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Roaming: la Corte Ue respinge ricorso degli operatori UK. L’eurotariffa ‘idonea a proteggere i consumatori contro prezzi elevati’

Europa


La Corte di Giustizia della Ue ha confermato la validità delle normative europee sul roaming, introdotte nel 2007 dalla Commissione per calmierare i costi delle chiamate telefoniche effettuate dal cellulare e dirette verso altri Paesi europei.

La Corte Ue ha respinto, dunque, le richieste di diversi operatori e associazioni – Vodafone, Telefonica O2, T-Mobile, Orange, Office of Communications, Hutchinson 3G, Association GSM – che contestavano la validità dell’applicazione di tale regolamento nel Regno Unito e Irlanda del Nord per tre motivi: l’inadeguatezza del fondamento normativo del regolamento medesimo nonché la violazione, da parte di quest’ultimo, dei principi di proporzionalità e di sussidiarietà.

 

I servizi di roaming al dettaglio costituiscono parte dell’accordo o del contratto di telefonia mobile concluso dal cliente con il fornitore del paese d’origine e vengono tariffati come uno dei servizi oggetto di tale accordo o di tale contratto. Il regolamento Ue sul roaming impone agli operatori mobili dei tetti tariffari all’ingrosso e al dettaglio per la fornitura di servizi di roaming sulle reti pubbliche di telefonia mobile per quanto attiene alle chiamate vocali tra Stati membri.

 

Avendo la Commissione rilevato che i prezzi pagati dagli utenti per tali servizi fossero troppo elevati, il 30 giugno del 2007 è stata introdotta la cosiddetta ‘eurotariffa‘ per le chiamate vocali che, secondo i calcoli della Ue, ha generato risparmi del 60%, che aumenteranno grazie alla riduzione progressiva dei costi introdotta dalla nuova normativa. Una misura finalizzata a porre fine alle “bollette shock” e alle disparità di prezzi tra un Paese Ue e un altro.

 

In base alle disposizioni Ue, le tariffe scenderanno ulteriormente fino al 1° luglio del 2011, quando effettuare una chiamata da un paese diverso dal proprio costerà 35 centesimi. Le chiamate ricevute, invece, non potranno costare più di 15 centesimi dal 1° luglio 2010 e non più di 11 centesimi dal 1° luglio dell’anno successivo.

 

Secondo la Corte Ue, “l’introduzione, per effetto di tale disposizione, di tetti tariffari a livello dei prezzi al dettaglio dev’essere considerata come idonea a proteggere i consumatori contro livelli di prezzo elevati”.

 

Contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, che contestavano il carattere ‘necessario’ della misura, tenuto conto della natura concorrenziale dei mercati al dettaglio, e chiedevano di applicare il regolamento solo per le tariffe all’ingrosso, la Corte ha rilevato che “…una regolamentazione dei soli prezzi all’ingrosso non avrebbe prodotto effetti diretti ed immediati sui consumatori. Per contro, solo una regolamentazione dei prezzi al dettaglio poteva migliorare direttamente la situazione di questi ultimi”.

 

Un’azione a livello comunitario, quindi, si è resa necessaria per regolamentare sia i prezzi all’ingrosso che quelli al dettaglio, dal momento che relativamente ai primi le “autorità di regolamentazione nazionale non hanno né il potere di regolamentare i prezzi applicati da operatori di reti straniere agli operatori delle reti del loro Stato di appartenenza, né sono incentivate ad assoggettare a regolamentazione i prezzi all’ingrosso applicati, nell’ambito del territorio di loro competenza, a operatori stranieri”.

 

La Commissione ha quindi agito conformemente al principio di sussidiarietà, in base al quale un intervento comunitario risulta legittimo solo se lo stesso obiettivo non può essere perseguito a livello nazionale.

 

L’aver fissato dei limiti alle tariffe non viola neanche il principio di proporzionalità, poiché l’intervento della Commissione è arrivato come ‘estremo rimedio’ a una situazione rimasta praticamente immutata nonostante i diversi tentativi condotti per calmierare i prezzi del roaming.

 

Un’azione tempestiva si è resa necessaria anche perché la Commissione ha più volte denunciato che la variazione dei prezzi del roaming non può essere giustificata né spiegata dai costi sostenuti dagli operatori per garantire il servizio. Questi ultimi, infatti, traevano margini di utile superiori anche al 200% per le chiamate effettuate in roaming e del 300% o 400% per le chiamate ricevute.

 

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) ha dichiarato che: “L’esame delle questioni pregiudiziali non ha rivelato elementi idonei ad inficiare la validità del regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio 27 giugno 2007, n. 717, relativo al roaming sulle reti pubbliche di telefonia mobile all’interno della Comunità e che modifica la direttiva 2002/21/CE”.

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