Italia
Si è svolto giovedì 19 maggio a Sasso Marconi (Bo) il convegno ‘Tecnologie wireless nella lotta al divario digitale’, inserito all’interno della settimana di incontri di Radio Days, iniziativa pubblica giunta alla sua VI edizione e che quest’anno ricorda il centenario dell’assegnazione del Premio Nobel a Guglielmo Marconi, qui nato nel 1874. Una ricorrenza speciale, cui l’amministrazione comunale di Sasso Marconi ha voluto rendere particolare omaggio, proprio ricordando il grande lavoro dell’inventore delle onde radio e il suo legame profondo col territorio. In questi sei anni di incontri dedicati al mondo delle telecomunicazioni e all’innovazione tecnologica, sempre più partecipati, con la costante presenza di rappresentanti delle Istituzioni, del mondo accademico e dell’imprenditoria, la figura di Guglielmo Marconi è stata ricordata con affetto e rinnovato interesse, sia per la sua eredità culturale, sia per l’attualità del suo messaggio. Che è anche una sfida, al mondo delle istituzioni, delle imprese e della cultura, stimolando investimenti nell’innovazione per promuovere sviluppo, combattere il digital divide, diffondere l’alfabetizzazione informatica e tecnologica tra la popolazione e portare la comunicazione elettronica nelle zone rurali e montane.
Guglielmo Marconi, già un secolo fa, considerava la diffusione della tecnologia e la cultura tecnologica come due elementi fondamentali per il progresso umano. Il nuovo sindaco di Sasso Marconi, Stefano Mazzetti, nel suo saluto alla sala, ha voluto sottolineare l’evidente attualità di tali considerazioni per ribadire, in continuità con la precedente amministrazione, l’impegno delle istituzioni nella valorizzazione del territorio proprio a partire dalla ricerca e l’innovazione. L’avvenuto switch over di Parma e Piacenza, lo scorso 18 maggio, ha posto obbligatoriamente al centro dell’agenda istituzionale i temi del digitale terrestre e del suo impatto sulla popolazione, argomenti a cui gli enti pubblici dovranno dedicare maggiore attenzione e risorse a disposizione nei giorni a venire. “L’economia della conoscenza – ha precisato Mazzetti – esige paradigmi tecnologici votati all’innovazione, mentre il diritto all’informazione è sempre più legato alla facilità di accesso alla rete. Noi, in qualità di amministrazione pubblica, abbiamo il dovere di garantire ai cittadini l’accesso alle reti di nuova generazione in ogni luogo e condizione”.
Un’idea di progresso che anche gli altri partner della manifestazione – Regione Emilia-Romagna, Provincia di Bologna e Fondazione Guglielmo Marconi – condividono pienamente per la rilevanza della ricaduta economica che le nuove reti di comunicazione e telecomunicazione generano sul tessuto imprenditoriale e sul sistema produttivo dei territori. Temi di assoluta rilevanza, non solo per gli enti locali e le popolazioni coinvolte, ma per tutta l’Italia, ha ricordato Gabriele Falciasecca, presidente di Lepida e della Fondazione Guglielmo Marconi, “Le grandi trasformazioni tecnologiche a cui stiamo assistendo e che presto verranno seguite da nuove, sono, direttamente e indirettamente, eredità del pensiero e della lungimiranza di Guglielmo Marconi, che vedeva nell’innovazione il fattore principale del progresso delle umane sorti”.
