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Second Life, una sessualità visuale post-umana

Mondo


1. Pornografia ed erotismo in Internet

Ho recentemente partecipato a Gorizia a un convegno organizzato dall’Università di Udine: “ECONOMIES, POLITICS, DISCURSIVITIES OF CONTEMPORARY PORNOGRAPHIC AUDIOVISUAL” (19-25 Marzo 2010), presentando una relazione sulla pornografia e l’erotismo nei social network e particolarmente nel mondo virtuale Second Life, di cui questo scritto è un sunto. Un tema di grande interesse, se pensiamo ai numeri dell'”adult entertainment”. Il Rapporto E-content di Federcomin nella sua edizione 2006 presentava un intero capitolo su questo tema, purtroppo non presente nella successiva edizione. L’home video per adulti in Italia valeva allora il 20-30% del settore, senza contare la pirateria. I 237 mila siti Internet per adulti in lingua italiana contavano 5,5 milioni di visitatori, il 32% degli internauti italiani; il mercato dei contenuti per adulti era stimato 470 milioni di euro (su un totale del mercato dei contenuti digitali di 3.316 milioni).

La pornografia e l’erotismo hanno da subito manifestato una forte congenialità con la rete Internet per molti validi motivi. La rete consente, all’interno dello stesso meta-medium e avvalendosi delle stesse strumentazioni tecnologiche, una vasta gamma di possibilità comunicative: sia comunicazioni peer to peer, anche in tempo reale, che una comunicazione uno-a-molti, ivi compresa la possibilità di creare, distribuire e scambiare materiali audiovisivi, immagini fisse, tracce audio. Tutte queste operazioni avvengono nella sfera privata degli individui senza alcuna intermediazione o passaggio nella sfera pubblica, cosa particolarmente apprezzata quando si praticano stili di vita trasgressivi o comunque non convenzionali. Inoltre la rete è di per sé un sistema globale. Gli organizzatori e i fornitori di servizi a vario titolo considerati erotici o pornografici operano su una scala globale (la loro merce non conosce frontiere), e si avvalgono di localizzazioni di comodo, sfuggendo di fatto ai poteri repressivi delle legislazioni nazionali: una possibilità che non è mai stata possibile per gli enti televisivi e i distributori di cinema, soggetti a pesanti controlli censori in materia di buon costume che nel caso del cinema sono anche preventivi. Grazie alla globalizzazione propria di Internet, inoltre, organizzatori e fornitori di servizi “erotici” modificano rapidamente e ripetutamente locazione geografica (quasi sempre in luoghi lontani esotici) e ragione sociale, rendendo ulteriormente difficile qualunque controllo.

Contenuti erotici sono fortemente presenti già nelle prime chat aperte nelle “comunità virtuali” fra gli anni Ottanta e i Novanta. Sherry Turkle e altri descrivono casi di dissimulazione della propria personalità in rete. La prima inchiesta sul “Cyberporn“, è di Time Magazine (3 luglio 1995). La pornografia on line segue immediatamente la tendenza televisiva alla esibizione, reificazione e mercificazione dello stile di vita della gente comune, ivi compresa la vita intima, con il reality show – anni Novanta – a cui segue la costruzione in laboratorio di situazioni collettive costrittive e generatrici di conflitti, abbondantemente monitorate dalle telecamere, con il format Big Brother (1999) e la sua versione off-shore Survivor (2000), che introducono nel patto comunicativo della televisione una estetica molto simile a quella della web cam, una estetica da peep show. Jennifer Ringley apre la prima webcam intima (lifecasting) nel 1996.

2. Un’ipotesi di classificazione

Ma siamo sicuri di usare parole come “pornografia” ed “erotismo” nello stesso modo? Abbiamo tentato di tracciare una tassonomia dei servizi offerti dalla rete che è possibile includere, in senso lato, in questi termini. Nel realizzarla abbiamo dovuto compiere una distinzione preliminare fra tre tipologie:

  1. Pratiche di navigazione in rete, creazione e/o condivisione di contenuti, preliminari a incontri che auspicabilmente avverranno nella vita reale;

  2. Fruizione di materiale erotico che avviene esclusivamente o prevalentemente in rete;

  3. Creazione e/o condivisione peer to peer di contenuti erotici con altri utenti interessati ad una saturazione sessuale on line.

