Italia
“La rete è un asset strategico” e Telecom Italia è disposta a “collaborare con gli altri operatori, pubblici o privati, per ridurre i costi delle infrastrutture passive, la cosiddetta fibra spenta”. Lo ha affermato, nell’ambito del Forum Pa il presidente di Telecom Italia, Gabriele Galateri, aggiungendo anche che la società è disposta a partecipare “ai tavoli separati e bilaterali” convocati da Agcom per discutere della proposta di Wind, Vodafone e Fastweb di creare una società della rete in fibra ottica. Ma, ha aggiunto, “Prima bisogna probabilmente affrontare fino in fondo la questione sul piano tecnico e poi ci saranno sicuramente opportunità di collaborazione”.
Galateri non ha mancato di ricordare anche in questa occasione, che Telecom Italia ha un valido piano di investimenti nella fibra ottica: la società intende infatti investire 2,5 miliardi di euro in tre anni per collegare in fibra ottica almeno 1,3 miliardi di abitazioni il 13 città.
“Esiste – ha ribadito – la possibilità di un dialogo, come si sta verificando in Trentino e in Lombardia, di collaborare con altri operatori pubblici o privati per la parte relativa alle infrastrutture passive. Abbiamo sempre contatti con altri operatori – ha continuato – In quel campo, Telecom Italia ha una sua strategia ed un suo piano che intende portare avanti. Per parlare di questioni più alte bisogna farlo in maniera più approfondita, tendenzialmente non sulle pagine dei giornali”.
Mentre prosegue anche l’impegno delle province nella realizzazione di accordi con le principali società telefoniche per accelerare la posa dei cavi in fibra ottica, Infratel, il ‘braccio operativo’ del ministero dello Sviluppo economico che fa capo a Invitalia, ha annunciato che entro giugno saranno aggiudicati i lavori di posa della fibra, dopo aver ricevuto le offerte in seguito ai bandi di gara pubblicati nel marzo scorso.
“Si tratta del terzo intervento previsto dal Piano nazionale Banda larga” – ha spiegato il direttore Operation e Network di Infratel Salvatore Lombardo intervenendo al convegno promosso a Catania dall’Unione delle province per fare il punto sul ruolo degli enti locali nella realizzazione del Piano.
A questa terza fase – il cui valore economico si aggira intorno ai 138 milioni di euro – parteciperanno diverse aziende, da Sirti, ad Alcatel-Lucent ed Ericsson, mentre il secondo intervento, ancora in fase di attuazione, riguarda 7 regioni per un valore di 130 milioni di euro ed è diretto a portare la banda larga a 1,1 milioni di cittadini. La prima fase del piano, già conclusa, è servita a portare i servizi broadband a 1 milione di cittadini in 8 regioni, con un intervento di 130 milioni di euro.
Ieri, sempre da Catania, il sottosegretario allo sviluppo economico, Paolo Romani, ha confermato l’intenzione del Governo di chiudere il digital divide infrastrutturale e ‘culturale’ entro il 2012. Al momento, infatti, il 12% della popolazione non dispone di accesso a internet e il 45% degli italiani afferma di non aver mai usato internet.
Non si parla, in questo caso, di fibra ottica, ma semplicemente di banda larga: per portare internet veloce alle persone che attualmente non ne possono disporre perché residenti in una zona in cui gli operatori non hanno investito a causa dello scarso ritorno economico (le cosiddette aree a ‘fallimento di mercato’) servono – ha detto Romani – risorse economiche “…attorno al miliardo e mezzo di euro, metà pubbliche, metà degli operatori”.
Per collegare tutto il Paese in fibra ottica, invece, ci vorranno “almeno 4 o 5 anni” e un investimento è molto più consistente – si parla di almeno 10 miliardi di euro – con tempi di ritorno, per gli operatori coinvolti, molto più lunghi, stimati in circa 10 anni.
Il piano presentato dagli operatori alternativi, ad esempio, prevede investimenti per 2,5 miliardi di euro in 5 anni per coprire 15 città (circa 10 milioni di persone).