Spesso, quando si cita Marconi, lo si fa in relazione alle sue scoperte sulle onde radio e sullo sviluppo che l’inventore pensava avrebbero avuto di lì a pochi anni. In realtà ne sono passati circa 100, affinché le sue intuizioni si dimostrassero in tutta la loro grandezza e lungimiranza. Si può affermare che sia stato il padre delle moderne telecomunicazioni mobili, ma anche del wireless e dell’LTE, e la sua eredità, come ha sostenuto Mario Frullone della Fondazione Ugo Bordoni, “E’ anche nel lavoro che da dieci anni e più si svolge nei laboratori di Pontecchio, da cui sono passati tanti validi ricercatori, oggi stimati professori ed esperti del settore”. Nella prima delle quattro sessioni del convegno, moderata proprio da Frullone, si sono affrontati il tema generale dell’eredità marconiana e delle nuove reti di telecomunicazione. Una ricognizione sulle novità tecnologiche e sulle soluzioni più efficaci in termini di standard e servizi offerti al pubblico. “La situazione economica internazionale è mutata in brevissimo tempo e oggi, oltre la crisi, ci si deve confrontare con Paesi molto competitivi sui mercati – ha affermato Frullone – in tale scenario l’ICT e le reti di prossima generazione (NGN) costituiscono strumenti fondamentali per poter accettare la sfida e concorrere a livello globale”. Purtroppo, a riguardo, le notizie non sono tutte positive, con l’Italia fanalino di coda dell’Unione Europea. La migrazione al digitale terrestre televisivo può essere un primo passo verso una nuova fase di crescita e di investimenti in ricerca e innovazione, ha sottolineato Frullone, ma certo non basta, vista la cronica perdita di personale qualificato e di ricercatori nei settori più strategici.
Oggi i grandi player delle telecomunicazioni subiscono l’aggressività di tante piccole aziende operose, provenienti soprattutto dal sudest asiatico, dalla Cina e dalla Corea ad esempio, che sono nate dall’allungamento della coda della filiera. Tante nuove risorse economiche liberate, nuovi modelli di business e posti di lavoro, ma nello stesso tempo una rincorsa all’innovazione sempre più veloce e agguerrita a cui gli stessi operatori occidentali non riescono a stare dietro: “Oggi si parla nel settore delle telecomunicazioni avanzate – ha spiegato Roberto Saracco di Telecom Italia – dell’utilizzo crescente di reti di sensori e nanotecnologie. Si stratta di microsensori diffusi in ambienti sempre più comunicativi, in grado di far interagire e comunicare gli oggetti. I possibili utilizzi vanno dalla telemedicina, alla biometria, dalle infrastrutture intelligenti all’home networking, fino alla mesh communication, la telecomunicazione mobile e diffusa. Ciò che rende difficile lavorare in questo settore, per noi, è la mancanza di frequenze a disposizione, problema da risolvere al più presto, per la tenuta della nostra competitività sui mercati globali”.
Altro settore in cui molto si investe, sia in termini di risorse finanziarie, sia di tencologie, è la telecomunicazione satellitare, che in Europa sta crescendo molto negli ultimi anni e di cui, grazie a Skylogic, anche l’Italia può andar fiera. Società del Gruppo Eutelsat, con due impianti sul nostro territorio e 100 dipendenti italiani su 117, Skylogic propone nuove soluzioni di Internet via satellite e ad un prezzo competitivo: “In Europa, in media – ha raccontato Giorgio Tarchi – il 10% dell’utenza non è raggiunta da copertura di rete. Il nostro satellite può risolvere il problema ed a costi simili all’Adsl, con servizio dedicato e velocità di 3,6 Mbps in download e 512 Kbps in upload. Numeri che sono velocemente destinati a crescere, grazie al nuovo satellite Ka-Sat e che oltre 50 distributori in tutta Europa porteranno nelle case delle persone”. Una soluzione tecnologica che potrebbe certamente tornare utile, lì dove le NGN non arrivassero con la fibra ottica, e in chiave digital divide, anche perché i tempi di attesa per le nuove reti terrestri sono oggi stimati nell’ordine di 5-10 anni, se non di più. Ovviamente c’è anche il wireless, altra tecnologia ereditata dagli studi di Marconi, fino a ieri utilizzata principalmente per il broadcasting, il backhauling, nelle reti TDM e nella fonia circolare, con impegni economici molto alti e oggi finalmente aperta a nuovi utilizzi. “Possiamo dire che grazie al Wi-Fi e al WiMAX – ha specificato Andrea Colmeglia di Fastweb – le cose sono progressivamente cambiate, con la possibilità che nei prossimi tempi, tali tecnologie, sostituiranno l’Adsl nell’ultimo miglio, con riduzione dei costi e personalizzazione dei servizi in banda larga per clienti residenziali e business. L’aumento del traffico dati, infine, spinge alla diffusione degli usi ibridi circuito/pachetto e full IP. Il wireless sarà sempre più utilizzato per l’accesso alla rete, con nuove possibilità di risparmio energetico e di ottimizzazione dei costi, massimizzando le capacità di rete in termini di Gigabit, anche per future applicazioni nella cognitive radio, l’UWB e il Wi-Gig”.
