Europa
Le tecnologie dell’informazione e della comunicazione – dai telefonini ai social network – hanno radicalmente trasformato la nostra società e il nostro modo di comunicare, ma hanno anche imposto maggiore attenzione a tematiche quali la privacy e la protezione dei dati, sulle quali l’Europa può e deve fare di più.
Su questi temi si è concentrato l’intervento del Commissario Ue Viviane Reding (responsabile per la Giustizia, i diritti fondamentali e la cittadinanza) alla Conferenza “Building Trust in Europe’s Online Single Market“, alla Camera del Commercio americana.
La Reding, già da quando rivestiva il ruolo di Commissario Ue per la Società dell’Informazione, si è concentrata molto sull’importanza di arrivare a un mercato unico delle comunicazioni – dal valore potenziale di 100 miliardi di euro – e di aggiornare le regole sulla protezione dei dati, molto rigide ma ferme al 1995.
La Reding ha analizzato la situazione relativa alla protezione dei dati: l’articolo 8 della Carta dei diritti fondamentali tutela specificamente il nostro diritto alla riservatezza dei dati personali e alla privacy. Chiunque, insomma, “…ha diritto a uno spazio privato in cui pensare liberamente, commettere errori, dire cose stupide, sperimentare, essere creativo o esercitare qualsiasi altro interesse”, ha detto, sottolineando che il suo obiettivo fondamentale è quello “…di garantire che le persone abbiano un elevato livello di protezione e di controllo sulle loro informazioni personali”.
Regole che siano uniche per tutta la Ue e che dovranno essere rispettate da tutte le società che vorranno operarvi.
“Fino ad ora – ha sottolineato la Reding – la Direttiva sulla protezione dati ha superato la prova del tempo. Ma ora siamo di fronte a un nuovo modo di creare e utilizzare i dati: gli imprenditori avviano i siti di social networking dalle camere del college, mentre gli utenti del Web generano i contenuti e li condividono con un semplice clic”.
Senza contare l’uso sempre più massiccio dei dispositivi internet mobili, del cloud computing e il fatto che fra poco tempo tutti gli oggetti della nostra vita quotidiana potranno connettersi in rete, dando vita a un ‘internet delle cose’.
Secondo recenti stime, il mercato della pubblicità comportamentale crescerà fino a oltre 3 miliardi di euro nel 2012, otto volte i livelli del 2007. Questo tipo di pubblicità permette alle web company di creare profili delle attività online degli utenti per meglio bersagliarli con spot basati sulle loro abitudini.
La pubblicità paga una gran parte dei servizi gratuiti che fanno girare il mondo internet.
“Ma – ha aggiunto la Reding – i nostri principi sulla protezione dei dati dicono che le email e le attività online possono essere utilizzate in questo modo solo se gli utenti sono pienamente consapevoli dell’utilizzo che ne se fa e non considerati oggetti. Quindi abbiamo bisogno di regole che rendano gli obblighi per il rispetto dei diritti della privacy molto chiari”.
Bisogna garantire che i dati personali – che possono circolare tra le diverse parti del mondo in cui esistono regole diverse – siano utilizzati i maniera legittima e trasferiti in maniera sicura.
“Non c’è spazio per i dubbi quando si tratta di informazioni private: servono regole chiare e indicazioni specifiche per l’applicazione pratica dei principi di protezione dei dati”, ha aggiunto la Reding, sottolineando che è necessario dare agli utenti maggiori poteri per il controllo dei dati.
“Più controllo significa anche essere in grado di spostare i dati da un luogo all’altro, e di averli correttamente rimossi dalla prima posizione nel processo”, ha spiegato ancora.
Che succede se, ad esempio, un utente vuole trasferire i dati stipati nelle ‘nubi’ verso un nuovo provider?
“Come commissario europea alle telecomunicazioni, mi sono battuta per fare della portabilità del numero una vera opzione per i consumatori, nell’interesse della concorrenza. La stessa logica dovrebbe valere per i dati”.
Un’altra delle tappe fondamentali, per la Reding, se si vuole costruire una solida base di fiducia è quella di chiarire meglio il concetto di ‘consenso dell’utente’, e cioè lavorare per evitare informazioni ambigue e confuse.
E più fiducia, ha detto ancora, “significa anche maggiore certezza giuridica per i mercanti di dati'”.
In terzo luogo, continua, “…abbiamo bisogno di estendere i principi fondamentali della protezione dei dati in un unico insieme di norme, applicabili anche alla cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale”.
In conclusione, ha detto la Reding, “i regolatori devono garantire che gli utenti possano avere fiducia nel modo in cui gli operatori trattano i loro dati e questa fiducia non deve essere in alcun modo abusata”.
Per questo bisogna arrivare a una sorta di parità tra utenti e operatori, con questi ultimi obbligati a offrire strumenti e servizi chiari e a rispettare i diritti fondamentali sulla protezione dei dati personali.
“Chiunque lavori in internet – ha concluso – sa che la fiducia è fondamentale ed è per questo che l’autoregolamentazione può funzionare bene in quest’area per completare l’attuale legislazione”, con l’incorporazione dei principi di privacy by design e un uso più intenso delle Privacy Enhancing Technologies.
Sulla base degli ultimi dati Ue, il 60% degli acquisti online tra diversi Paesi Ue non può essere completato dai consumatori poiché il commerciante non effettua consegne oltre i confini nazionali o non offre un mezzo adeguato di pagamento transfrontaliero.
Secondo la Reding, quindi, solo il 12% degli Europei si fida delle transazioni online. L’incertezza riguarda sia i venditori, riguardo le diverse leggi applicate negli Stati membri, sia i consumatori relativamente ai loro diritti quando acquistano online.
La Reding ha quindi affermato che i dubbi relativi alla privacy e alla sicurezza dei pagamenti, allontanano i consumatori dai vantaggi delle nuove tecnologie. Per questo è essenziale che le istituzioni europee e i governi nazionali accelerino sull’armonizzazione dei diritti dei consumatori.
“I consumatori devono essere rassicurati sul fatto di essere ben protetti quando acquistano online e le imprese hanno bisogno di chiarezza, quando si avventurano in nuovi mercati”, ha affermato.
Quest’estate, ha quindi annunciato, sarà lanciata una consultazione pubblica che verterà, fra le altre cose, su un regime opzionale del diritto contrattuale europeo, basato un livello di protezione dei consumatori più alto.
Questo “permetterà alle aziende, in particolare alle più piccole, di scegliere un unico set di termini e condizioni anche quando decidono di operare al di fuori dei propri confini nazionali”.