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Media e libertà: appello bipartisan al Parlamento Ue. ‘Proteggere pluralismo e indipendenza, prerequisito per la democrazia europea’

Europa


“Il pluralismo dei media, in quanto prerequisito per la democrazia europea, non è necessariamente garantito dalla competizione e dai progressi tecnologici, mentre il settore dei media sta attraversando una crisi epocale, che sta portando alla chiusura di centinaia di pubblicazioni, al licenziamento di migliaia di giornalisti e alla bancarotta di molte società”.

È quanto si legge in una dichiarazione scritta presentata nei giorni scorsi da un gruppo di europarlamentari per chiedere agli Stati membri di non indugiare oltre e trovare nuovi metodi per finanziare i media e sostenere il giornalismo indipendente.

 

La slovena Tanja Fajon, i francesi Jean-Marie Cavada e Patrick Le Hyaric, il tedesco Jorgo Chatzimarkakis e il romeno Ioan Enciu hanno chiesto specificamente alla Commissione e ai governi di “proteggere il principio del pluralismo e dell’indipendenza del giornalismo come definito dall’articolo 11 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea”.

 

E ancora hanno chiesto agli Stati membri di “monitorare e assicurare il pieno rispetto del principio di indipendenza dei media applicando l’articolo 11 della Carta come indicato dal Trattato di Lisbona”.

 

Se la dichiarazione sarà appoggiata dalla maggioranza del Parlamento, il presidente Jerzy Buzek la inoltrerà alla Commissione e ai 27 parlamenti nazionali.

 

Si riapre quindi il dibattito sulla libertà di informazione, dopo che lo scorso ottobre, l’Europarlamento ha bocciato nove proposte di risoluzione sulla libertà d’informazione in Italia e negli altri Stati membri, tra cui anche una firmata tra gli altri da David Sassoli e Luigi de Magistris, che parlava di mezzi di comunicazione “sotto attacco”; della necessità di garantire il pluralismo dei media in Europa; della questione dei conflitti d’interesse e delle interferenze compiute dal governo italiano sui media nazionali e stranieri. Bocciata anche una risoluzione del centrodestra in cui si affermava che in Italia la libertà di stampa non è minacciata ma garantita dalla Costituzione e radicata nella vita quotidiana dei cittadini.

 

Niente direttiva europea, dunque, come chiesto più volte dal centrosinistra, sulla tutela del pluralismo e della concentrazione dei media che avrebbe dovuto esaminare gli eventuali ‘rischi’ presenti in Italia nel settore dell’informazione, nonostante molti osservatori internazionali – tra cui l’associazione Freedom House – abbiano rilevato che in alcuni paesi come Italia, Romania, e Bulgaria l’informazione sia  solo “parzialmente libera”.

 

Al dibattito sulla dichiarazione presentata nei giorni scorsi sulla scia della campagna di European Alternatives e Alliance Internationales de Journalistes per una legge che tuteli la libertà di stampa in Europa, non era presente alcun rappresentante del centro destra. La verde olandese Judith Sargentini ha affermato che l’intento è quello di arrivare a “una legge che proibisca a una sola persona di avere tutto”, non di condurre una “crociata contro l’Italia”, dove tuttavia preoccupa il mix tra “libertà di stampa e business”.

Una legge europea che assicuri che il finanziamento dei media “non sia concentrato in poche mani” potrebbe risolvere il problema secondo la Sargentini.

 

“La libertà di stampa è di essenziale importanza per la democrazia”, ha aggiunto l’europarlamentare, che ha tuttavia ammesso come sia difficoltoso fare progressi in quest’ambito, anche a causa della situazione italiana.

La Commissione, ha spiegato, “non è l’unico colpevole” di questo stallo: servirebbe infatti un più ampio consenso da parte di tutto lo spettro politico e dell’opinione pubblica per ottenere un maggior pluralismo.

 

In base al Trattato di Lisbona, la Commissione può presentare una legislazione su una particolare questione su richiesta di un milione di persone di almeno nove stati membri. Ecco perche la Sargentini, insieme a Lorenzo Marsili, co-direttore del gruppo European Alternatives, intende mobilitare i cittadini europei per produrre una Iniziativa dei Cittadini (ECI) sul pluralismo dei media entro la fine dell’anno.

 

Ma sono in molti a essere scettici sulla buona riuscita dell’iniziativa: “abbiamo molti nemici”, ha avvisato Paolo Celot della European Association for Viewers Interests (EAVI), mentre il bulgaro Stanimir Ilchev (ALDE) ha affermato che l’elite politica del suo paese è forse troppo vicina all’elite industriale, che possiede la gran parte dei media: “Gli uomini d’affari bulgari possiedono – ha detto – televisioni, radio e giornali e le loro banche conservano il denaro del governo”.

A queste parole si aggiungono quelle di un altro rappresentante della bulgaria al Parlamento europeo: Stanimir Ilchev ha affermato che “non si sta solo affrontando il tema della mancanza di pluralismo o della violazione della libertà di stampa”. Il problema, ha detto, “è più profondo è complicato e riguarda le oligarchie dei nuovi stato membri”.

“C’è una grande minaccia al pluralismo dei media nell’Europa centrale – ha aggiunto Mark Thompson, direttore del programma media all’Open Society Institute – che deve essere urgentemente risolta e qualcuno non ne ha sufficiente consapevolezza”.

“I media pubblici nei nuovi Stati membri non funzionano bene”, ha aggiunto.

 

Altri partecipanti all’incontro hanno affermato che la migliore possibilità per garantire il pluralismo dei media risiede in un’azione del Parlamento europeo, che l’unico organismo a poter convincere la Commissione ad agire.

 

“Sfortunatamente – ha concluso Katrien Lefever del Centre for Law and ICT della Catholic University of Leuven – i trattati europei non offrono il giusto spazio alle misure per proteggere il pluralismo”.

 

La Lefever ha presentato uno strumento sviluppato con i colleghi universitari per misurare il pluralismo dei media in ogni Stato membro e ha suggerito che la Commissione potrebbe utilizzarlo nella presentazione dei suoi indicatori alla fine di quest’anno.

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