Dello stesso avviso Marco Zangani di Vodafone, che vede nel wireless una possibile soluzione al problema dell’aumento dei flussi di dati in rete: “Servono nuove frequenze e investimenti in ricerca e innovazione. Sono queste le strade su cui impegnarsi. Nuove architetture di rete end-to-end e riduzione della latenza. È per questo motivo che oggi abbiamo scelto l’HSPA+, semplice e flessibile per accedere ai servizi. Quando arriverà l’LTE, poi, potremmo parlare di ulteriori miglioramenti, con un accesso alla rete più diretto e veloce, che permette allo stesso tempo una gestione dei picchi di traffico più puntuale nelle aree di densità abitativa alta. Tali architetture permettono una più ampia flessibilità e scalabilità, lavorando su un’unica banda, nodi mobili e su piattaforme full IP based”. Un ecosistema assolutamente decisivo per lo sviluppo di una rete di telecomunicazioni più efficiente e di nuova generazione in Italia, che permetta di coprire il paese anche in quelle zone difficili da raggiungere e dove pure qualcuno vive. Il problema rimane nella limitata disponibilità di frequenze, oggi occupate dalla televisione digitale terrestre per la maggior parte, che richiede un utilizzo dello spettro più efficiente e senza le quali anche le migliori soluzioni tecnologiche non potrebbero apportare i vantaggi che promettono. “In chiave digitale l’Unione Europea dovrebbe lanciare a breve una nuova policy per la liberazione della banda sotto gli 800 MHz – ha affermato Ermanno Berruto di Wind – che verrebbe tolta al broadcasting e destinata ai servizi di rete mobile, cosicché l’LTE possa vedersi aperta la strada. Le prospettive ci sono, manca una spinta definitiva verso tale direzione. Ad oggi, la diffusione dell’LTE sul territorio è prevista effettiva entro il 2015, per un 4% circa delle reti 3G totali. A quella data sarà probabilmente possibile parlare di vera convergenza fisso-mobile, con la possibilità, in caso di picco di traffico, di deviare i flussi sulle reti in fibra”.
Di switch off del digitale terrestre si è invece parlato nella seconda sessione, moderata di Maria Cristina Giorgi dell’AgCom e tutta incentrata su ‘gioie e dolori’ della migrazione alla televisione digitale terrestre (TDT). Proprio nei giorni scorsi una fetta importante di popolazione italiana è stata interessata da quella che può definirsi l’ultima operazione di switch over in Italia. Regioni interessate sono state Lombardia, Piemonte Orientale e alcune province come Parma e Piacenza. Un altro passo verso il compimento di una rivoluzione attesa e di cui ancora bisognerà attendere i veri frutti, proprio per i tanti problemi tecnologici e regolatori che si stanno e si dovranno affrontare su temi diversi, tra cui: le frequenze, la sintonizzazione dei canali e la posizione di questi sul telecomando (LCN). Certo, oltre ai problemi più strettamente tecnologici, bisognerebbe anche impegnarsi a comunicare all’utente il perché di tali scelte e sul come avvicinarsi alla nuova tecnologia entrata in casa.
“Si dovrebbe spiegare alla gente – ha sostenuto Egidio Viggiani di DGTVi – che è giunto il momento di modificare il modo di pensare e di rapportarsi alla televisione e al telecomando. Non ci sono più solo 8 canali, ma centinaia. Non sono tutti visualizzabili sul telecomando e questo perché il telespettatore deve trasformarsi in utente attivo, con dei propri interessi da sviluppare e ai quali corrispondono canali a tema. Lo zapping non ha più senso”.
La penetrazione della TDT in Itala è tra le più alte in Europa e presto avverrà anche l’integrazione con Internet. Già molti televisori di nuova generazione hanno porte ethernet embedded per accedere al web e ai nuovi contenuti interattivi. Entro il 2010 sarà coperto in digitale l’80% del territorio.