Possono essere ricondotti alla prima tipologia (pornografia ed erotismo come modalità per incontri reali):

Nel complesso questi dispositivi mirano ad abbattere, almeno in parte, i rischi personali e sociali legati alla ricerca dei partner per chi pratichi forme di sessualità non mainstream, particolarmente per chi non vuol farlo sapere: rischi che si corrono frequentando i luoghi fisici (locali pubblici, quartieri urbani) in cui finora venivano tentati tali contatti. Rischi fisici (violenze, esposizione a malattie) e rischi sociali: di incappare in qualche retata o controllo della polizia, così da essere scoperti nelle proprie segrete abitudini, ricatti, terrore del discredito in famiglia, nelle relazioni sociali e sul lavoro qualora per un motivo qualsiasi tali propensioni sessuali venissero scoperte.

Appartengono alla seconda tipologia (pornografia ed erotismo da consumare esclusivamente o prevalentemente in rete):

Si tratta di pratiche in parte ereditate da precedenti forme pornografiche (giornali, fotografie e film) che Internet trasforma e formatta nuovamente consentendo che vengano svolte in condizione di privatezza e senza mediazione. Altre invece, connesse alle chat e alle webcam, convertono in attività commerciali pratiche originariamente pensate come peer to peer.

Appartengono infine alla terza tipologia (creazione e condivisione di contenuti al fine di trovare partner sessuali per pratiche on line): Blog erotici; Partecipazione a social network per chat e scambio foto e video; Partecipazione a giochi di ruolo on line; Partecipazione a mondi virtuali.

In quest’ultimo caso l’attività relazionale è finalizzata ad individuare persone che condividono on line non soltanto gli stessi gusti ma anche la disponibilità a pratiche condivise, in vista della saturazione sessuale di cui sopra abbiamo parlato. L’avvento degli smartphone rendono queste pratiche ubique e mobili.

Una “funzione spettatoriale” assimilabile a quella del cinema o della televisione non è presente negli usi d’internet del primo tipo. Infatti, anche laddove viene offerto materiale audiovisivo, esso viene valutato come se si sfogliasse un catalogo: non per il piacere della vista in sé, ma come supporto per una scelta all’interno di un elenco. Essa è presente negli usi d’internet del secondo tipo, fortemente radicati nel piacere della vista. Per quanto riguarda invece la terza tipologia, laddove i contenuti sono la base per pratiche erotiche prevalentemente vissute on line, all’utente viene richiesto un comportamento assai più attivo, fino alla partecipazione alla creazione dei contenuti erotici, anche se una componente voyeuristica ed una affabulatoria (da storytelling erotico) è spesso presente. Lo testimoniano molti account e gruppi del sito di photosharing Flickr che esibiscono istantanee scattate in Second Life e narrativizzano quei contenuti per iscritto, talvolta nella forma di un racconto erotico (anche 1000 battute) che accompagna ciascuna fotografia.

I social network sono il luogo dove tutte queste caratteristiche si sono coagulate. Essi si sono sviluppati quasi tutti verso il 2004 in coincidenza con la diffusione della banda larga e con le applicazioni 3G dei cellulari e degli smartphone. Un comportamento pornografico attivo e di massa è una delle declinazioni del Web 2.0 favorita dall’uso combinato dello smartphone e del GPS.

3. Porno e Social networks

I social networks sono oggi una parte significativa dell’attività erotica su Internet in quella dimensione che, piuttosto che adempiere ad una funzione spettatoriale, risponde ad una esigenza di esibizione e di rappresentazione del sé per incontrare – virtualmente o realmente – altre identità e quindi in una dimensione sociale.

Tuttavia le modalità della rappresentazione del sé cambiano radicalmente a seconda che l’incontro desiderato sia reale o virtuale.

Quando l’obiettivo finale dell’utente è fare conoscenze da praticare nella vita reale, la presentazione del sé non può essere molto lontana dal proprio aspetto fisico, anche se è sempre possibile nascondere qualche dato sulla propria condizione: ad esempio, il fatto di essere sposati.

Se invece la scelta è quella di creare in rete un doppio del sé, un vero e proprio avatar, un avi, allora la scelta è proiettiva dei propri desideri e non della condizione reale. Oppure risponde ad una pulsione a svolgere una doppia vita, che sostanzialmente non siamo disposti a affrontare realmente per le difficoltà di ordine pratico e sociale che comporta.

Si assume così, episodicamente, una identità fittizia, celata dietro una maschera, alla quale è lecito fare ciò che nella vita normale non faremmo mai, protetti dalla privacy del nostro domicilio. Poiché non vi è nulla di nuovo sotto il sole, per quanto riguarda l’animo umano, vorremmo ricordare il carneval, con il suo rituale e temporaneo rovesciamento delle regole, che già Michail Bachtin chiamava una “seconda vita”.

