Italia
Servono controlli più mirati ma, soprattutto, leggi più severe per garantire una maggiore sicurezza sul web. E’ così che una questione sociale, diventa ogni giorno di più una questione politica e questo perché tanti sono i messaggi che arrivano dalla rete, molti dei quali, purtroppo, anche lontani dal rispetto delle regole civili e dai dettami dello Stato.
Dopo le denunce a siti pregiudizievoli e aree a rischio, all’attenzione della classe politica italiana si rivolge tutta verso la problematica dell’incoraggiamento via internet a compiere atti criminali.
Quello che preoccupa i parlamentari italiani, ed in particolar modo quelli del Pdl che hanno proposto l’adeguamento di alcuni articoli del codice penale non più adeguati alle minacce che arrivano dalla rete, infatti, è l’istigazione alla violenza.
Alle minacce che avanzano, dunque, per 54 senatori del Popolo della Libertà, si rendono necessari nuovi rimedi quali potrebbero essere quelli contenuti in un disegno legge che ha visto primo firmatario l’esponente del centrodestra Raffaele Lauro.
Il nuovo strumento che va a modificare gli articoli 115 e 414 del codice penale e che riguardano rispettivamente le violazioni del divieto di pubblicazione e la riapertura delle indagini, andrebbero integrati con la pena della reclusione in carcere.
Non sono più ‘calzanti’ alle ‘provocazioni’ del world wide web, le due norme andrebbero adeguate con la pena da 3 a 12 anni di galera per chi, comunicando con più persone e in qualsiasi forma, istiga a commettere i reati puniti dall’articolo 593 del Codice penale. La proposta prevede, inoltre, anche un’aggravante “se il fatto viene commesso avvalendosi dei mezzi di comunicazione telefonica o telematica”.
“Gli articoli 115 e 414 del Codice penale -ha spiegato Lauro – non sono aggiornati rispetto alle potenzialità espresse dalla rete. Da qui, la necessità di intervenire per via legislativa prevedendo un’incriminazione finalizzata ad arginare il pericoloso e, purtroppo diffuso fenomeno di coloro che inneggiano alla violenza sfruttando proprio gli interventi mediatici o telematici”. “E’ necessario – aggiunge– introdurre una fattispecie penale che punisca il comportamento di chi, tramite discorsi, espressioni, scritti, interventi, utilizzando internet o i social network, o tramite altri mezzi mediatici o informatici, istighi a commettere un delitto contro la vita e l’incolumità individuale o fa apologia degli stessi delitti”.
“La fattispecie di reato che i senatori del Pdl vogliono introdurre nel Codice penale -prosegue ancora l’esponente del centrodestra Lauro – è modellata sull’articolo 303 (Pubblica istigazione e apologia), che però riguarda solo i delitti contro personalità internazionali e dello Stato. Una soluzione di questo tipo non potrebbe essere soggetta a censure connesse alla possibile lesione al diritto alla libertà di manifestazione del pensiero sancita dall’articolo 21 della Costituzione. Se così fosse, non potrebbe considerarsi costituzionalmente compatibile neanche la fattispecie prevista dall’articolo 303 del Codice penale che punisce l’istigazione a commettere un delitto meno grave rispetto a quelli contro la vita e l’incolumità delle persone”.