A proposito dei piani di comunicazioni a sostegno dei cittadini, a detta di Maria Boumis della Fondazione Ugo Bordoni, molto si è fatto e molto altro resta da fare, grazie all’utilizzo di diversi strumenti di comunicazione. Ci sono infatti un sito internet dedicato (www.decoder.comunicazioni.it), un call center (800022000), sportelli al pubblico e le attività dei gruppi di volontariato. Un lavoro contante di sostegno all’utente, soprattutto per le fasce più anziane di popolazione e per problemi relativi alla sintonizzazione dei canali, “…che sono i principali, seguiti dai problemi di copertura del segnale, specialmente in alcune zone ancora difficili da raggiungere”. Anche gli enti pubblici locali ci hanno messo del loro per facilitare la transizione al digitale, come la Regione Emilia Romagna che, come ha raccontato Lorenzo Broccoli, oltre alle campagne di comunicazione mirate a determinate fasce di utenza più deboli, ha sperimentato un felice coordinamento sul territorio di istituzioni, associazioni, gruppi di volontariato, aziende, tra cui il Corecom, l’Ispettorato delle Comunicazioni e l’ARPA. La stessa associazione nazionale dei consumatori, CNUC, rappresentata da Maurizio Vergari, ha confermato il clima di collaborazione proficua che si è venuta a creare, con ottimi risultati dei piani di comunicazione all’utenza, pur evidenziando delle falle nell’azione di Governo. Buona anche l’esperienza della Provincia di Trento, come ha riportato Paola Raia che, grazie al coordinamento di enti locali, Università di Trento e volontari, ha potuto portare a termine lo switch off senza contraccolpi particolari per le fasce considerate a rischio, circa 40 mila persone tra gli ultra 75enni. Ultimo tema affrontato dalla sessione, ma non meno importante, è quello dei rifiuti digitali, ovvero la generazione di una grande quantità di materiale di scarto avvenuta a seguito della migrazione al digitale. Un problema a cui nessuno pensa, ha spiegato Paolo Paoli di Hera, ma che ci riguarda per 22 chilogrammi di rifiuti digitali ed elettronici (RAEE) pro capite, che genera un impatto sull’ambiente molto forte di 143 mila RAEE annui. Ovviamente, grazie alla differenziazione nella raccolta, tali rifiuti sono per l’85% recuperabili in alcune componenti, ma certo rimangono sempre rifiuti, che durante la migrazione alla TDT sono aumentati in Italia del 30% in un anno.
Nella terza sessione, ‘NGN: opportunità e rischi nella lotta al divario digitale’, si è invece affrontato il tema delicato del divario digitale che esiste in alcune zone del paese e tra l’Italia e il resto d’Europa. Le tecnologie non mancano, come abbiamo potuto ascoltare dalla viva voce dei protagonisti del convegno, con il Wi-Fi, il WiMAX e l’LTE, ma oltre alle buone intenzioni ci sono sempre i limiti dell’azione istituzionale e di mercato. Gabriele Falciasecca, intervenuto come moderatore del panel e nei panni di presidente di Lepida, ha infatti da un lato evidenziato la possibilità ventilata da alcuni di realizzare in Italia la rete Ultra Broadband (UBB), dall’altro però rimangono i territori estesi che segnalano un accesso alla rete di un livello di comunicazione minimo (LCM) troppo debole. La Commissione Europea guidata da Neelie Kroes ha annunciato delle importanti novità in arrivo dal Piano “Digital Agenda 2020”, come ha spiegato Francesco Vatalaro, presidente del Comitato NGN Italia: “Tra i punti salienti ci sono una banda larga definita basic entro il 2013 per tutti i cittadini europei; entro il 2020 tutti dovranno poter accedere ad una rete UBB di 30 Mbps e il 50% delle famiglie ad una di 100 Mbps; sono ammessi i finanziamenti pubblici solo e nel momento in cui il mercato non riuscisse a soddisfare le esigenze della cittadinanza, in termini di realizzazione della NGN. Si tratta di due modelli di accesso all’NGN (NGAN), quello fisico e quello logico o bitstream, che devono essere soddisfatti in un modo o nell’altro”.
“Altro importante tema – ha aggiunto Vatalaro – è quello delle architetture di rete da scegliere. Ci sono le punto-punto o le punto-multipunto, verso le quali le autorità dovranno rimanere neutrali, anche se la Commissione ha espresso parere favorevole verso le soluzioni multi fibra che rompono il monopolio naturale degli edifici permettendo l’accesso di altri operatori con le loro reti. Presto inoltre dovremo decidere sul tema della migrazione dal rame alla fibra, sia di rete, sia dei servizi, con il problema delle modalità e dei tempi. A luglio il Comitato NGN consegnerà le prime linee guida al Consiglio AgCom per le valutazioni finali sullo stato dell’NGN in Italia”.
