo.
Il primo è un terminale touch screen, che viene sterilizzato due volte al giorno, e usato dal bambino a letto. Il piccolo paziente può giocare e studiare, andare su internet, può andare a teatro, chiamare la caposala, gestire la cartella clinica e comunicare con casa. Si sta inoltre lavorando su un progetto futuro: lo zainetto elettronico. Il sistema funziona in sei ospedali pediatrici più importanti del Paese. “Così si riduce il digital divide – ha detto Raffaelli – ma si aiutano i bimbi anche a comunicare”.
Il secondo progetto permette di risparmiare energia nella gestione degli impianti di illuminazione (terza voce di spesa in un Comune), attraverso un segnale digitale, e gestire inoltre la videosorveglianza, i pannelli informativi, la gestione dei parcheggi prepagati, i pannelli di advertising video.
Fausto Giunchiglia, Università di Trento e coordinatore gruppo ICT del Piano nazionale di ricerca, si è chiesto come si può capitalizzare la ricerca per creare valore sul mercato, un problema che esiste a livello internazionale. “Le Ict devono connette le persone e non connettere i computer, e deve essere l’uomo a guidare il computer e non viceversa. Serve quindi una nuova e rifondata Ict, che si concentri sulla persona e sulla ‘connessione’ delle persone“.