Italia
Circa 120 richieste di aiuto in appena otto mesi di attività. Questo il numero dei pazienti, o meglio dei ‘drogati del web‘ che sono dovuti ricorrere alle cure dei sanitari dell’ambulatorio dedicato all’Internet Addiction Disorder, nato presso il Policlinico Gemelli di Roma a inizio novembre 2009, per aiutare i cybernauti a dire addio alla dipendenza da social network come Facebook e Twitter, ma anche blog, chat, amicizie, sesso virtuale e giochi di ruolo online.
Un fenomeno, la ‘sindrome da dipendenza a internet’, che come evidenziato già nel 1995 dallo psichiatra americano Ivan Goldberg, che per primo ha definito il concetto di Internet Addiction Disorder, colpisce sempre più persone e rischia di rovinare la vita dei ‘sempre connessi’ oltre ad avere già cambiato le abitudini di quella che viene oramai definita ‘generazione digitale’.
“Le richieste e l’afflusso dei pazienti sono state costanti, con una media di circa 20-30 contatti al mese, a cui si aggiungono le telefonate dei genitori preoccupati per i figli adolescenti” ha spiegato alla stampa lo psichiatra e coordinatore dell’ambulatorio capitolino Federico Tonioni, che tra i pazienti bisognosi di aiuto, ne ha anche individuato due diverse tipologie. Uomini di 25-40 anni consapevoli di avere un problema anche perché hanno conosciuto un ‘prima di internet’, e gli adolescenti stregati in particolare dai giochi di ruolo sul web. A non subire la dipendenza da internet, pare siano state invece le donne. Pochissimi infatti, a detta dello psichiatra Tonioni, i contatti al femminile che seppure “usano il Pc navigano e non disdegnano social network, blog e chat, più difficilmente chiedono aiuto“.
Il primo gruppo di pazienti individuato, dunque, è quello di giovani adulti che hanno sviluppato un rapporto patologico con il web, variegato per età e per sottogruppo di dipendenza, soprattutto sexual addiction, passione per il gioco d’azzardo e i giochi di ruolo. “In queste persone – ha aggiunto ancora lo specialista – abbiamo notato una tendenza ad attivare dinamiche di controllo sulla fedeltà via web. Non mancano, insomma, i casi di chi si finge un altro e, sotto mentite spoglie, contatta la propria fidanzata su internet, le propone la propria amicizia e ne spia le reazioni per vedere cosa fa”.
In generale, nel caso degli adulti scatta la consapevolezza di aver sviluppato un disagio, cosa che agevola la relazione terapeutica e l’adesione alla terapia.
“C’è poi il fenomeno degli adolescenti e dei giovani da 13 a 20 anni, che vengono accompagnati in ambulatorio nella maggior parte dei casi dai genitori, fortemente preoccupati per la diminuzione della ‘performance’ scolastica e della vita di relazione al di fuori della rete – aggiunge ancora Tonioni – Spesso i genitori si limitano a telefonare e a chiederci consigli, preoccupati da un comportamento dei figli che non capiscono“.
Ragazzi intelligenti ma tendenti all’isolamento e, nel caso di quelli trattati presso il centro, pare anche con evidenti segni di una dissociazione dalla realtà prolungata. “Si tratta di un’esperienza che, in forma ‘fisiologica’ possiamo provare tutti se ci mettiamo a navigare in Rete, dopo un po’ è come sognare ad occhi aperti, come se fossimo ‘scollegati’ dal resto del mondo. A un certo punto però il nostro timer interno ci ‘riattiva’. Ma se si e’ abituati a stare per ore connessi – conclude – si rischia di subire le conseguenze di questo stato sulla vita reale. Risultato? Si innesca una profonda angoscia tra i genitori che non riescono a entrare in contatto con i figli“. Un divario, e nei casi più gravi anche una vera e propria frattura tra genitori ‘pre-digitali’ e ‘figli cybernauti’.