Alcuni social network hanno uno statuto di lealtà, di fairness, come i network professionali (ad esempio Linkedin): se nel contatto reale l’interlocutore scoprisse che siamo stati sleali nel presentarci, il danno professionale sarebbe molto serio. Network mainstream come Twitter e Facebook, e oggi in misura minore MySpace (ormai specializzato nel mondo dello spettacolo) sono tenuti ad una lealtà relativamente alta perché molti degli “amici” conoscono personalmente il soggetto e partecipano alle attività da lui promosse. E’ socialmente lecito solo qualche abbellimento della propria personalità e del proprio aspetto, mai in forme sessualmente esplicite. Minore fairness nei network in cui è primario lo scambio di contenuti multimediali, come Flickr e, in misura minore, YouTube in cui l’aspetto filesharing è assai più marcato di quello networking: particolarmente in Flickr l’identità è rappresentata soprattutto dalla collezione di contenuti che il soggetto offre. La rappresentazione del sé è quasi nascosta dietro le foto o i video che egli posta, che non rappresentano necessariamente il soggetto, ed è possibile una forte divaricazione rispetto ad una rappresentazione realistica del sé.

La tendenza al fake, alla finzione, diventa definitiva con i Multiple Massive Online Role-Playing Games e i mondi virtuali come Second Life. I giochi di ruolo sono immersivi: il soggetto deve indossare la “divisa” propria della sua partecipazione al gioco, ed è quella l’identità con cui si confronteranno gli altri giocatori. In Second Life già all’atto dell’iscrizione, se non siamo soci paganti, siamo obbligati ad assumere un nome finto: non possiamo registrarci con il nostro. Siamo quindi obbligati ad indossare una maschera.

Il personaggio di fantasia che viene così creato (selezionando dati somatici e modificandoli a piacere anche successivamente si chiama Avatar (in gergo avi) e tutta la nostra presenza temporanea nel mondo virtuale può essere definita una “avatarizzazione”. Con questo termine possiamo indicare il processo con il quale, essendo intimamente consapevoli dei nostri limiti fisici e sociali, diamo l’incarico temporaneo a un avatar (un simulacro potenziato) di superarli, presentando forme e comportamenti impossibili nella realtà; traendone un piacere forse circoscritto, una “sospensione dell’incredulità” di tipo cinematografico, senza rischi e soprattutto senza nessuna intenzione di tradurre in realtà quei comportamenti estremi. Una sessualità post-umana.

4. Porno ed erotismo in Second Life

Second Life come è noto è un mondo virtuale che, in pieno spirito Web 2.0, si fonda tutto sulla cooperazione degli utenti. Sono loro che edificano edifici, piazze e locali, secondo uno stile che richiama i grandi centri commerciali ma può anche essere gotico, coloniale, barocco, o in qualunque altro stile, ispirandosi anche a luoghi, città e utopie del primo mondo: un immaginario ampiamente connesso con il cinema classico e moderno. Esistono progettisti, architetti, materiale da costruzione in vendita. Le transazioni avvengono in una particolare valuta, quotata sul dollaro, il Linden.

Non sempre appare chiaro che la formattazione dei contenuti è totalmente affidata al soggetto. E’ lui il regista della sua perfomance: può modificare il punto di vista e l’angolazione di ripresa, ruotare e muovere la sua immaginaria telecamera, avvicinarsi o allontanarsi costruendo così i propri UGC, User’s Generated Contents.

I residenti abitano in Second Life in case acquistate o affittate ma gran parte dei frequentatori, come i turisti low class a Venezia, non dormono ma si limitano a visitare temporaneamente il mondo di Second Life. L’unica cosa di cui possono aver bisogno è un letto, di cui c’è un’ampia disponibilità gratuita e questa costituisce la principale differenza fra Venezia e Second Life.

Non c’è bisogno di mezzi di trasporto in SL perché si può volare, teletrasportarsi nei luoghi desiderati e anche teleportare un altro avatar consenziente. L’aspetto fisico degli avatar e il loro abbigliamento possono essere variati di continuo acquistando – o procurandosi gratuitamente dei freebies (oggetti gratuiti) – parti del corpo, skin e shape, abiti e accessori, forniti da stilisti e negozi. Tutti gli avatar hanno guardaroba più o meno ampi da cui attingono la loro forma, il loro outfit. Esistono così avatar in forma di animali, di bambini, di figure fantastiche (fra cui gli Avatar del film ora piuttosto diffusi), o strani ibridi e ircocervi. Alcuni avatar sono concepiti come soggetti portatori della sessualità dei loro creatori. La costruzione di questi esseri sessuali virtuali può rappresentare una fantasia erotica, e così ordinargli di camminare, sorridere, ballare, compiere atti sessuali. Già da vari anni esistevano siti di “virtual sex” nei quali era possibile ordinare in video, anche con riconoscimento vocale, ad un partner virtuale di spogliarsi o farsi amare; ma in Second Life l’avatar si confronta con la volontà di altri avatar, come nella vita reale i desideri dell’uno devono fare i conti con la volontà dell’altro di assecondarli. Gli avatar comunicano tra loro in chat (in presenza e visibili dagli altri presenti) o con messaggi privati (anche in assenza e invisibili agli altri), e possono (ma non è diffusissimo) usare audio o video chat. Possono facilmente scattare fotografia della schermata o riprese video di ciò che vedono.

