Call Center: ‘Come rilanciare il settore’. Slc-Cgil, Fistel-Cisl e Uilcom-Uil insieme per tutelare l’occupazione

di Antonietta Bruno |

Italia


Call center

Continua a preoccupare la situazione dei Call center italiani e la precarietà di centinaia di lavoratori a rischio di licenziamento. Una situazione di certo insopportabile che ha portato a giornate di mobilitazioni in tutto il Paese, a scioperi della fame ai quali hanno aderito anche i parlamentari del Pd e a richieste di incontro con il governo centrale.

 

Incontro-confronto finalizzato a predisporre tutti i materiali utili e le eventuali proposte condivise tra le parti sociali da trasferire poi alla Presidenza del Consiglio, e che dopo varie peripezie i sindacalisti di Slc-Cgil, Fistel-Cisl e Uilcom-Uil sono riusciti ad ottenere.

 

“Come Slc-Cgil abbiamo consegnato al Governo, all’associazione confindustriale sia degli outsourcer che dei committenti TLC, oltre che alle altre forze sociali, la nostra piattaforma per un Patto tra Produttori per rilanciare il settore”. Così si esprime a margine della riunione tenutasi presso il Ministero dello Sviluppo Economico il segretario nazionale del sindacato Alessandro Genovesi.

 

“Abbiamo avanzato una proposta articolata, discussa all’ultima assemblea nazionale dei quadri e delegati tenutasi il 28 giugno scorso, e che ha ottenuto consensi anche da parte delle imprese del settore. Serve un vero e proprio patto di sistema – ha aggiunto – con agevolazioni fiscali mirate, interventi sulla formazione, clausole sociali per impedire gare al massimo ribasso, accordi a tutela dei clienti evitando delocalizzazioni di attività all’estero. Come sindacato, siamo pronti a fare la nostra parte solo a condizione che il sistema delle imprese accetti una competizione sulla qualità e per il mantenimento dei livelli occupazionali e se il Governo metta qualcosa sul piatto”.

 

“Proprio il Governo – ha poi conclude Genovesi – per troppo tempo ha fatto il ‘pesce in barile’ assecondando, in alcuni casi, le imprese più scorrette visto che ha azzerato ogni politica ispettiva e repressiva e visto che ora propone con l’art. 40 del decreto anticrisi, di ridurre l’Irap solo al Sud e solo per le nuove imprese. L’articolo va ritirato o modificato profondamente per evitare che qualche azienda chiuda e magari riapra con altro nome a 100 metri. Fenomeni già registrati nel nostro settore”

 

Il governo, dunque, deve fare la sua parte e porre rimedio a quello che per molti sta per diventare un vero e proprio dramma sociale.

 

“Nel nostro Paese si sono già persi 10 mila posti di lavoro e altrettanti sono a rischio – si è rimarcato ancora – non si può condannare una generazione prima alla precarietà e poi alla disoccupazione. Il Governo batta un colpo o si assuma la responsabilità di un altro disastro sociale annunciato”.

 

C’è poi chi, riferendosi al caso Eutelia, parla addirittura di “Violenza sociale“. Ad esprimersi in questi termini, è il deputato del Partito Democratico Sandro Gozi: “Proprio così. Tutto quello che sta accadendo è una violenza sociale – ha detto – non vedo altra espressione per descrivere quello che stanno subendo i lavoratori di Eutelia, nel silenzio complice e interessato del Governo e del Presidente del Consiglio. Lo sciopero della fame a cui anch’io ho aderito  è uno strumento democratico di lotta non violenta contro quel sopruso e contro la congiura del non dire che lo rende possibile“.

“La battaglia dei lavoratori in sciopero della fame in piazza Montecitorioha aggiunto e concluso l’esponente politico italiano, è anche la nostra. Con loro chiediamo che il governo mantenga la parola data, dando date certe per il processo di soluzione della vertenza”.

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