La penetrazione di servizi broadband in Italia è del 45% tra le famiglie, ha sostenuto invece Stefano Pileri di Confindustria: “E questo significa che in Italia non c’è ancora un mercato e le imprese che fanno uso di reti a banda larga è ancora molto basso rispetto all’Europa, con il 66% delle aziende che hanno accesso al broadband e ai servizi dedicati, per’altro di natura istituzionale, come servizi di banca online e quelli offerti dalla Pubblica Amministrazione, mentre per i servizi business relativi a clienti e fornitori siamo ancora a livelli molto bassi”. ” Il progetto Italia Digitale – ha proseguito Pileri – si costituisce di 4 aree principali dedicate a contenuti digitali, servizi, infrastrutture e sviluppo della domanda. Un piano che si prevede verrà realizzato in dieci anni e con effetti diretti sull’aumento della domanda, l’alfabetizzazione informatica nelle scuole e nelle imprese. Gli obiettivi, invece, sono di portare le famiglie digitali all’80% e le aziende al 100%; come anche i servizi pubblici online, la diffusione della PEC, la firma elettronica, la dematerializzazione, la fattura elettronica, fino alla diffusione della NGN al 25%, della larga banda a 20 Mbps al 95% e sopra i 2Mbps al 100%”.
Alcuni obiettivi concreti da raggiungere per portare l’Italia nella media europea e per uno sviluppo omogeneo e diffuso di servizi a banda larga per la sanità, la scuola, la sicurezza, la giustizia, le imprese, i cittadini e le istituzioni, comprendendo in questo nuovo processo virtuoso una maggiore efficienza energetica e l’uso di architetture di rete più efficienti, tali da permetterci un risparmio annuo di 30 miliardi di euro.
Casi concreti e buone pratiche sono stati inoltre portati da alcune aziende che hanno collaborato assieme ad enti locali ed istituzioni, come si è potuto constatare nell’intervento di Alessandro Rossi di Technovo, in cui si è parlato di modello lombardo di reti di nuova generazione: “Un progetto di promozione per l’accesso alla rete ultra broadband, che ha portato fibra ottica FTTH al 50% della popolazione regionale, esclusi gli abitanti di Milano, dove il mercato e la competitività sono tali da poter soddisfare le esigenze della popolazione. Verranno serviti dalla rete un totale di 4,2 milioni di abitanti, a fronte di un investimento di 1,2 miliardi di euro per lo sviluppo di domanda di servizi”. O come nel caso che ha riportato Piero Cornaglia di BT Enia per il diritto all’accesso e la cittadinanza digitale a Venezia. Città storicamente difficile da un punto di vista delle infrastrutture esistenti e che ha attuato un progetto per la messa in rete di 50mila residenti, 120 chilometri di cavo posato e solo il 6% di scavi, con un impatto davvero minimo sull’abitato: “Abbiamo realizzato un catasto digitale delle infrastrutture, compreso il sottosuolo, per avere un’idea della situazione della rete end-to-end e della fibra necessaria per meglio ottimizzare gli investimenti e gli interventi”. Nel caso di Modena, infine, Donato Rocchi di Acantho, ha raccontato come si è intervenuti sul territorio, soprattutto a ridosso degli edifici, per far arrivare a casa dell’utente la rete, con un sistema di terminazione preesistente in stato di degrado avanzato: “Si è scelto di utilizzare il Wi-Fi, il WiMAX e l’Hiperlan per la copertura del territorio, utilizzando una rete sostenibile ed economicamente redditizia. Un piano che ci ha consentito di intervenire efficacemente per ridurre le aree in digital divide”.
Un passaggio all’NGN che comunque è stato definito come inevitabile, sia per il livello di competitività del paese, sia per il fattore tempo, sia delle risorse necessarie. “In Europa gli investimenti sono molto consistenti – ha affermato Maria Cristina Giorgini – mentre in Italia non c’è ancora un piano concreto. Da una parte Telecom Italia annuncia sperimentazioni, dall’altra rispondono gli OLO con piani alternativi per l’FTTH da portare in 15 città. Ben vengano tali progetti, anche per combattere il digital divide infrastrutturale e sociale, per sviluppare nuovi modelli di business e servizi. Ovviamente ci sono sempre dei problemi da affrontare e probabilmente i più importanti sono relativi a quale modello di architettura scegliere, l’ammontare degli investimenti, il numero dei soggetti partecipanti, il tipo di migrazione da effettuare e molto altro”.
