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La nube di cenere generata dal vulcano islandese ha paralizzato il traffico aereo mondiale, lasciando a terra migliaia di persone, ma è stata un bene per l’ambiente e…per i produttori di sistemi per videoconferenze!
Al motto di ‘the work must go on’ le sale per le videoconferenze sono andate a ruba, ridando speranza a un mercato sulla carta in piena espansione, ma che finora non ha ottenuto il successo sperato.
In videoconferenza si è tenuto, ad esempio, il vertice dei ministri delle tlc europei, che in collegamento video hanno approvato la Dichiarazione di Granada, l’intesa che pone le basi del futuro digitale della Ue.
Ora che la situazione nei cieli pare stia tornando alla normalità, i player del mercato iniziano, dunque, a tirare le somme: “Tutti i nostri centri di dimostrazione e tutte le nostre sale riunioni virtuali in tutto il mondo sono state prese d’assalto”, ha affermato Fredrik Halvorsen, vicepresidente di Cisco Telepresence Technology Group.
“La recente eruzione vulcanica in Islanda, che ha bloccato molti voli in tutta Europa, lasciando a terra i passeggeri, ha evidenziato ancora una volta l’importanza della business continuity e di una tecnologia che garantisca la piena attività lavorativa a tutte le persone, indipendentemente da dove si trovino”, fa notare quindi Avaya, sottolineando come le soluzioni di teleworking, mobility e collaboration messe a punto dal gruppo, “consentono alle persone di poter continuare le attività aziendali senza gravi interruzioni e minimizzando i disagi”.
Regus, altro player del settore videocomunicazione, ha registrato un incremento del 139% nella richiesta di sale per videoconferenze, rispetto alla media del periodo e ai giorni che hanno preceduto il blocco del traffico aereo in Europa.
Un simile picco si era già registrato come conseguenza dell’allarmismo generato dall’influenza H1N1, ma anche la crisi ha spinto molte aziende a ridurre i costi. Argomenti solidi, quali la continuità dell’attività lavorativa, i risparmi sulle spese di viaggio, vitto e alloggio dei dipendenti in trasferta, minore stress per i dirigenti, costretti spesso a continui viaggi, sono tutti fattori che potrebbero incrementare ulteriormente l’utilizzo dei sistemi di videocomunicazione, oltre, ovviamente, ai notevoli vantaggi per l’ambiente.
È ormai appurato, infatti, che le tecnologie ICT come la videoconferenza hanno un notevole impatto sulle emissioni di CO2: se il 20% dei viaggi di lavoro attraverso l’Europa fosse sostituito da sistemi di questo tipo, si potrebbero ‘risparmiare’ 22,3 milioni di tonnellate di emissioni CO2. Se invece il 50% dei lavoratori europei sostituissero un meeting all’anno con una conferenza audio, si potrebbero evitare emissioni per 2,2 milioni di tonnellate.
Secondo Gartner, il mercato dei sistemi per la videocomunicazione dovrebbe crescere del 17,8% in media ogni anno da qui al 2015, spinto da innovazioni come l’alta definizione, l’utilizzo delle reti IP e la ‘telepresenza‘. Quest’ultima ha già generato nel 2009 un fatturato di 507 milioni di dollari.
Conferma dell’interesse dei grandi player per questo settore, l’acquisizione della società specializzata Tandberg da parte di Cisco, leader per 3,4 miliardi di dollari.
Gli altri protagonisti del mercato sono Polycom e Logitech, specialista quest’ultimo in periferiche, ma che ha fatto il suo ingresso nella videocomunicazione grazie all’acquisizione di LifeSize.
Una competizione crescente, dunque, che dovrebbe portare a un calo dei prezzi e aprire nuove opportunità per il settore, le imprese che adotteranno i sistemi e l’ambiente.