Nel suo intervento al convegno di Catania, Romani ha ribadito la volontà del governo di fare da ‘cabina di regia‘ nella realizzazione dell’infrastruttura in fibra ottica, magari attraverso l’intervento della Cassa Depositi e Prestiti. Il presidente dell’Ente, Franco Bassanini, ha più volte ribadito l’interesse della CdP nello sviluppo della banda larga, ma solo in presenza di un piano finanziario che dia certezze sulla redditività a medio o a lungo termine: “…la Cdp può investire su un progetto per il paese, ma non può invece dare una sorta di sostegno finanziario ad un solo operatore, quindi deve trattarsi di un progetto comune”. Gli investimenti, insomma, la Cassa li farà solo se potranno portare vantaggi a tutti e non a un singolo operatore.
E’ essenziale, dunque, che si trovi un accordo fra tutti gli operatori: “…dobbiamo realizzare – ha detto ancora Romani – un’unica grande rete condivisa che sia al servizio di tutti i cittadini”.
Per questo il sottosegretario ha ribadito la necessità di un tavolo di confronto a cui partecipino tutti gli operatori interessati al progetto infrastrutturale: anche Tiscali e BT, per esempio, ma soprattutto, Telecom Italia, e – ha specificato Romani – “senza precondizioni”.
Secondo Romani, infatti, l’incumbent avrebbe ancora delle riserve su questo necessario confronto. Le perplessità dell’operatore storico, ha sottolineato il viceministro, saranno tenute in conto, perché nessuno intende “…fare alcunché contro una azienda che investe”.
È necessario, tuttavia, ha ribadito Romani, procedere senza “soluzioni precostituite”, perché tutti potranno e dovranno “esprimere il proprio parere” sulla migliore soluzione per portare avanti il progetto.
In conclusione, Romani si è detto ottimista sulle capacità del sistema paese di recuperare il gap sul versante delle infrastrutture e ha ribadito il concetto che l’Italia viaggia sugli stessi livelli delle altre economie europee.
“Non siamo l’Uganda”, ha detto Romani, e, “se saremo bravi e non avremo particolari istinti conservatori realizzeremo una grande Italia digitale”.
A questo proposito, procede anche l’impegno delle province italiane, che stanno promuovendo una serie di accordi con gli operatori per eliminare la burocrazia che rallenta la realizzazione delle infrastrutture.
Ieri, ad esempio, il presidente della Provincia di Catania, Giuseppe Castiglione ha sottoscritto un protocollo d’intesa con Telecom Italia, Fastweb, Wind, Vodafone, e Infratel Italia volto alla semplificazione delle procedure amministrative legate alla posa dei cavi in fibra ottica e delle reti di comunicazione a banda larga e larghissima.
Al centro di questi accordi, le cosiddette ‘minitrincee‘, ossia scavi larghi 5/15 centimetri e profondi solo 30/40 centimetri che consentono di ridurre le dimensioni dei cantieri e la loro durata. Telecom Italia ha già sperimentato questo tipo di scavi a Roma, Torino, in parte della Sardegna e del Sud d’Italia e ha calcolato che così operando si potrà ridurre fino all’80% i costi socio ambientali in termini di disagi per i cittadini e per le amministrazioni, del 67% gli incidenti sul lavoro, e dell’80% i tempi necessari per la realizzazione di infrastrutture di TLC.
“E’ un metodo che riduce al minimo l’impatto sulla viabilità ordinaria degli scavi e li velocizza consentendo una ‘velocità di crociera’ di 300-400 metri’ – ha aggiunto Salvatore Lombardo, ricordando che comunque non è sempre necessario procedere a nuovi lavori.
“Prima di procedere – ha concluso – analizziamo le infrastrutture esistenti: nel secondo intervento quasi il 50% dei tracciati in fibra ottica hanno utilizzato infrastrutture esistenti senza alcuna necessità di scavi”.