Problemi che in parte sono stati affrontati anche nell’ultima sessione, quella dedicata al tema ‘Dallo switch off al DTT: gioie e dolori per gli addetti ai lavori’. Una tavola rotonda, coordinata e moderata da Gianluca Mazzini di Lepida, azienda che ha sostenuto con forza la manifestazione Radio Days e che è in prima linea nella progettazione e realizzazione di una rete a banda larga in grado di collegare in fibra ottica le sedi della Pubblica Amministrazione di tutta l’Emilia Romagna. Tra i partecipanti c’erano rappresentati dei broadcaster, degli antennisti, delle piccole emittenti e delle istituzioni, per chiarire melgio la strada da prendere per risolvere i problemi che in questi giorni si stanno verificando nelle case degli italiani, come la sintonizzazione dei canali e l’orientamento delle antenne sugli edifici. Per Stefano Ciccotti di Rai Way: “E’ inutile lamentarsi, sulle antenne c’è da intervenire periodicamente, come un qualsiasi altro device elettronico in casa. Hanno bisogno di manutenzione e bisogna provvedere a delle sostituzioni in alcuni casi, perché gli edifici e le infrastrutture presenti sono vecchi”. Da parte degli antennisti è intervenuto Alberto Zanellati della CNA, che in nome della categoria ha spiegato come: “Nell’ultimo anno si sia deciso di stilare un codice di comportamento per evitare brutte sorprese alla popolazione e per regolamentare l’intensa attività di lavoro che in questo momento grava sugli antennisti. Le antenne sono importanti e vanno monitorate continuamente per ricevere un segnale ottimale e ottenere prestazioni degli apparecchi di alta qualità”.
Sulla questione dei canali, infine, c’è meno omogeneità di vedute, soprattutto per i piccoli e medi operatori come FRT e Aeranti-Corallo, che negli interventi dei loro rappresentanti, rispettivamente di Josè Maria Casas e Fabrizio Berrini, si è voluto evidenziare come ‘i piccoli’ siano sempre i più danneggiati in questi casi, con una numerazione sul comando che viene solo dopo il canale 8 o 9 e successivamente non trova ancora una sistemazione adeguata e definitiva. Per Casas: “La risoluzione dei problemi legati all’LCN è di fondamentale importanza, soprattutto per la visibilità delle emittenti più piccole e per salvaguardarne il fatturato”. A cui si aggiunge il commento di Ciccotti, che riconosce come broadcaster l’importanza dell’LCN e il “valore insito nella riconoscibilità dell’offerta che deriva dal grado di visibilità di un emittente, grande o piccola che sia”. Rai, che oggi, è uno dei più grandi consumatori di frequenze, come ammette lo stesso Ciccotti, mentre Alberto Pizzi di Elettronica Industriale, Gruppo Mediaset, sottolinea come l’azienda, riducendo la quantità ad una sola frequenza per multiplex, ha limitato enormemente lo sfruttamento dello spettro, mentre per la questione LCN: “E’ un problema di visibilità e di valore di mercato, che va risolto al più presto e, anzi, andava forse sistemato prima dello switch off definitivo di questi 3 mesi”. L’ultima parola è infine spettata a Riccardo De Leopardi del ministero dello Sviluppo Economico che, prendendo atto dei problemi emersi lungo tutta la giornata, non ha potuto altro che rassicurare tutti sul buon andamento della migrazione al digitale nel nostro paese: “Garantendovi che il ministero sta vigilando e monitorando la situazione, ma il suo ruolo di osservatore non gli permette molto altro. attendiamo d’altronde anche noi la nuova regolamentazione dall’AgCom. Serve una normativa che sappia anticipare i tempi e i problemi, che sappia produrre la visione di uno scenario nuovo, efficiente e che provveda a rispondere alle esigenze e i diritti del cittadino, anche in relazione ad un migliore utilizzo delle frequenze”.