Second Life è tutta un grande insieme di USG, o di fantasie in corso. Gli utenti possono inventare e vendere nuove possibilità per gli avatar, per animarli; queste animazioni, proposte da terze parti e acquistabili come le applicazioni degli smartphone, permettono agli avatar di ballare o di correre, di ancheggiare, sorridere, fumare, e anche di fare all’amore in tutti i modi possibili. Ciò avviene attraverso poseballs, presenti come attrazioni in molti pub e locali oppure di proprietà dei soggetti, da esibire al momento opportuno insieme alla richiesta al partner di cliccarci sopra; nelle più elaborate poseballs si possono scegliere in un menù le posizioni e i movimenti. Oppure recandosi con il partner in un luogo dotato di un sexbed, anch’esso dotato di un menu molto elaborato con posizioni e movimenti. Ve ne sono perfino in grado di riprodurre le principali posizioni del Kamasutra. Non mancano poi giacigli e attrezzi di ogni tipo per le più svariate propensioni erotiche, con l’unico tabù dichiarato della pedofilia.

Le sex balls offrono un tipo di rappresentazione molto realistica, ma priva di regia perché a quella pensa l’utente, che in una scena erotica potrebbe anche scegliere di guardare solo il movimento dei piedi, come in una famosa scena di “Ossessione” di Visconti. Più interessanti sono le lovescenes: sempre regia a parte, non sono esplicite posizioni amatorie ma scene complesse riferibili a situazione come endless love, relax, summer love ecc. dove c’è una creatività maggiore del programmatore. Vanno infine ricordati i RLV (Restrained Life Viewers). Sono programmi, come Emerald o Restrained Life, predisposti per operare delle limitazioni alla libertà di un avatar che si sottopone a questa soggezione da parte di un altro. Un avatar può togliere ad un altro tutti i vestiti, mettergli le manette, impedirgli il teletrasporto. Questa è la base di tutti i giochi di ruolo BDSM, cioè del sado-masochismo molto presente in SL. Come è evidente, siamo lontanissimi da una funzione solo spettatoriale. Si creano forme di dipendenza così stretta che talvolta l’unico modo di uscirne, per chi vi rimane invischiato, è abbandonare il proprio avi e crearne un altro con un nuovo nome, come i pentiti della mafia.

5. Provvisorie conclusioni

Second Life offre un mondo virtuale che permette agli utenti di mettere in scena una autorappresentazione della sessualità e delle proprie fantasie in tempo reale e in forma audiovisiva: una pratica condivisa da miglia di utenti, che trasforma sempre più SL, o ampie porzioni di questo mondo, in una sorta di enorme quartiere a luci rosse nel quale gli utenti si aggirano alla ricerca di sesso gratuito o a pagamento, adescano altri avatar e si intraprendono modelli di comportamento non molto distanti fra quelli adottati, nella vita reale, nei corrispondenti quartieri di dubbia reputazione delle metropoli del nostro mondo. Questa forte spinta allontana SL dalle previsioni di qualche anno fa, in cui appariva come un ambiente particolarmente utile all’apprendimento a distanza, alla comunicazione politica e al marketing, costringendo Linden Lab a raccogliere tutte queste regioni (Sims) dalla reputazione equivoca in speciali zone “Mature” e “Adult” controllando l’età degli utenti.

Come abbiamo visto, i comportamenti degli utenti sono necessariamente attivi e molto lontani da un atteggiamento di mera spettatorialità. Cento anni dopo l’invenzione dei fratelli Lumière SL offre modelli virtuali di selezione dei partner – sempre un passaggio delicate e rischioso nella sessualità reale, particolarmente quando non mainstream – e sulla ricerca di generi di piacere condiviso con alter identità virtuali, che narrano loro stesso senza un obbligatorio collegamento con la loro reale configurazione e identità. In effetti, un salto nella realtà sarebbe molto difficile. Il partner immaginato sarebbe troppo lontano dalla sua autorappresentazione. Inoltre, perché scegliere una seconda identità, se essa deve essere uguale alla prima? La maschera è legata “alla negazione della stupida coincidenza con sé stessi”, come dice Bachtin. L’esperienza sessuale in SL è collocata interamente all’interno di questo divario.

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