Cina
Dopo la catena di suicidi che ha sconvolto la Cina, e che ha puntato gli occhi del mondo sulla società, Foxconn starebbe valutando di aumentare del 20% lo stipendio dei lavoratori e di trasferire almeno 80 mila dipendenti in sedi più vicine ai loro paesi d’origine.
In 5 mesi, 10 dipendenti della società si sono tolti la vita: si tratta, per la maggior parte, di giovani arrivati dalle lontane province e catapultati in un ambiente lavorativo ricco di sacrifici, ma povero di soddisfazioni economiche.
La società, fondata nel 1974 da Terry Gou, produce componenti elettroniche per conto dei maggiori gruppi hi tech mondiali – da Apple a Dell e HP – e conta circa 20 stabilimenti di produzione che danno lavoro a un totale di 800 mila persone in Cina.
Il clamore per la serie di suicidi è stato molto forte e molte delle aziende che appaltano a Foxconn la produzione dei propri dispositivi hanno affermato di stare indagando sulle condizioni di lavoro e sulla risposta della società a questa emergenza sociale.
Apple, in particolare, è molto sensibile alla questione, visto che in passato è stata accusata di aver affidato la produzione dei suoi stilosissimi gadget ad aziende che sfruttavano il lavoro minorile.
Il patron di Foxconn ha chiesto scusa per questi tragici fatti, affermando di sentirsi responsabile in quanto datore di lavoro delle persone che si sono tolte la vita a causa – da quanto emerso – della costante pressione e dell’isolamento sociale patito nelle città-fabbrica.
I sindacati avevano chiesto un aumento di almeno il 50%, per consentire ai lavoratori di guadagnare abbastanza senza dover fare straordinari.
“Gli aumenti – ha spiegato il vicepresidente di Foxconn Edmund Ding – saranno differenziati in base alla sede, ma saranno in media del 20%”.
Lo stipendio dei dipendenti Foxconn è in linea con i minimi salariali previsti dalla legge (circa 152 dollari al mese) e così, la maggior parte dei lavoratori, per sopravvivere è costretta a molte ore di straordinario.
Per dimostrare al mondo che le condizioni di vita e di lavoro non sono così terribili come descritto, mercoledì Gou aveva anche aperto – per la prima volta – le porte del complesso di Shenzhen alla stampa. I vertici, tuttavia, han o annunciato una serie di novità per rendere più accettabile la vita all’interno della città-fabbrica, 12 chilometri quadrati in cui si lavora e si dorme: tra queste l’attivazione di un numero telefonico di aiuto, la presenza di psicologi e anche una sala ‘sfogo’ con sacchi da pugilato con i volti dei manager.